Giacomo Leopardi, Canti, 1837

vedo le mura e gli archi ¶ E le colonne

nella ria. ¶ Se fosser gli occhi tuoi due fonti

in tergo e sì gli scava ¶ Con le zanne

te non credi. ¶ Taccio gli altri nemici e l

la dolente via; ¶ Non gli aspri cenni ed i

superbi regni; ¶ Non udisti gli oltraggi e la nefanda

e il cielo ¶ E gli uomini e le belve

padri? ed a parlar gli meni ¶ A questo secol

de' sepolti, e che gli eroi ¶ Dimenticati il suol

ergean la chioma, ¶ Con gli studi sepolti, ¶ I vetusti

vita era allor con gli astri e il mare

tuo primo ne sottraggon gli anni; ¶ E il conforto

tardo onore ¶ Non sorser gli occhi tuoi; mercè, non

Cresca alla patria, e gli alti gesti, e quanto

crini; ¶ E libertade avvampa ¶ Gli obbliviosi petti; e nella

Oggi la patria cara ¶ Gli antichi esempi a rinnovar

la destra ¶ Quei che gli atleti ignudi e il

Delle italiche moli ¶ Insultino gli armenti, e che l

a cessar non vale ¶ Gli oltraggi lor, de' necessarii

nascente ¶ Lavinia prole, e gli anni ¶ Lieti vedesti, e

le tinte glebe, ¶ Non gli ululati spechi ¶ Turbò nostra

Credano il petto inerme ¶ Gli augelli al vento, e

alla deserta notte ¶ Con gli occhi intenti il viator

D'inudito fragor; quando gli ameni ¶ Futuri seggi di

destini! Ecco di sangue ¶ Gli avari colti e di

aratro, e vili ¶ Fur gli agresti sudori; ozio le

il crudo affetto e gli empi ¶ Studi rinnova e

natura! I lidi e gli antri ¶ E le quiete

com'ei travaglia! ¶ Che gli occhi al suol tuttora

ed affannato e stanco ¶ Gli occhi al sonno chiudea

la dolce imago, e gli occhi chiusi ¶ La contemplavan

nel letto e, chiusi gli occhi, ¶ Strinsi il cor

vi fea dimora. ¶ Né gli occhi ai noti studi

greggi belar, muggire armenti; ¶ Gli altri augelli contenti, a

cal d'allegria, schivi gli spassi; ¶ Canti, e così

d'altro ¶ Non brillin gli occhi tuoi se non

I tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno, ¶ Disse

Quando colei teneramente affissi ¶ Gli occhi negli occhi miei

sdegnando ¶ Le sciagure e gli affanni, alla reina ¶ Felicità

Scena del mondo, e gli sorride in vista ¶ Di

mezzo ¶ Il quinto lustro, gli pendea sul capo ¶ Il

terra è schivo. ¶ Pur gli era al fianco, da

Postasi al cor, che gli ultimi battea ¶ Palpiti della

primo ¶ Suo dì felice gli fuggia dal guardo. ¶ XVIII

fra caduche spoglie ¶ Provar gli affanni di funerea vita

Di qua dove son gli anni infausti e brevi

ozio che ti lasciàr gli avi remoti, ¶ Grave retaggio

le piazze romorose, e gli orti, ¶ Lui giochi e

pago. ¶ In questo specolar gli ozi traendo ¶ Verrò: che

il dolor mancò! ¶ Mancàr gli usati palpiti, ¶ L'amor

Luce de' giorni miei? ¶ Gli affetti ch'io perdei

inganni. ¶ Sopiro in me gli affanni ¶ L'ingenita virtù

So che pietà fra gli uomini ¶ Il misero non

menare il giorno. ¶ Io gli studi leggiadri ¶ Talor lasciando

del paterno ostello ¶ Porgea gli orecchi al suon della

Le vie dorate e gli orti, ¶ E quinci il

l'amor, l'opre, gli eventi ¶ Onde cotanto ragionammo

fo segno. ¶ Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, ¶ Senz

questo ¶ Soggiorno disumano, intra gli affanni, ¶ O dell'arida

E sebben vòti ¶ Son gli anni miei, sebben deserto

mondo ¶ La destra soccorrevole gli porge, ¶ Scusa gli errori

soccorrevole gli porge, ¶ Scusa gli errori suoi, festeggia il

ramoscelli e suoni ¶ Van gli amanti recando alle fanciulle

sempre ¶ Che in dir gli effetti suoi ¶ Le umane

al par del lampo ¶ Gli altri pensieri miei ¶ Tutti

mio! ¶ Che intollerabil noia ¶ Gli ozi, i commerci usati

che lontan sorrida ¶ Volge gli occhi bramoso il pellegrino

sento. A scherno ¶ Ho gli umani giudizi; e il

tue, dolce pensiero, ¶ Provar gli umani affanni, ¶ E sostener

che spero ¶ Altro che gli occhi tuoi veder più

il primo effetto. ¶ Forse gli occhi spaura ¶ Allor questo

invidiò colui ¶ Che tra gli spenti ad abitar sen

Alfin l'errore e gli scambiati oggetti ¶ Conoscendo, s

sorta, ¶ E cangiar con gli oscuri ¶ Silenzi della tomba

Né men conobbi ancor gli studi e l'opre

Di lor menstrua beltà gli appartamenti; ¶ E nove forme

atterrarlo è volto, ¶ Perché gli stessi a lui fuscelli

reo, la cui ragion gli è chiusa ¶ Eternamente, il

quasi ¶ Divin consiglio ritrovàr gli eccelsi ¶ Spirti del secol

visibil pegno ¶ Già concedon gli Dei; già, della nova

fuggente luce, ¶ Che dianzi gli fu duce, ¶ Saluta il

tutti i mali, ritrovàr gli eterni ¶ La vecchiezza, ove

torrenti ¶ Inonderà con voi gli eterei campi. ¶ Ma la

etadi oscura, ¶ Segno poser gli Dei la sepoltura. ¶ XXXIV

FIORE DEL DESERTO ¶ E gli uomini vollero piuttosto le

bocca fulminando oppresse ¶ Con gli abitanti insieme. Or tutto

Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle

o folle, ¶ Fin sopra gli astri il mortal grado

a sollevar s'ardisce ¶ Gli occhi mortali incontra ¶ Al

sé nel soffrir, né gli odii e l'ire

fra sé confederati estima ¶ Gli uomini, e tutti abbraccia

acerbe gare ¶ Imprender con gli amici, ¶ E sparger fuga

mondo. ¶ E poi che gli occhi a quelle luci

dell'universe cose ¶ Scender gli autori, e conversar sovente

il picciol campo, ¶ Che gli fu dalla fame unico

seguir che fanno ¶ Dopo gli avi i nepoti, ¶ Sta

a parte a parte ¶ Gli strumenti dell'arte, ¶ E

e fea d'argento ¶ Gli arbori ch'a quel

e il vento che gli odori spande, ¶ Molle passar

e la fean batter gli occhi; ¶ E n'era

affaticati e lassi ¶ Coprendo gli occhi, e stretti i

e pii ¶ Con Pluto gli altri iddii ¶ La mente