parolescritte
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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Enzo Striano, Il resto di niente, 1986

concordanze di «e»

nautoretestoannoconcordanza
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1986
forma e colore: lazzari e ragazzi vi giacevano al
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di questi esseri straordinari e compagni del re. Chiese
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intelligente, gli occhi neri e provocatori, sono Luciani». ¶ «Ma
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razza a Napoli s’è guastata da quando sono
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chiara: i frutti svevi e angioini. Poi gli Spagnoli
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fatto diventare piccoli, storti e, come alcuni sostengono, lugubri
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lo occupa domina Napoli. È pieno di cannoni, che
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Vi sventolavano bandiere bianche e d’oro. Due grandi
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garrivano pennoncelli bianchi. ¶ «Quello è Castel dell’Ovo» sorrise
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il corso degli sguardi. «E quelle, due fregate da
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ritmato: «O-o-o-é». ¶ Erano pescatori scalzi con
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vuote orbite nere. ¶ «Cos’è, Vincenzo?» domandò, inquieta. «È
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è, Vincenzo?» domandò, inquieta. «È abbandonato?» ¶ «In parte. Si
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Napoli aveva rubato troppo e il palazzo restò come
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basti enormi, facchini scalzi e impolverati. Pulviscolo sottile, dall
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muraglia nera, con merli e cornicioni. Alla loro ombra
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esigua si riparavano lazzari e viandanti. Infine una porta
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maestosa, di pietre nere e marmi bianchi: formavano un
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il reame dei mercanti e dei lazzari, il luogo
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dove il boia impiccava e decapitava, la centrale d
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semplici criteri. Poi, stufi e increduli del proprio potere
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così si tramanda.» ¶ Mente e fantasia le s’agitarono
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da case, alcune basse e strette, altre più alte
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strato molle d’escrementi e fango che il sole
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Guardò attonita. ¶ «Sai cos’è, Lenòr?» domandò Vincenzo, sorridendo
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aveva avvelenato la famiglia e bruciato la casa. Ma
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un bel campanile bianco e grigio. ¶ «Nella chiesa è
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e grigio. ¶ «Nella chiesa è sepolto Masaniello. C’è
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è sepolto Masaniello. C’è pure Corradino lo Svevo
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coperti di croste, accovacciarsi e scaricarsi, ridendo, sul selciato
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patata. ¶ «Tengo la patanella e lo sciore» gridava, ridendo
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porta, un pagliericcio sformato e sporco, all’interno sacchi
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Si distrasse per clamore e musica lontani: battere di
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case schizzarono facce stupide e allegre. A uno slargo
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credette fossero donne, volgari e scostumate, che cantavano e
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e scostumate, che cantavano e danzavano, poi capì. Uno
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pelose. Un altro, obeso e basso, portava un cappellino
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un cappellino a merletti e sottogola, gonna multicolore da
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pance larghe, poi tutti e quattro tornavano a cantare
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loro movenze tanto sconvenienti e ridicole a un certo
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le parve di capire, e poi ¶ vieni alla festa
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sporse il sedere nudo e bianco, facendo esplodere la
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a stecche di balena e domava la massa nera
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disse un giorno Vincenzo. E la bocca da bambina
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in equilibrio fra pietà e disincanto. Tutto (dal grande
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disincanto. Tutto (dal grande e nobile, al futile e
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e nobile, al futile e meschino) acquistava preziosità inestimabile
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quando restava a leggere e scrivere nella casa dormiente
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Vincenzo Sanges. Tra lei e Sanges era nata gentile
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Vincenzo non la desiderava e lei nemmeno, in fondo
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dolci, anche se non è molto attraente, mentre un
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Ma mi fa paura. È troppo cristiano, mi capite
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dare libertà se si è legati da un’idea
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una religione: questo pure è fanatismo. Conforti si farebbe
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della meraviglia di lei «è soprattutto un debole. Non
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trattato. Non vedete com’è morbido? Di carne tenera
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morbido? Di carne tenera? E poi, anche lui ha
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si scolpa con Dio e con gli uomini facendo
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voi, Vincenzo... Siete nobile e non mi pare che
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verso mia madre. S’è ritirata nell’unica terra
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un po’ di rendita e mandarla quasi tutta a
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li regalavano a cani e porci. Magari il nostro
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apprezzare come regal cocchiere e meritò l’impresa del
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tre pignatte. Col manico e il coperchio.» ¶ Gli sorrise
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di Genovesi non c’è posto... Sono io, in
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tranquillo, nell’aurea mediocritas. È inclinazione borghese e questo
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mediocritas. È inclinazione borghese e questo sarà il secolo
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molti giorni di seguito: «E di Lenòr Fonseca cosa
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conoscere. Forse perché qui è giunta da poco: non
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lo sa nessuno. Questo è il sapore della vita
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di lettere a Napoli è, in genere, sciocca, infida
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genere, sciocca, infida. Qui è difficile conquistarsi un privilegio
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tiene caro. La torta è piccola, Lenòr, non può
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non può saziare tutti. È il problema di questo
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alla quale accorrono nobili e cafoni, ricchi e poveri
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nobili e cafoni, ricchi e poveri, intelligenti e fessi
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ricchi e poveri, intelligenti e fessi. Adesso vi sfoggio
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il signor Adamo Smith e ripete Genovesi, deve produrre
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Genovesi, deve produrre beni e servizi in rapporto alla
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qua, son la frutta e la verdura che ci
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portano dai giardini attorno. E noi ce la mangiamo
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ce la mangiamo tutta.» ¶ «È anche molto buona» sorrise
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chinea!» ¶ «Lo so cos’è» disse, orgogliosamente. ¶ «La cosa
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ridicola del mondo! Nel 1766! È anche per simili idiozie
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che il Regno soffre. E Napoli non produce beni
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Lo desidero tanto.» ¶ «Non è ch’io sia molto
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se si eccettuino Genovesi e l’abate Galiani. A
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nelle mani dei preti e degl’imbecilli. Sapete quanti
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di quarantamila, fra chiese e monasteri.» ¶ Lei ricordò la
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il potere» proseguì Vincenzo. «È riuscito, in parte, a
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repubblica o morte, eguaglianza e libertà immediatamente. Chiacchiere prive
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lei, con sincero trasporto. «E voi dovreste aiutarmi, Vincenzo
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figli. Ci morirò, infine, e vi verrò sepolta» aggiunse
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in una giornata rosa e azzurra di fine inverno
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lo spago tra pollice e indice d’un piede
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barche d’ogni forma e colore: lazzari e ragazzi
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l’anima è immortale e che però Dio non
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non esiste? L’anima è puro spirito, sì o
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sì o no? Non è lo stesso che Dio
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lo stesso che Dio? È una contraddizione in cui
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bambino cadrebbe. La verità è che gli unici filosofi
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con un bel solino e la giamberga blu notte
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bene. Non bene» disse. «È troppo gonfio, non smaltisce
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non smaltisce il siero. E poi è stanco, sfiduciato
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il siero. E poi è stanco, sfiduciato.» ¶ «Ha ragione
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Qua, ormai, non c’è da sperare in niente
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in niente più.» ¶ «C’è la Francia» fece Giordano
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i suoi... nouveaux philosophes! E che diranno mai di
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il passato fa schifo. E si trastullano con le
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nuovo, di società giusta, è la massima delle utopie
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mentalità di leguleio... Questa è una delle poche cose
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il duca di Maddaloni? E quella testa di provola
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un rotolo di fichi! E Tanucci si vanta di
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a ’mpennere al Mercato, e se il re e
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e se il re e Tanucci li proteggono, a
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fa’ fottere pure loro!» ¶ «E i preti no?» chiese
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gabelle per qualche convento... E poi? Comandano sempre gli
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Delle classi medie. Non è colpa sua se qui
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stanno?» s’infuriò Giordano. «E noi che siamo? A
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siamo? A me m’è mai venuto a chiamare
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venuto a chiamare, Tanucci? È andato mai a chiamare
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nonostante tutto, Napoli oggi è la città più libera
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Vincenzo» intervenne Guidi. «Questa è una nazione dove gli
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fine ha fatto Giannone. E Vico? Com’è stato
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Giannone. E Vico? Com’è stato trattato lo stesso
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trattato lo stesso Genovesi?» ¶ «È roba del passato. Abbiate
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in Tanucci.» ¶ «Sì, Tanucci! E chi mette nell’Università
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che gli piace tanto.» ¶ «E sarebbe?» ¶ «Facere officium suum
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per farlo parlare. ¶ «Giordano è prepotente. Fanatico. Ma intelligente
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Ma intelligente. Pensa ch’è figlio d’un fruttivendolo
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vuol migliorare. Il bello è che... studia legge! Lui
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titìo parlò con ammirazione. ¶ «È il migliore. Un medico
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lui non chiacchiera. Fa.» ¶ «E Conforti?» ¶ Titìo sorrise, un
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un po’ evasivo. ¶ «Conforti è scienza e fede. Sta
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evasivo. ¶ «Conforti è scienza e fede. Sta preparando un
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teologi.» ¶ «Perché nuovi teologi?» ¶ «È un po’ difficile spiegarti
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Nostro Signore ha detto e ripetuto “Regnum meum non
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Terra. Dei privilegiati. Ma è tempo di mutare, anche
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pretese temporali di Roma. E la faccenda della chinea
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che qua, a Napoli, è importante.» ¶ Mamãe aveva portato
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titìo. Rimani ancora.» ¶ «Ma è tornato tuo padre. Vorrà
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um istantinho, titìo. Cos’è questa chinea?» ¶ «Bem» sorrise
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lui. «Ma in fretta. È dai tempi di Carlo
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uno scrigno di denari e gioielli. Ora basta, Lenorzinha
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episodi delle famiglie Fonseca e Lopez, svelare il mistero
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più la pena, Lenòr. E poi, tu sei troppo
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le cantilene da bimba e i brani scelti dei
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nèi, ventagli. Quando mamãe e papài dovettero accettare gl
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andava con penoso impaccio. ¶ E però sarebbe stato bello
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A Napoli c’era, e come!, un mondo così
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volto, intrisi di dolcezze e premure, come pensava fossero
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apposta, senza che musica e ritmo si perdessero mai
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perdessero mai: ¶ Mentre folgora e balena ¶ sarò teco, amata
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me. ¶ 4 ¶ Dopo quelle letture e riletture, riempì fogli di
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provata a rappresentare paesaggi e tipi napoletani. Poi distrusse
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incidere le proprie iniziali e l’inesplicabile stemma dei
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vortici, dai quali quanto è nell’universo ha avuto
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nominassero ogni momento Parigi e tanti autori che avrebbe
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fiato, come quelli italiani e portoghesi, i libri di
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comune dove, con mamãe e tia Michaela, preparava il
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sorridendo. «Hai quindici anni e sei davvero brava, ormai
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sei davvero brava, ormai. È giusto che tu faccia
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mia madre. No, non è necessario. Così come stai
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il fumo dei torcieri e quello dei sigaretti che
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piccolino, grassoccio, in nero e calze bianche. S’era
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S’abbottonò il collarino. ¶ E c’era Vincenzo Sanges
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Neppure Sanges portava parrucca e sarebbe stato un peccato
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le parrucche solo titìo e altri due: un abatino
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si chiamava Mario Pagano e studiava legge, l’abatino
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conforto di dame amabili e colte?» ¶ «Fatta salva la
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qui presente. Ella mi è cara anche perché ho
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d’avviarla agli studi e vi so dire che
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Pigmalione!» rise Giordano, alzandosi, e venendo a contemplarla da
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dubitarne, essendo egli comunque e sempre uomo di chiesa
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a lei spiegò: «Questo è pericoloso. Non bisogna starlo
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starlo a sentire, perché è del peggiore tipo umano
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Questi amici sono intenditori e, alcuni, poeti essi stessi
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Le sorrise. ¶ «Lenòr» disse. «È grazioso questo vostro nomignolo
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accenni amorosi no, no e no. Mai lì dentro
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il giovanile femminile ingegno ¶ e sitibondo ¶ il facesti di
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francese. Oggi la Francia è maestra del mondo. Ma
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fermarvi a Fontenelle. C’è un’infinità d’autori
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storia degli scrupoli s’è rovinato il mondo. E
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è rovinato il mondo. E voi preti avete instaurato
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i preti, però santoni e dogmi tu pure li
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ribatté Giordano, con stanchezza. «E i pensieri di La
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quanto gli uomini fanno è dettato u-ni-ca
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ni-ca-men-te e sem-pli-ce-men
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men-te dall’egoismo?» ¶ «E allora?» Pagano sollevò le
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Questa la chiami filosofia? È banalità. Tu hai citato
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hai citato La Mettrie e io ti dico: come
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sostenere che l’anima è immortale e che però
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scavato. «’N’ato ppoco e siamo arrivati a Santa
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da nobile, calzonetti neri e polpe bianche, un altro
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veneree. ¶ PARTE SECONDA ¶ 1 ¶ Giorni e giorni per sistemare tutto
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ne occupava piano nobile e, nel cortiletto, quattro bassi
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bassi adibiti a rimesse e stalla. Negli altri terranei
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Negli altri terranei abitavano e lavoravano un doratore, un
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portinaio Minichiello con numerosa e sudicia famiglia. ¶ L’appartamento
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altissimi, stuccati in bianco e oro, pareti tapezzate da
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mano d’opera costa e se fa aspetta’» diceva
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a ombra, mostrandosi servizievole e avidissimo di “vagni”, come
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un ballatoio sul cortile e possedeva un balconcino all
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precedente scomparsa, svaniti sudiciume e puzza. Il rigagnolo correva
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servizi le donne Fonseca e Lopez se li facevano
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fatto che fossero signore e forestiere non parevano profittare
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non parevano profittare. Prezzi e qualità migliori che a
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quotidiana in Santa Teresella e dintorni. ¶ Pareva impossibile che
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in quel muoversi continuo e disordinato, privo di progetti
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inverno. Il quale v’è tristissimo, nero o grigio
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corsa lazzari che, ridendo e tremando, caricavano con delicatezza
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gran botte a stanghe e ruote. Emanava lezzo spaventoso
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raccolta, ch’era enorme e bisognava reggerlo in due
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il vicolo, tanfo acre e dolciastro insieme. ¶ Altra curiosa
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capèra, una signora grossa e solenne. Crocchia nera lucida
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ai polsi, corzé bianco e rosso, strascinava con aria
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stringeva qualcosa tra indice e pollice, la mostrò, ridendo
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tanfo d’esseri viventi e roba sporca che stagnava
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suo giro tra bassi e palazzi, uscivano alla luce
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stracci, bottiglie, roba vecchia. E uscivano i venditori di
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mattina Napoli appariva azzurra e rosa, il Vesuvio color
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del re, tutta dorature e fregi, stemma gigliato alle
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tredici anni. Magro, viso e naso lunghi, color mattone
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guardasse. Aveva occhi chiari e indifferenti. Continuò a contemplarlo
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ogni tanto l’assalivano. E sentì calore appiccicoso tra
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era composta da nobili e popolani. Borghesi niente, tranne
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casa, duca di Lusignano, e le fece impressione pessima
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grasso, sporco, d’aspetto e comportamento volgarissimi. Quando parlava
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culo comme va? L’è miso sì o no
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armeggiava trafelato, con vettura e cavalli. Alla fine se
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cortile sporco di paglia e merda di cavallo. ¶ «Che
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1986
di Palazzo, a piedi, e spazzavano scale, cortile, vicolo
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1986
fuori moda. ¶ Il giovedì e il sabato ricevevano, allora
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Teresella, bloccando il traffico e provocando baruffe. Del resto
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a giocare d’azzardo e in chiacchiere volgari. ¶ Qualche
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d’invitare il marchese e la marchesa Pimentel de
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dimore per trattenimento. Papài e mamãe c’erano andati
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tornati carichi di disgusto e disprezzo. ¶ Ben diversi, invece
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1986
dopo tanta astinenza portoghese e romana. Chiacchierava in ogni
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Colosseo, con stile grandioso e, al tempo stesso, malinconico
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1986
l’uomo mandava su e giù un tronchetto, con
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1986
passare la diligenza. Contadini e donne ghignavano, facendo insulti
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1986
strappò rabbioso le redini e schioccò, lacerando l’aria
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1986
immoto ai suoi piedi, e la grande città. ¶ 7 ¶ Quella
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1986
nel grembo fra edifici e monti, in cui il
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1986
il Vesuvio verberava fuochi e le case barbagli d
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1986
l’ombra tra giardini e case indovinò luminescenze curve
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Ma un pochino fantastica, e potesse sparire da un
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posto di dogana, traffico e clamore aumentavano. Ormai un
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di signori in tricorno e parrucca, dame ben vestite
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1986
truppa in giamberga blu e giberne bianche teneva a
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1986
assalito da cavalli, vetture e sudici cocchieri in farsetto
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1986
altri sputavano in terra e minacciavano, con brutti gesti
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questa città indemoniata oggi è la festa della Piedigrotta
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Tata? Che? Tata?». ¶ «Tata è... lo pate. Il padre
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famiglia lo pate comanda e provvede pe’ li figli
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li figli. Dio comanda e provvede per tutte ll
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uommene. Lo re comanda e provvede per tutta la
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1986
gente de chisto casalone. È comme a Dio e
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È comme a Dio e comme a lo pate
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vibrare sferzate a destra e a sinistra, con cattiveria
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a sinistra, con cattiveria, e a lanciare insulti. ¶ Eran
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1986
al termine della discesa e lì davvero cominciava Napoli
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1986
aveva mai sentito tanto e così vario clamore, né
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1986
candele fissati alle ringhiere, e zeppi di gente che
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in pietra dei palazzi e candele, lanterne, danzavano tra
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1986
pennacchi. Tutti ne avevano e vi spiravano dentro, rivolgendole
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1986
perepé ¶ Pe-pe perepé ¶ e travolgendo con insolenza quanti
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1986
banchetti, illuminati da torce e lanterne colorate. Vi si
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a una folla rissosa e ingorda. ¶ Vide un uomo
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con sudicio berretto bianco e grembiule di cuoio che
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il capo all’indietro e, poggiando una mano aperta
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maccheroni giungeva odore saporoso e semplice, che andava a
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1986
acido di letame cavallino e umano. La strada era
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1986
di marmo nuovo, lucente. E poi chiese, chiese spalancate
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piani, rotolavano in strada. E canestre d’uva dai
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udivano strilli di dolore e collera, allora lei si
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cui s’andavano inoltrando e che era la famosa
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splendore erano al sommo e la vettura, rassegnata, fermò
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con stemmi, dorature, cristalli e staffieri in livrea di
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squadroni di cavalieri bianchi e rossi. ¶ Boschi misteriosi, percorsi
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da barbagli di luce e canti, ne cingevano il
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s’indovinava tra musica e luminoso fervore. Ne giungeva
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causa del rigagnolo melmoso e puzzolente che scorreva al
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strada. Ne veniva lezzo. E si scorgeva tutto: giacigli
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c’erano una chiesa e banchi di mercatino abbandonati
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porcheria guazzavano ragazzi scalzi e seminudi, con trombette. Se
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ridevano, emettevano ancora stanchi e rauchi pe-re-pe
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il mondo... Ne soffrivano. E lei pure, nonostante gli
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In fondo solo parole e suoni che destavano immagini
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chissà perché, fosse grande e bianca, con mille cupole
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detto: «Il nuovo re è un bambino», allora cancellò
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terra con rumore. Tutti e due scoppiarono a ridere
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dai mobili ai vestiti, e spedirlo per corriere a
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tra martellare di falegnami e parolacce di facchini, andirivieni
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piacquero lo zoccolare cadenzato e tondo dei cavalli di
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rigoglio dell’estate recente. E vecchi casali stonacati, osterie
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Uh!» gridò il postiglione, e schioccò la frusta. La
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agl’incontri con gloria e antichità: viveva i fatti
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dagli eserciti di Roma e d’Alba, l’antichissima
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la tomba degli Orazi e dei Curiazi» spiegò, incredulo
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nelle spalle, borbottando: «Como è possivel?». ¶ Provò addirittura astio
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battevano per la patria, è così bello che un
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se potemo ferma’ più». ¶ «E perché?» domandò Miguelzinho. Titìo
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pontine». ¶ L’avvertimento preoccupò e azzittì i ragazzi. Lei
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di montagne, tra queste e la via una steppa
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pelli di capra, gambe e piedi avviluppati in fasce
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Aveva sfiancato i cavalli e cercava di giungere senza
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tra alberi di frutta e siepi di mortella, costeggiando
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vicina a destra non è un’isola. È il
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non è un’isola. È il promontorio del Circeo
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ferma una tartana bianca e rossa, più in là
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calzoni bianchi, giamberghe verdi e rosse. ¶ «Don Nico’!» disse
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feluca col pennacchio rosso e giallo. «Benvenuti nel Regno
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sorrise il militare. «Chisto è ’no viaggio ’nfame.» ¶ Questa
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guardia, lei fissò Miguelzinho e José. Corsero al prato
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la mano al cappello. E rise al postiglione: «Statte
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tanto rinforzata di “bbuono” e la lunghissima u contro
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con buoni sentimenti. Perché è bello augurare a uno
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guardavano con occhi stolidi e cattivi. Per fortuna si
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erano Formia, il mare e la posta del pranzo
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romano ricoperto d’erbacce e folgorato da lucertole. Dentro
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avesse buttato i maccheroni e vantasse il pesce fresco
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che le signore Fonseca e Lopez si tagliassero da
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era magnifico: crosta dorata e croccante, mollica non bianchissima
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da inquietare. Per boscaglie e fratte guizzavano fughe d
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quelle terre amate, opulente, e i paesi che andavano
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che casupole di fango e ciottoli, con coperchi di
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A Capua cambiarono cavalli e postiglione, subentrò un grosso
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napoletano in farsetto nero e stivali, che sembrava una
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Capricci di re. Questa è, senza dubbio, la famosa
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lavorate, fetidi paesi, boschi e montagne sullo sfondo. ¶ Fu
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ruote, ornati con tralci e foglie appassite. Forse tornavano
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agghindati di frasche, pennacchi, e recavano a bordo sfatti
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sonagli d’ottone, nastrini, e l’agitava di tanto
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dietro puzza di letame e vino. Vi bivaccavano contadini
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di Ripetta imposte semiaperte e dilagavano i miasmi: vapori
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d’animali, stracci. ¶ Norcinai e pesciaroli sventravano sul molo
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Di lì vedeva canne e olivastri a riva di
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fantasie, fatto di rami e corde. Era attraccato a
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un frullo degli ormeggi e via: il mulino avrebbe
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quasi undici anni. Pensava. E i Romani le parevano
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con suo fratello José e il cugino Miguelzinho. ¶ Vento
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raffiche, sommovendo di bagliori e d’ombre il popolo
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dei giganteschi Svizzeri rossi e gialli, luccicanti di ferro
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s’udivano, per distanza e clamore. Lo vide alzare
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Ma che cosa c’è scritto?» chiese lei, sconvolta
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della benedizione. In italiano e in latino.» ¶ Poi conobbe
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più belle, di Roma e dei Romani. Desiderava capirla
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trasportato la sua famiglia, e quella di sua madre
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de Fonseca Pimentel Chaves e i Lopez de Leon
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conosciuto l’incantesimo verde e assolato del Pincio, la
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suo armento bianco nero e belante, in ballonzolio di
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latte sul selciato. Tal’e quale quello che tutte
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spiegavano, con infantile malizia e tutti sorridevano, specialmente le
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ha. So’ de foco. E che bei riccetti mori
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che bei riccetti mori! È portughesa. Fijetta d’oro
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innocenza bella! Ma chi è che parla cussì per
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cussì per ’ste contrade? E che vie’, da San
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la condusse, con Miguelzinho e José, alle rovine del
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a quelle immaginate leggendo. E Miguelzinho nominava Cesare, Pompeo
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campagna, fitta d’alberi e canne, tormentata da cicale
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da cicale assordanti. Qua e là immense pozzanghere, verdi
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erano arrampicati per dirupi e sentieri, titìo aveva dovuto
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sì un Romano antico. E però lei ebbe pena
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greggi giallognoli di pecore e abbaiavano cani. ¶ Dopo questa
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visita idolatrò storia antica e latino. Era contenta, anche
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ele fez» commentarono papài e tio Antonio, la nonna
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paese di selvaggi ignoranti e triviali.» ¶ «Mamma» mormorò tio
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della famiglia. Ieri Antonio e io abbiamo avuto la
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incontrare Sã Pereira, che è addetto all’ambasciata nostra
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vaporò di gioia. ¶ «Nápolis è um lugar muito civilizado
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diverso. Sei per Giansenio e Gassendi.» ¶ «Oh, maman» rispose
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che il nuovo re è un bambino...» ¶ «Est-il
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un secco: «Mais oui» e continuò a spiegare: «L
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che dovrà darci Tanucci è soprattutto quello di far
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patenti di nobiltà portoghese e spagnola». ¶ «Tutte, tutte!» stridette
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Napoli badano alla nascita e Miguelzinho, José, Jeronimo, a
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ce le farà riconoscere. E anche un Grande di
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udivano musiche di chitarra e canzoni, che i romani
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con orgoglio, sua nonna e sua madre. ¶ «Brava Lenòr
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Lenòr». ¶ Ma adesso... Forse è naturale sia così, quando
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non avrebbe dovuto farlo. E non avrebbe dovuto indugiare
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padre un po’ chiuso e solitario, ma dolce, rigoroso
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figlio del divino Ferdinando e della divina Maria Carolina
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troppi impegni fra Napoli e l’Europa. ¶ Si rassegnò
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incontravano parecchi dei Pignatelli e dei Caracciolo, compreso Francesco
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Carafa, un giovanotto grande e grosso come il Gigante
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inglese, odorava di selleria e tabacco. ¶ «Questo verrebbe pure
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casa senza rompere niente. E senza sporcare» confermava lui
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qua,» indicava il sedere «e fanno chello ca vuo
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siamo il re Ferdinando e il sottoscritto. Anzi il
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sottoscritto. Anzi il sottoscritto e il re Ferdinando. Qualche
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a sera la regina e la fedele compagna d
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augusta cucullos”.». ¶ «Che Giovenale e Giovenale!» rise acidamente la
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rise acidamente la Popoli. «È cosa appurata.» ¶ Poteva pure
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parlavano che di questo e prendevano in giro la
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nipotini di Maddalena, Gennaro e Giuseppe Serra, tornati dal
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La guardava con stima e ammirazione, un giorno le
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signore napoletane. Si commosse e, quando il ragazzo le
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stavolta l’etica intervenne: è schifoso indottrinare un ragazzo
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empio sconfisse il furor») e licenziare Tanucci. ¶ Un terremoto
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gl’inviti di Ruvo. ¶ «E va beh, vi mettete
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s’era fatto vecchio. E se moriva? Ué, qua
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ha da scordà. Non è morto nessuno e il
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Non è morto nessuno e il tavolo del “faraone
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volte, si levò pigramente. ¶ «E va bene, don Ettore
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più nera della mezzanotte e ghiammoncenne a ghioca’.» ¶ Non
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veniva? ¶ Michele di Cassano e gli altri discorrevano del
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del Regno. Dalla Spagna e dalla Francia passiamo all
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Francia passiamo all’Austria e all’Inghilterra. Il colpo
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all’Inghilterra. Il colpo è stato progettato a Vienna
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ve lo dico io.» ¶ «E proprio male non sarebbe
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di zucarsi la Sicilia.» ¶ «E se la zucasse. Ci
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combinato solo guai.» ¶ «Sambuca è ’no fesso. Un uomo
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mettere a posto, regina e buona. ’Nce ha da
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caccia insieme glielo dico. E, se non provvede, ci
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provvede, ci penseremo noi». ¶ «E che volete fa’, neh
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un fischio, qualche tornese e due male parole ce
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Sono cose di cento e più anni fa. Voi
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i lazzari sono culo e camicia con il re
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con il re. Ferdinando è ’no turzo, ma in
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strettissime, puzzolenti di gatto e cavolo cappuccio. Salì all
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m’ha detto? “Ah, è di quella Spagnola...”, “Portoghese
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bigliettino con tante grazie e basta”.» ¶ Lei ebbe un
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i rapporti fra Napoli e Portogallo sarebbero migliorati, visto
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padre, tornato da Roma, e tio Antonio, che l
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Benvenuto.» ¶ Ancora più magro e smunto, quasi calvo. ¶ «Lenorzinha
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Lenorzinha, tio Antonio s’è occupato di te. Forse
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vicino, nella Pignasecca. ¶ «Qual è seu nome?» ¶ «Chama-se
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Y Gorabito. Suo zio è monsignore il vescovo di
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di don Pasquale, ch’è prelato di camera del
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le capitava che mani e braccia riprendessero a tremare
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tu possa ben governarti e non affinché tu possa
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senza le quali, però, è assai difficile esistere. Ora
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sporcizia, disordine, programma nutrimenti e benessere, assicura che domani
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cultura, al successo, bensì, e molto, alle cose reali
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col loro volto brusco e saggio. Avrebbe dovuto pensare
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alloggio. Le contraddizioni psicologiche e sessuali sarebbero dovute scomparire
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merce per lo scambio. E se doveva vivere da
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no. Ormai... Etica, allora? E cosa mai è l
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allora? E cosa mai è l’etica? Chi l
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Perché certi la sentono e certi se ne infischiano
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se ne infischiano? Forse è soltanto amore. Amore sviscerato
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d’olio al benzoino. E un po’ di rosso
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Meu Deus, Lenòr. Che è successo? Dove vai, così
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un abito cangiante nero e viola, in testa una
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divani ciliegia l’orchestra e il clavicembalo. ¶ Venne abbracciata
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Si parlava di tutte e due le sorelline Asburgo
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ulularono, pestando i piedi e battendo le mani. «La
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la danse?» ¶ Tra fischi e applausi l’orchestra attaccò
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di colombo. «Il minuetto è considerato “aristocrat”. Ed essere
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Ed essere “aristocrat” non è più di moda.» ¶ Si
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uomini, il loro punta e tacco, e il garbo
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loro punta e tacco, e il garbo delle donne
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versi scritti per me. E tu hai i miei
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che te li renda?». «E tu?» «Mi farebbe piacere
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ciaccone, persino due tarantelle e una giga, ma le
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i capelli rossi scompigliati, e parlava, parlava: di Muse
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della porta socchiuse occhi e bocca. Scuotendo il capo
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cose del mondo. Com’è strana la Storia, a
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resto aveva mille doti. E Miguelzinho s’era laureato
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politica, persino di matematica, e si sentì diversa: più
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chiaro: la religione non è che un drammatico bisogno
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quell’ignoranza collettiva che è causa prima della loro
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del potere materiale, nobili e re, s’alleano col
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tutti, lì a Napoli, e mille altri in Francia
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sinistri despoti delle coscienze e dei corpi, ma dalle
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celebrare, diffondere. Umiliava davvero, e sulla Terra, i superbi
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il potere di nobili e preti. Esse avevano necessità
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degli Asburgo a Vienna e Milano, la guerra dei
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s’agitava contro preti e nobiltà. Gli uomini dell
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non più i preti. ¶ E lì, nel Regno, che
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di prestigio, a Palazzo e fuori, dall’intelligenza con
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fatto qualcosa per lei. E Cirillo... ¶ Sorrise, ricordando quanto
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così: lui riservato, paterno. E però era ancora un
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pittrice Angelica Kauffmann. Bianca e rossa, latte e miele
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Bianca e rossa, latte e miele. ¶ Pagano pure avrebbe
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diventato pure lui massone. E Sanges... Ma era sparito
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artefice della nuova monarchia, e di Tito, la delizia
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fine arrivi a Corte!» ¶ «E di’ di no! Perché
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hanna mangia’ li fessi e le puttane?» ¶ All’altezza
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un funereo Pulcinella bianco e nero agitava le pieghe
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sulla tela. Dopo Caravaggio e Micco Spadaro, la pittura
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Spadaro, la pittura qua è morta.» ¶ Finalmente uscirono. Una
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fra campi d’insalata e finocchi. Poche case intorno
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gialla: Antignano. Giravano animali e pacchiane, che reggevano in
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scollo, abbozzò chiacchiere diversive. ¶ «È vero che in America
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di poesie che fai». ¶ 4 ¶ E finì veramente. I muli
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come poteva fermare mani e labbra che tremavano per
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dire per qual motivo e come. ¶ Era ormai venuta
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l’estate, coi vapori e l’afa, ma anche
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avevano problemi, quei due. E lei che ne sapeva
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Encyclopedie di D’Alembert e Diderot, in trenta volumi
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Sei guarita, Lenòr, non è vero?» domandò, calcando le
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parole. ¶ Sorridendo rispose: «Sì. E tu?». ¶ «Ah, ma io
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mai stato ammalato.» ¶ «Non è vero, bugiardo. Tu stesso
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una cosa seria.» ¶ «Lo è stata, e come. Fin
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seria.» ¶ «Lo è stata, e come. Fin quando è
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e come. Fin quando è durata. Nessuno fu più