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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Sandro Veronesi, Una giornata con Manlio Cancogni [introduzione a "Azorin e Mirò" di Manlio Cancogni], 1996

concordanze di «di»

nautoretestoannoconcordanza
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1996
un territorio a forma di T, stretto e simmetrico
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abitate da misteriose famiglie di ricchi; da lì, tramite
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mio bagno, seppure ufficialmente di proprietà di Fiorello, Gianfranco
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seppure ufficialmente di proprietà di Fiorello, Gianfranco e Gerardo
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gi si vede/Vor ghe vabbene»; Gianfranco, suo
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vela con la qualifica di pruaccino, termine oggi non
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più gagliardo ed emozionante di prodiere, che ne ha
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posto; Gerardo, infine, figlio di Gianfranco, era amico mio
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era amico mio e di mio fratello. Piccolo, nerissimo
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Hamrin e Chiarugi. Al di là di quei confini
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Chiarugi. Al di là di quei confini, per me
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in pace: il Sommariva di Tonfano, l’Eden Park
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soprattutto l’Ermione, bagno di diretta dipendenza dell’omonimo
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quando sarò vecchio. ¶ Prima di una lunga serie di
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di una lunga serie di coincidenze, Manlio Cancogni abita
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trent’anni al limite di questo territorio, in una
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uomo. Siamo dunque vicini di vecchiaia, io e Cancogni
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nessuno può impedirmi intanto di sognarla, e per l
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che ne è conseguita di conversare con lui su
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darne conto a introduzione di questa nuova edizione di
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di questa nuova edizione di Azorin e Mirò, suo
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suo racconto d’esordio. Di sicuro non sono io
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questo: neanche ho finito di sedermi sul divano del
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terra, mi suggerisce divertita di alzare un poco la
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un’ubriacante affinità tra di noi, quasi un’intimità
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prime perché ancora priva di confidenza. L’amore per
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irruzione con la fulmineità di una fiocinata – senza peraltro
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proprio durante la lettura di Azorin e Mirò, remoto
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un mio remoto modo di sentire il mondo si
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potuto fare a meno di ripensare a un mio
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volte definito l’esordio di Cancogni) e uno dei
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e uno dei milioni di manoscritti destinati ad ammuffire
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un cassetto, io cercavo di dire esattamente le stesse
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semplice eppure sbalorditiva, come di certi giocattoli a molla
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giocattoli a molla, o di certe biglie di vetro
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o di certe biglie di vetro. Tutto ruota attorno
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ruota attorno al concetto di “sub-liminare”, parola inventata
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poetica, quell’immenso serbatoio di cose indefinibili ma ugualmente
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alla vecchiaia. Dichiarazione programmatica di militanza nell’altrove, il
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interno del grande mondo, di un piccolo mondo invisibile
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avanguardia. Vanno in cerca di muri scrostati nelle case
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muri scrostati nelle case di periferia per appagare la
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insieme, e scrivono, non di questa solitudine, ma del
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presentava anche L’anguilla di Montale, Il mondo è
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mondo è una prigione di Petroni e Lida Mantovani
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e a un testo di natura più saggistica e
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nel 1968, con la riedizione di Rizzoli, Azorin e Mirò
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a conquistarsi l’onore di intitolare un libro, e
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il mio primo tentativo di romanzo agli stessi temi
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totalmente l’esistenza. Sta di fatto che leggendolo ora
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ora, una certa luce di riscatto rimbalza anche sul
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anche sul mio fallimento di allora. ¶ Certo, il fatto
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utilizzo, nel citato elogio di Baldacci, dell’aggettivo “importante
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in sé, non abbisogna di questo patrimonio supplementare per
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cela Cassola nel personaggio di Mirò, con la poetica
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penetrare la laconica radicalità di uno dei più grandi
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dopoguerra – più grande, e di gran lunga, di quanto
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e di gran lunga, di quanto possa mai esser
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la visione del mondo di Carlo Cassola, da me
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personale la mia lettura di Azorin e Mirò, e
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più imbarazzante la prospettiva di parlarne con il suo
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da giovani: in assenza di un’autobiografia compiuta su
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segni del disastro: quello di giugno, soprattutto, che è
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che è stato veramente di proporzioni bibliche, e dopo
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risultata mortale. Il corpo di una ragazza è stato
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proprio ieri nel mare di Marina di Sarzana, trascinato
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nel mare di Marina di Sarzana, trascinato per chilometri
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per chilometri dalla piena di un ruscello improvvisamente diventato
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sventrato, dove Cancogni ricorda di avere pranzato insieme alla
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famiglia, nel ’22, al fresco di un canneto che ora
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se sarà il caso di tenere gli occhi aperti
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comincia il regno perduto di Manlio Cancogni. Sono i
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ricostruzioni e nuove piantagioni di alberi: certi territori rimangono
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per sempre, nella memoria di chi c’è stato
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via dall’immane gavettone di giugno: «Una nube nera
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sciagurate». Sembra un castello di sabbia dopo il passaggio
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sabbia dopo il passaggio di un’orda di bambini
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passaggio di un’orda di bambini piccoli, quelli che
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adesso che tutto è di nuovo fermo. E riprendiamo
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verso Pruno, il capolinea di questa strada martoriata. Il
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a cono sulla cima di un monte, sovrastato dal
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vertiginosa che si apre di schianto alla fine dei
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ex-Azorin feroce censore di ogni romanticismo. Ma credo
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ogni romanticismo. Ma credo di sapere cosa prova, dev
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per tutti gli anni di differenza che ci sono
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che ci sono tra di noi. ¶ È l’una
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eravamo già d’accordo di camminare un po’, per
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due panini alla bottega di alimentari e ci mettiamo
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che conduce alla Foce di Mosceta, luogo di cui
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Foce di Mosceta, luogo di cui io non so
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passo comodo, ci permette di conversare, e ora sì
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sì che mi riesce di fargli delle domande, sulla
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muri biancheggiavano scritte contro di lui: sogghigna, ripensando a
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aveva fatto a proposito di tirare la bomba atomica
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e il «Nuovo Corriere» di Romano Bilenchi con i
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comunisti. Quando si trattò di decidere con quale giornale
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fessi, e occuparsi solo di quella. Fare il giornalista
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era soltanto un modo di andare in tasca alla
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Cassola, e anziché profittare di una vittoria politica della
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Versilia. Fu l’inizio di un periodo difficile, con
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passeggiava malinconico sulla spiaggia di Fiumetto, il giornalismo tornò
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riprenderselo, sotto le spoglie di Arrigo Benedetti che gli
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fu assegnata quell’etichetta di giornalista “radicale” che ancora
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oggi, a trent’anni di distanza, lo infastidisce. «Se
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panino, ripartiamo, ci fermiamo di nuovo a bere alla
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a bere alla fontana di un rifugio abbandonato, ripartiamo
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un rifugio abbandonato, ripartiamo di nuovo. Sbuchiamo su una
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a questa benedetta Foce di Mosceta. Pruno, laggiù, ormai
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ormai è un carciofo di tetti che ogni tanto
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spoglio, immenso e allagato di luce, che dà l
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dà l’esatta percezione di quanto siamo saliti: uno
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a noi, nel susseguirsi di gioghi apuani sopra al
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ha accusato un minimo di fatica, e ha deciso
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fatica, e ha deciso di non parlare mentre cammina
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Levigliani e la strada di Arni: e alle nostre
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a sorpresa il mare di Forte dei Marmi. Per
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per lui, invece, molto di più. «Ecco», dice d
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felicità. Non quello invisibile di Luzi...». Per un istante
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a memoria la preghiera di Jacopo del Cassero: «Ond
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tra Romagna e quel di Carlo,/che tu mi
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che tu mi sie di tuoi prieghi cortese/in
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dietro), circondato come sono di balze, orridi, creste, pizzi
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ne servo per cercar di capire quanto manca ancora
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davvero visibile, si premura di placarla anche fuor di
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di placarla anche fuor di metafora: «Dobbiamo solo superare
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canto, tutto il monologo di Buonconte da Montefeltro, col
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per lo fondo», coperto di fango, gelato, occultato alla
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finalmente arriviamo alla Foce di Mosceta: un alto vallone
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silenzio», specifica Cancogni – prima di tornare indietro. Sopra la
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spugna l’acqua ghiaccia di una fontanella – lo so
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del tramonto dovremo andare di buon passo, e mi
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la farò, mi rispondo: di puro orgoglio, di puri
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rispondo: di puro orgoglio, di puri nervi, ma ce
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ignoro il vero nome di quell’alpeggio, per me
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si fa più lenta di quel tanto che me
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solo nell’ultimo tratto di cammino, quello sotto la
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degli scrittori che amiamo di più, e arriva l
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a vedere la casa di Flannery O’Connor; io
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conquistata, è il momento di rivelarci i nostri personaggi
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e il supplemento omeopatico di pena che gli è
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che gli è dato di espiare, quel dover restare
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m’infervoro a parlare di Beckett, che ravvisò nella
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che ravvisò nella condizione di Belacqua la vera beatitudine
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ripercorrere un memorabile arabesco di strade secondarie, a ognuna
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regno: l’odore indescrivibile di un certo bazar dove
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fuoriserie, la furia incontenibile di un certo Topolino, capitano
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Topolino, capitano della squadra di calcio della colonia, il
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ortolano morto per via di un albero caduto preciso