Alberto Moravia, Le scarpe, 1947

Era un bel paio di scarpe nere con la

non potevo contare su di esse. Una scarpa stretta

lunga si può riempirla di giornali; ma una scarpa

far nulla. Dapprima pensai di rivendere le scarpe; poi

arrischiai, con molti giri di frase e molte precauzioni

sapevo fiero e temevo di offenderlo, di offrirgliele in

e temevo di offenderlo, di offrirgliele in dono. Ma

nuovo cinismo: "Un paio di scarpe? Benvenute... Passo domani

era tardo, candido, ottuso. Di complessione robusta e tozza

trovava all’ultimo anno di liceo a quell’età

cui i suoi coetanei di solito sono già laureati

dono delle scarpe andai di sera a prendere il

abitava all’ultimo piano di un casone impiegatizio, in

in un appartamento pieno di libri, arredato con gusto

portava due enormi pantofole di feltro, che lo facevano

rassomigliare ad un ricoverato di ospizio per i poveri

poveri. Leggeva alla luce di una piccola lampada. Ma

andava a ballare qui di sotto da certi suoi

che questa storia invece di commuovermi mi irritò. Non

abbia un altro paio di scarpe" esclamai contrariato. ¶ Senza

fuori un bruttissimo paio di scarpe tutte scalcagnate e

posto si sarebbe accorto di esser borghese soltanto di

di esser borghese soltanto di nome e avrebbe accettato

e diventare uno spostato di più." ¶ Non lo colsi

calma: "Il tuo modo di ragionare è troppo semplice

essendo senza lavoro, riterrà di esercitare la professione alla

non potrebbe mai dimenticare di essere nato in una

fatte sono un elemento di stabilità... stanno lì a

pure... infine" egli sorrise di nuovo "voglio farti una

le regalo un avvocato di cui non ha alcun

basso venire un brusio di voci: gente rideva, scherzava

Poi qualcuno venne su di corsa per la scala

per la scala verso di noi. Era il figlio

qui... tanto Alberto è di casa". ¶ E così fu

poi abbiamo la fortuna di avere lo stesso piede