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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Marco Missiroli, Atti osceni in luogo privato, 2015

concordanze di «ero»

nautoretestoannoconcordanza
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passare in azienda, io ero nella mia stanza a
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l’abbraccio della buonanotte. Ero rimasto immobile, ero tornato
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buonanotte. Ero rimasto immobile, ero tornato in camera mia
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e solo allora mi ero accorto del gonfiore nei
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lo spasmo che non ero mai riuscito a sfogare
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la prima volta, mi ero accarezzato e avevo intuito
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La mia gelosia. Mi ero accanito con la mano
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chi avrebbe dovuto educarmi. Ero un bambino autodepurato. Sereno
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di bridge e io ero in cucina a finire
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rileggendo, mi disse che ero il suo ometto di
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Milano. Loro fiorivano, io ero un frutto acerbo con
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affanno di disturbare. Mi ero sistemato al centro del
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Parigi dissi che no, ero un’isola senza mare
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ma amavo John McEnroe, ero un campione di puzzle
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il purè di patate. Ero capace di dormire anche
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e poca testa, io ero diverso. Avevo capito che
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e tornai a dove ero rimasto: io che sento
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Dissi a papà che ero stanco e lui capì
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testa. Non mi mossi, ero accaldato, ancora impaurito. Premevo
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impiccato. Nella mia vita ero stato sprovveduto, adorabile, addomesticato
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mi guardai allo specchio. Ero un bambino a un
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Per Mademoiselle Rivoli io ero un immigrato che si
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avuto la media del 6,76; ero ancora il preferito di
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Lo straniero; in classe ero meno invisibile e certe
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a sedici anni finiti ero vergine anche di baci
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e mamma tornarono io ero arroccato in me stesso
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non incontrare nessuno. Io ero uscito prima da scuola
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pannocchia abbrustolita in mano. Ero un orfano al posto
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mi ritirai da dov’ero arrivato. Papà ricomparve quando
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Emmanuel uscissero e mi ero messo il pigiama, mi
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messo il pigiama, mi ero lavato i denti, avevo
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le luci e mi ero seppellito a letto con
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giraffa e me l’ero trascinata nel rifugio. ¶ Aprii
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il protagonista Giovanni Drogo ero io, e il mio
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accerchiava, l’indecisione atavica: ero già rinchiuso nella fortezza
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Libero. Per tutte loro ero un dannato amico. Mi
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Mi guardavo allo specchio: ero alto un metro e
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dei capelli. Da nudo ero ancora secco e pallido
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settimana al mese, io ero sempre invitato e mai
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e il Salento. Ci ero mai stato? ¶ La baciai
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Mi imbarazzavo per come ero io, e mi imbarazzavo
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mi invitò a casa. Ero terrorizzato ma accettai. Abitava
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morì un mese dopo. Ero a casa di papà
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essere un mite italoparigino. Ero l’unico maschio che
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e dissi che mi ero dimenticato di passare a
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di liberarmi. Antoine Doinel ero io, e anche io
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orecchio come faceva quando ero piccolo. – E l’altra
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portarla a compimento. Mi ero dato come termine ultimo
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mese vent’anni ed ero ancora illibato. La scommessa
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in allarme. Il commesso ero io, avevo già espiato
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di ciliegia. Chiese se ero italiano e io le
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lasciò una nuova felicità: ero stato devoto alla mia
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portavo dietro da quando ero bambino. Apparivo sperduto e
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simbiosi con me stesso. Ero diventato il fuori. Ero
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Ero diventato il fuori. Ero negli altri, ero in
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fuori. Ero negli altri, ero in Lunette. ¶ Saltai l
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andata bene. Anche se ero ancora vergine. ¶ Si tenne
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disordine del mio cuore. Ero in subbuglio, pas vrai
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l’incontro dei sensi. Ero ancora illibato, ma già
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amico psicoterapeuta quando mi ero ritrovato senza padre. Lui
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prime sere dopo che ero andato a vivere da
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dai pochi libri che ero stato un lettore tardivo
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qualcosa di buono. Non ero più vulnerabile per me
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vulnerabile per me stesso, ero fragile per noi. Passavo
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i due il possessivo ero io, tendevo a controllarla
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quando si accorsero che ero con Lunette mi lasciarono
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il polso per accarezzarmi, ero eccitato. ¶ Lunette mi cercò
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es fou, Lib. ¶ Non ero pazzo, ero eccitato e
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Lib. ¶ Non ero pazzo, ero eccitato e distrutto. Le
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Sentii un’eccitazione inedita: ero il brasiliano che l
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addormentammo, quando mi svegliai ero solo. Lei guardava Bleecker
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in modo brutale. Io ero per le soluzioni invisibili
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Mon ami aveva ragione, ero frantumato. Mi schermai, non
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romanzi più qualche straccio. Ero lo straniero in patria
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fuga e che mi ero rinchiuso in una fortezza
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morte di Monsieur Marsell: ero stato di nuovo invisibile
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con il motociclista mi ero messo a letto. Due
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Due giorni dopo mi ero alzato e avevo deciso
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corso di Porta Romana, ero in anticipo per entrare
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che dava pace. Qui ero nato, qui stava la
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un fascista e io ero al suo servizio. ¶ Ogni
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dal secondo giorno che ero lì. Me lo diede
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dalla Darsena. ¶ Da quando ero milanese avevo schivato l
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portarmi nessuno in osteria. Ero invisibile e volevo esserlo
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sentenze nei punti utili. Ero impeccabile, puntuale, sempre disponibile
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anche se intimidito, mi ero sentito a casa. ¶ Mi
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buonumore. Alleggerivo e assistevo. Ero il signore dell’archivio
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ufficialmente un venerdì pomeriggio. Ero alla scrivania e stavo
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il nuovo, ecco, forse ero pronto anche io, forse
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all’orario di uscita, ero in fermento per qualcosa
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per quegli intrugli insapore. Ero intimidito e spasmodico, usai
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in quinta elementare, quando ero arrivato ultimo nei cento
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braccia contro le corsie. Ero uscito dall’acqua, mi
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uscito dall’acqua, mi ero rimesso l’accappatoio e
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per raggiungere gli spogliatoi ero passato davanti all’intera
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nella tomba con papà. Ero diventato un galoppino per
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la traccia di cos’ero stato e di cosa
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Le dissi che lo ero anche io. ¶ Riattaccai imprecando
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a essere quello che ero stato l’altra notte
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il giorno prima mi ero trovato sulla scrivania due
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sera in osteria ed ero finalmente coraggioso, sarei andato
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paillette. ¶ Le dissi che ero nervoso. ¶ – Ci penso io
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facevano riappropriare del corpo. Ero voracità e quiete. La
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ragazza bassetta in tailleur. ¶ – Ero appena uscito dal lavoro
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sedere rivolto. ¶ – Me n’ero accorta – mise il tappo
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hai spiazzato”). Da quando ero a Milano, Giorgio aveva
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ti vergognassi di qualcosa. ¶ – Ero invisibile. ¶ Le dissi che
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ancora, io lo riconobbi: ero a casa. Le dissi
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tralasciando gli eccessi. Mi ero chiesto quanto delle mie
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aveva ragione mia madre: ero più bello. Mi guardai
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volo dall’Italia, quando ero atterrato avevo capito il
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braccetto, le confidai che ero lusingato di avere una
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poi le dissi che ero io, avevo chiesto il
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quando era impaurita. Mi ero messo la camicia blu
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del materasso come quando ero bambino, mi chiese se
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archivio. Quando arrivò io ero già lì. Mi sorrise
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che permetteva il tradimento. Ero il motociclista barbuto di
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di Brera. All’apparenza ero un ragazzo a modo
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maniere, le scappatoie veloci. Ero convinto che a ogni
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il mio mattatoio, ne ero sicuro, mi stava facendo
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corpo che stavo avendo, ero lo stesso che lui
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strozzava il fiato, mi ero messo a correre anche
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al bar Crocetta. Non ero ingrassato di un etto
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Lo sentivo, e ne ero terrorizzato. ¶ Venne a prendermi
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insegnanti. Dissi che non ero nemmeno laureato. Insistette, avrei
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Juventus, più di Sivori. Ero tornato a sbirciare le
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maestro. Anna disse che ero un ruffiano, catto-comunista
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l’immobilità che mi ero scelto. Poi qualcosa virò
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mio stesso sentimento. ¶ Così ero tornato al punto di
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del mio arrivo, però, ero pulito. Mancava il dolore
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da una postura elegante. Ero certo che non le
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infatti non avevo paura. Ero immune dal terrore della
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liana con la coda. Ero stato il ramo vecchio
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rivelargli di noi. Scalpitai, ero in disaccordo, poi pensai
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soffiarsi il naso. Non ero diventato cattolico, nemmeno comunista
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nemmeno comunista o steineriano. Ero un insegnante. ¶ Dopo che
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Giurisprudenza per come mi ero sentito con i bambini
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di essere quello che ero. Le dissi anche questo
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io mi sentii bene: ero nel luogo che mi
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storia a cui mi ero affezionato: era una donna
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vivessi davvero. Spiegò come ero riuscito a conquistare i
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ogni battesimo di classe. Ero il prof Marsell. Mi
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e alzai gli occhi, ero seduto in cucina, davanti
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gioventù solitaria. Solo adesso ero grato a ciascuna di
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berla. Le dissi che ero felice e lei mi
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avesse mai fatto. Io ero in blu, portavo la
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a un’illusoria mansuetudine. Ero un tipino acceso e
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doversi preparare all’idea ero io. Per fortuna avevo
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sul passato, a quando ero caos, a quando mamma
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ti abbiamo chiamato così. ¶ Ero l’avversario del mio
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Non sapevo pregare, pregai. Ero un orfano di Addie