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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Luigi Tansillo, Stanze a Bernardino Martirano, 1540

concordanze di «dì»

nautoretestoannoconcordanza
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persüaso, ¶ che cerchi onor di man più che d
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fuggo da le Donne di Parnaso, ¶ con cui vissi
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l'onde, han regno, ¶ di giorno in giorno al
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fuggendo le paterne arene, ¶ di Croton l'una, e
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una, e l'altro di Tarento; ¶ come mille perigli
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che già furo ¶ case di pesci, in riva al
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o virtude con voi di degno nodo ¶ strinse; e
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è dolcissimo, a rispetto ¶ di quel ch'io sento
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del mio petto; ¶ onde di cibo e d'ogni
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umor la vota, ¶ sparge di nebbia il capo, e
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nuocer la rabbia, ¶ quando di ferro il petto egli
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mar fortuna grave ¶ fa di più non v'entrar
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vede a lui tratto di bocca; ¶ né più vi
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corca de le figlie di Nereo: ¶ ove, perché talor
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quel men ne serve di che più s'abonda
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del foco, ¶ e son di ber, qual Tantalo, bramoso
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vi fur le man di calli impresse ¶ da le
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trovo in poca età di onor sì onusto, ¶ che
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non solo il mar di Spagna e 'l mar
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alta sua cortesia vota di fraude, ¶ il veder lui
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sempre effetti produr degni di laude, ¶ e tante e
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e fanno ognor sì di seguirlo vago, ¶ che d
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mi sembra figlio o di Nettunno; ¶ se in terra
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lancia in resta, ¶ parmi di Marte e di Bellona
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parmi di Marte e di Bellona alunno: ¶ s'ei
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quella forma or questa ¶ di virtù prende, et è
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nascessero sul mento; ¶ e di valor sì perigliose scale
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il gran Pietro ¶ aver di sì bel frutto adorno
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del Troiano ¶ a quel di Scilla, ciò che la
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giacea; ¶ e nel sen di Partenope aver messa ¶ forza
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Ma potea nel lodar, di lui scrivendo ¶ io, che
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ove col mio Tiberio di Gennaro ¶ n'ascondemo talor
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a noi caro; ¶ o di Medici suo, che fu
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e m'innamora sì di lui talvolta, ¶ che invidio
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la notte e 'l talor le ciglia; ¶ e
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ozi dei palagi. ¶ 33 ¶ Questo di qui dì e notte
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palagi. ¶ 33 ¶ Questo di qui e notte mi rappella
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né mi doglia unqua di quella ¶ ardita voglia che
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qua menato: ¶ né men di lui lunge di qui
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men di lui lunge di qui mi chiama ¶ l
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d'amor languisco e di benivolenza. ¶ 35 ¶ Pur mi consolo
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guardo al vostro; né di Tempo curo, ¶ né di
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di Tempo curo, ¶ né di Fortuna, volgano ambidui ¶ pur
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bagna), ¶ or alla cima di qualche isoletta, ¶ dal mar
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io sciolgo; ¶ e, bramoso di starmi ove men s
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estremo spron ch'esce di proda ¶ m'assido, e
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e più che 'l lucida aurora, ¶ del cui
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terra allontanata, e schiva ¶ di quanto av'ella e
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del martiro: ¶ et io, di seno in sen, di
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di seno in sen, di riva in riva, ¶ per
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per l'onde or di Dalmazia et or di
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di Dalmazia et or di Epiro, ¶ ne vado errando
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incontri o male, ¶ sol di te penso, e d
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non d'altro, e di te stessa vaga: ¶ et
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Già l'auriga del , che assai men bella
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men bella ¶ scorta segue di te, quando il dì
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di te, quando il mena, ¶ ha cinque volte
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s'una volta il l'anima spera ¶ vederti
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ho fissi! ¶ Quanti seni di mare e quanti lidi
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lode e tanti pregi, ¶ di che poteva ordir mille
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l'onde marine ¶ vaghezza di veder cose diverse; ¶ senza
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peregrine, ¶ tentando notte e fortune avverse, ¶ potea ne
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divine ¶ veder ciò che di novo può vederse, ¶ che
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Sì contento io vivea di mia fortuna, ¶ mentre arsi
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ai dolci rai, ¶ che di quanto si sta sotto
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tranquilli e lieti: ¶ né di tanti perigli, che ne
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Teti ¶ e ne' regni di Marte, io temo punto
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vedendomi disgiunto. ¶ 58 ¶ La tema di morir prima che i
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strido ¶ segno ne fan di abbandonar il lido. ¶ 61 ¶ Al
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gran Toledo, che sostien di Carlo ¶ il gran pondo
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gran pondo, com'Ercole di Atlante, ¶ piacciavi (quando a
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quando a voi parrà di farlo) ¶ in vece mia