Massimo Mongai, Fattaccio, 2012

della Settimana Enigmistica, ed ero spaventosamente infastidito dai nipoti

partire da Roma, m’ero dimenticato di accendere il

solo per il caldo. Ero uscito di casa subito

fare prima, quando m’ero dato secco, mi rinfaccia

a quel punto. Che ero arrapato come un mandrillo

Questo sì, me ne ero accorto». ¶ L’uomo lo

Sapeva aspettare, lui. ¶ «Ed ero così distratto dal caldo

premonizione, che ne so? Ero arrivato all’Eur e

Bancomat, e dire che ero nervoso è dire poco

l’altro. ¶ «Be’, io ero così infoiato, ecco sì

ecco sì, proprio infoiato ero, che non ci ho

da casa di Carlo ero furioso, ma l’unico

prima volta, quando mi ero fermato vicino a lei

perfino un capezzolo: scuro…! Ero arrapato come un animale

mi facevo negare, perché ero stufo di avere per

ok? Ciao, eh?”. Ed ero fuori per le scale

so, io non c’ero…». ¶ «Già, lei non c

lì ad aspettare, insomma… ero stato notato. Lì vicino

sapevo che atteggiamento tenere. Ero anche confuso dalla rabbia

nella società dove io ero entrato da dieci anni

io lo facevo perché ero sicuro, dico sicuro, che

Ormai era l’alba. Ero stanco. Ho vagato un

che ho capito che ero morto». ¶ Guarda fisso il

il cadavere di Aldo. ¶ «Ero morto già da un

così non me n’ero accorto. Ero morto quando

me n’ero accorto. Ero morto quando non ci

creduto più, quando mi ero fermato, quando avevo smesso

parlando a sé stesso. ¶ «Ero morto, non quando avevo

convincerli e per convincermi; ero morto quando avevo riso

per dire che non ero così, con lui, ma

Questo ho capito stamattina. Ero morto ed ero andato

stamattina. Ero morto ed ero andato all’Inferno. Ci