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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovanni Crisostomo Trombelli, Fedro tradotto da Gio: Grisostomo Trobelli, 1797

concordanze di «di»

nautoretestoannoconcordanza
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1797
NOTIZIE DI FEDRO. ¶ QUanto sappiam di
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DI FEDRO. ¶ QUanto sappiam di certo su questo nitido
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d’Augusto, e nativo di Tracia. Come venisse a
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d’Augusto. ¶ DELLE FAVOLE DI FEDRO LIBERTO D’AUGUSTO
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mercede. ¶ A Mercurio commetton di nascosto ¶ Che chiegga pietà
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diede, ad esser paghi, ¶ Di tal esempio Esopo ci
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sostiene acre ripulsa. ¶ Una di quelle allor ch’avea
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colui, ¶ Che l’altrui di rapire avido agogna. ¶ Con
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e il Leone. ¶ CHi di forza preval, la fe
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Volpe: ¶ Oh qual beltà di cervel, disse, è priva
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gloria e onor, fu di buon senno avara. ¶ FAVOLA
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ingrata, ¶ Da che fuor di mia gola impune il
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gemente il tragge. ¶ Benchè di vita è sul confin
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Esopo il mostra. ¶ * Accusata di furto era da un
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Leone ir col giumento; ¶ Di fronda il copre, e
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Ed a lui fa di più gridar divieto. ¶ Esso
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gridar divieto. ¶ Esso altier: di mia voce or che
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tardi, e si lagnò di sua follìa. ¶ Sempre al
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finti Antidoti, ¶ Con ciance di grand’uomo il grido
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beva. Esso al timor di morte, ¶ Palesa, che non
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E che m’importa, ¶ Di aver nuovo padron, s
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una Pecora, ¶ Un moggio di frumento il Cervo chiese
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giudicio a chiamarvi un costretta ¶ Verrà ch’io
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ciò che non dee. pochi andaro, ¶ Che vide
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ti corchi, u’ meglio, ¶ Di natura deponga il grave
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racconto insegna. ¶ * Fra’ dolori di parto una sua amica
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FOlle consiglio, ed è di effetto privo, ¶ E i
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in vana speme addotti ¶ Di trarla fuori, incominciaro a
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cuojo ¶ Ad assaggiar alcun di lor giugnesse. ¶ FAVOLA XXI
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ancora. ¶ * Privo il Leon di forze, e d’anni
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col dente acuto, ¶ Prende di torto antico alta vendetta
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ch’un vile ¶ Disonor di natura osi cotanto, ¶ Ed
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E punta da livor di tanta mole, ¶ Gonfia la
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quel desio, ¶ Ch’hai di mia carne, a me
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fortuna, ¶ A la fama di ricco avido aspira. ¶ * L
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la copidigia ¶ Gl’inspirar di ricchezze. Tal desio ¶ L
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letame, in un istante ¶ Di regali ricchezze t’invaghisti
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una fiaccola rapita, ¶ Tutto di fiamme l’albero circonda
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incontratosi un Giumento, ¶ Buon fratel, gli dice. Egli
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ei dice, ¶ Ma lordarmi di un vil sangue non
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In continua angoscia i menate? ¶ Meglio fora, che
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artigli, si divora. ¶ Una di quelle allor che eran
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ma se alcuna ¶ Cosa di mio frapporre unqua mi
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questo don vi porge, ¶ Di cui prolissa esser non
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ritorno al bosco. ¶ * Degno di lode esempio! e pur
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amanti d’un Uomo di mezza età. ¶ O sien
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l’esempio. ¶ * Un uom di mezza età duo Donne
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il pulisca lor cura, di repente ¶ Calvo divien. I
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Can’ (soggiugne Esopo) ¶ Guardati di nol far, perchè altrimente
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aver anche costei ¶ Ripiena di timor, s’intana e
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pasce: ¶ Qual timida il tutto osserva, e guata
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ambe, e i figli ¶ Di pura fame morti, a
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custode dell’Atrio. ¶ CErta di Faccendier’ razza evvi in
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A la sua Villa di Miseno giunto, ¶ Che in
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Lucullo, ¶ Sicchè il Mar di Sicilia a sua veduta
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ripien preso un orciuol di legno, ¶ Onde al Padron
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polve ammorza. ¶ L’astuzia di costui comprende il Duce
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ti si additi; ¶ Andrai di grave peso indarno carca
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Ladroni. ¶ GIvan due Muli di gran soma carchi ¶ Gravi
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gran soma carchi ¶ Gravi di pubblico oro; ed ampie
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altri tutti, e pur di tanti ¶ (Fra quali evvi
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che Virtude, ¶ Non chiarezza di sangue onore arreca. ¶ Quantunque
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Se cada in man di quei, cui ria natura
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l’alma Dea Memnosine ¶ Di nove figlie il nobil
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servo non ardìo, ¶ (Sì di sua sorte il fan
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dietro a lui ¶ Più di ciò ch’egli scrisse
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soffro, giustamente oppresso, ¶ Nè di cotal conforto in cerca
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ella in van piagne. ¶ Di chiara lode è degno
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gli dice: O quanto ¶ Di buono sarà stato in
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le avventa. ¶ Altri però di lei mossi a pietade
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ciascun che si lusinga ¶ Di morta ritrovarla il dì
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Di morta ritrovarla il vegnente, ¶ Ogni timor sbandito
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gettò. Voi non temete: ¶ Di quei che m’oltraggiar
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padron si minaccia, un di lor disse, ¶ Se vittima
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periglio non rimova: ¶ Altri: di padre drudo, e moglie
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infelice. ¶ Esopo allor vecchio di acuto naso, ¶ Cui vender
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Così ridir tu puoi di quei, che privi ¶ D
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distese? Io più robusto ¶ Di te, a perir son
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E qual? Custode il sia de la soglia
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Poichè sembro feroce, il mi legano ¶ Perchè allor
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figlia avea. ¶ Mentre (qual di sua età costume il
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vo’, dice, ch’ogni lo specchio ¶ Consultiate; onde
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Oh la potessi ¶ Riempier di veri amici! egli rispose
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l’infedel si dona, ¶ Di casa onde l’onor
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pena, e il ferro, di che armollo ¶ Stolta credulitade
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Eunuco ad un malvagio. ¶ DI due, ch’eran venuti
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le ingiurie, ¶ In ciò, di ch’era privo, il
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frutto lor si renda. ¶ * Di buon grado il racconto
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dimostra? ¶ Non da necessitade di natura, ¶ Ma da bontade
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una Civetta, ¶ Che sol di notte va di cibo
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sol di notte va di cibo in cerca, ¶ E
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armonioso canto, ¶ Tal che di Febo udirmi sembra il
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La Cicala, ¶ Ch’ardea di sete, appena udìo le
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appena udìo le lodi ¶ Di sue voci, che ratta
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è giusto, o figlia, ¶ Di saggia il nome, onde
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folle onore. ¶ * Qualunque cosa di vantaggio priva ¶ Vuol la
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lagnò, che dove ammira ¶ Di quel la voce ognun
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in altro occupato, fuor di tempo, ¶ Con baje intrattener
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e i Galli sacerdoti di Cibele. ¶ CHi nasce sventurato
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e incalza. * I Galli di Cibele, ¶ Un Asinel di
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di Cibele, ¶ Un Asinel di lor bagaglio carco, ¶ Seco
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insegna. ¶ * Morì tal, che di se lascio tre figlie
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divida, ¶ Sì però, che di quel d’onde fien
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operaj: ¶ Cantina e botti di vin vecchio piene ¶ A
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al padre ¶ Scorgere, che di tutti gli Ateniesi ¶ Non
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e ville. ¶ Nessun fia di lor, che patir possa
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fabbricato unquanco ¶ Col consiglio di Palla Argo la nave
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Aeta ¶ La casa, e di Medea per l’empio
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l’empio ardire ¶ Soffrir’ di Pelia i regni eccidio
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Che ti sembra, ¶ Lettor, di tal principio? Ed è
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fuoco de l’Altar di Giove ¶ Il lume accese
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voci usciro: ¶ Benchè don di ria gente è ciò
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detto; pur veggiam non di rado, ¶ Che sincero parlar
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il Leone, ¶ Per conseguir di giusto Prence il nome
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Oltre al natìo costume, di non molto ¶ Cibo è
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XIII. ¶ * * * * * * ¶ I pochi versi di questa favola non si
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non si traducono, perchè di essi non s’è
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seguente: nè meritano essi di esser tradotti. ¶ FAVOLA XIV
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così parla: ¶ *Prometeo quel, di cui testè parlai: ¶ E
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il chiede. ¶ Allorchè Bacco di repente a cena ¶ L
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che cotesta ¶ Godan ombra di gloria, e gli ornamenti
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insegna ¶ Se alcun, che di valor lasciamo addietro, ¶ Rassembri
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Naviganti. ¶ QUerelandosi un uom di sua sventura, ¶ Per consolarlo
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l’arreca il giorno, ¶ Di fosco, e mesto, allor
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a lor si porge, ¶ Di crusca è asperso, e
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L’esca fiutando, nè di Giove al trono ¶ Chiamati
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la reggia ¶ Tutta lordar’ di stomacose feci. ¶ A colpi
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stomacose feci. ¶ A colpi di baston cacciati fuora, ¶ Ch
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consente. ¶ Stupiti gli altri di cotal tardanza, ¶ Di alcun
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altri di cotal tardanza, ¶ Di alcun delitto lor preso
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ad essi il podice ¶ Di replicato e folto odor
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Il vide appena, ¶ Che, di grazia, gli dice, se
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andar’pria ¶ Quanti fur di te innanzi; a che
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a cui il suon di cetta, ¶ E di flauto
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suon di cetta, ¶ E di flauto, tristezza, e angoscia
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arreca, ¶ Che ti privi di cibo, i Dei d
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ne’ miei libri, che di fama è degno, ¶ È
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m’oppongo: o fia di biasmo: ¶ O pur di
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di biasmo: ¶ O pur di lode degno il mio
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FAVOLA XXI. ¶ Il Naufragio di Simonide. ¶ DOvunque va, seco
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autore, ¶ Per men sentir di povertade il peso, ¶ Per
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Chi ciò ch’have di prezzo, e chi il
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saccente: Simonide, deh nulla ¶ Di tue ricchezze prendi? Il
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in ammirazion have Simonide, ¶ Di cui frequente leggea i
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e la Formica, ¶ Chi di lor sovrastasse, acre contesa
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godo. ¶ Ch’hai tu di somiglievole, villana? ¶ Lo seder
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soffro, e ricca casa ¶ Di sicuro soggiorno mi provvede
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un vincitor Atleta, ¶ Simonide, di cui parlai poc’anzi
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e i due ¶ Figli di Leda, che cangiarsi in
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ch’ebbero due parti di tue lodi; ¶ Ma perchè
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convito, la casa empion di gioja. ¶ Quando repente due
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che d’umano ¶ Sembiante, di sudor, di polve aspersi
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umano ¶ Sembiante, di sudor, di polve aspersi, ¶ Impongono ad
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fin mi dona. ¶ Ogni più si fa morte
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motto a un uom di volgo è di periglio
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uom di volgo è di periglio. ¶ Fissa ia mente
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QUINTO. ¶ PROLOGO ¶ FErmo era di por fine a l
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Esopo appello; ei fu di poche. ¶ Dietro a sua
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sua scorta io son di molte autore: ¶ Nuovo è
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e degno m’abbia ¶ Di lunga fama; assai di
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Di lunga fama; assai di lode ottenni. ¶ De’ Dotti
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De’ Dotti il plauso di ritrarne io bramo. ¶ IL
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vi vanno. ¶ A questi, di Commedie illustre autore, ¶ Menandro
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illustre autore, ¶ Menandro, il di cui volto è ignoto
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Ma te, animal malvagio, di vil razza, ¶ Che in
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novità li renda accetti, ¶ Di nuovo gioco offre mercè
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mercè a l’autore: ¶ Di lode a la tenzon
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e fuor tramanda ¶ Voce di Porco tal, che tutti
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avrà vinta; e il vegnente, ¶ Che molto meglio
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lieto viva. ¶ Allor fingendo di coprir col manto ¶ Un
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manto ¶ Un porcelletto, che di fatti avea, ¶ A lui
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l’ingegno, approva. ¶ Tanto di lode è degna, quanto
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noja ¶ Hanno i Poeti di recar costume. ¶ FAVOLA VI
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CHi per lieve aura di se stesso prende ¶ Opinion
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qualche pregio un Trombettier, di nome ¶ Principe, del cui
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ballo, ¶ Che dal suon di lui prendea vigore. ¶ Tal
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che il teatro empie di gioja. ¶ Ad onor suo
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impone, che s’intuoni ¶ Di nuovo il canto: al
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il corso, la man di ferro armata, ¶ Chioma a
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Che un più saggio di se corregge, e ammenda
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Quinto. ¶ APPENDICE DELLE FAVOLE DI FEDRO ¶ Da un antico
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qual fronte, ¶ Per trarti di periglio, pregar deggio? ¶ FAVOLA
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II. ¶ Le lepri attediatesi di vivere. ¶ CHi non sa
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e ria natura asconda. ¶ * Di volto uman resa una
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perdona. ¶ Indi a poco di notte, mentre ei preda