Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

queste colline quarant’anni fa c’erano dei dannati

i pugni rotti. Si fa l’uva e la

ridere fischiettando, anche se fa sul serio. ¶ – Non hai

disse Nuto. Poi mi fa: – Sei già andato a

in America – quanti anni fa? – quando ancora non pensavo

me quel che si fa e quel che si

di notte. Questa gente fa piú male che bene

bruciare i paesi. ¶ V. ¶ Fa un sole su questi

maturo e uno si fa sotto, felice. Per me

lavora per forza, si fa fortuna senza volerlo – far

i vecchi dicevano che fa piovere… Tuo padre l

falò. ¶ – Si vede che fa bene alle campagne, – disse

è soltanto quella che fa del male, e se

la sua macchia – e fa piacere posarci l’occhio

vecchio vecchissimo – pochi anni fa – su una strada, dove

della corrente come si fa da ragazzi. Quella corrente

è il paese che fa per me. ¶ Piú avanti

di lui due anni fa da un deputato socialista

abbiamo dissotterrati due anni fa, e subito il prete

si volta e mi fa: – Sono stufo. Andiamocene fuori

che gliele hanno salvate, fa la difesa della repubblica

saliamo lassú. Anche questo fa parte del mondo. Chiesi

Sta’ attento come si fa, – mi diceva Cirino sputandosi

tapino, gli dico che fa la vita di una

Con la vita che fa, – disse rabbioso. ¶ Poi tacemmo

mica dal lavoro che fa ma da come lo

ma da come lo fa, e che certe mattine

giorni e nessuno lo fa lavorare, di valere di

gente che viaggia, che fa e che disfa, e

dice il parroco, che fa peccato? ¶ – Fa peccato il

parroco, che fa peccato? ¶ – Fa peccato il venerdí, – diceva

dicevano che tanto tempo fa, quando la vecchia non

neanche lavori; caldo non fa piú, freddo non ancora

le donne conoscono chi fa per loro. E tu

Ecco, – pensavo, – se Silvia fa un figlio, sarà un

corre le fiere e fa i giochi sulle corde

allungava il labbro, come fa lui. – Sei stato poco

lo mangio, – dissi, – non fa piú danno a nessuno