Matilde Serao, Cristina, 1908

L'ha con me — disse fra sè: — è matto

quanto sei cattiva oggi — disse Carluccio, volendo piangere. ¶ — Dammi

Dammi la mezza sigaretta — disse ella, raddolcita. ¶ — Ecco qua

lagnavano dell'umidità, Irene disse a Cristina: ¶ — Totonno mio

infelice. ¶ — Come ti guarda! — disse Irene. — Non ne hai

parte Mariella Nespoli lo disse a Clemenza La Corte

pratica di procuratore. ¶ — Sì — disse l'altro, cupamente. ¶ — E

la carrozza. ¶ Ella non disse nulla. Ascoltava, pensava, con

star solo. ¶ — È naturale — disse lui. ¶ Il giorno seguente

la lettera C, sopra — disse Giovannino. — Gli orecchini vi

farà bene. ¶ — Vado, buonanotte — disse ella docilmente. ¶ Non potette

collera. ¶ — Non lo voglio — disse con una voce tremante

chinò sull'ammalato. ¶ — Dorme — disse. ¶ — Non dorme: ogni tanto

po' a letto? ¶ — No — disse Cristina. ¶ Egli uscì in

fidanzata. ¶ — Non lo contraddite — disse il medico. ¶ Non lo

soffrire. ¶ — Vuole sposarvi — le disse un giorno il medico

Dottore, morirò anche io — disse poi. ¶ — Ma che, ma

più. ¶ — Sposalo, figlia mia — disse suo padre, sospirando, invecchiato

questo suicidio. ¶ — Sposalo, Cristinella — disse don Ciccio Cannavale, il

poveretto. ¶ — Sposatelo, figlia mia — disse il confessore — se no

di egoismo vanitoso. ¶ — Sentite — disse lui, pacatamente, dopo un

rialzandosi nella collera, ella disse come si era perduta

ma doveva essere malvagio — disse Guido, dopo una lunga

con la mano, le disse, con la sua voce

una sera, egli le disse: ¶ — Voglio che mi baci