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Giovan Battista Marino, La strage degli innocenti, 1632

concordanze di «gli»

nautoretestoannoconcordanza
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1632
immortal mormora ancora. ¶ Sotto gli abissi, in mezzo al
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ceraste orribil fregio. ¶ Ne gli occhi, ove mestizia alberga
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fiammeggia torbida e vermiglia; ¶ gli sguardi obliqui e le
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faville; ¶ volge fra sé gli oracoli e gli editti
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sé gli oracoli e gli editti ¶ e di sacri
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e le querce e gli orni e i pini
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rotte, ¶ e vinti da gli angelici splendori. ¶ Vede per
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tragge di là da gli odorati Eoi ¶ l’inclito
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l’aversario del ben gli occhi converte, ¶ né men
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divenga uom vero ¶ strana gli sembra e non possibil
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che il riso de gli angeli languisca; ¶ che serva
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gloria a soffrir venga gli affanni ¶ e che l
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l’eternità soggiaccia a gli anni; ¶ et oltre poi
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ancor, voglia e pretenda ¶ gli antichi alberghi miei spopolar
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la prima luce de gli alati cori, ¶ che, come
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fra la plebe de gli angeli splendesti? ¶ Lasso, ma
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Ciel; de’ cenni miei ¶ gli elementi e le stelle
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che spesso fenno ¶ correr gli uomini al sangue, a
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chiaro là su ne gli stellanti poggi, ¶ ma, perché
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i leoni, ¶ di Busiri gli altari empi e profani
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al suolo ¶ fe’ piombar gli augelletti a mezzo ’l
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irrigidir le stelle e gli elementi ¶ se non gliel
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e del giogo servil gli aspri rigori ¶ sostenendo piangea
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aspri rigori ¶ sostenendo piangea gli antichi onori. ¶ Scorso l
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cor con fredda man gli stringe; ¶ poi la voce
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mostra il vulgo ingrato: ¶ gli applaude, il segue, e
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avrai ministra eterna». ¶ Così gli parla, e poi l
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cor gl’irrita, ¶ e gli spira in un soffio
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benché ricco e morbido, gli sembra ¶ siepe di spine
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che d’aver veduto gli rimembra ¶ e ciò ch
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questo dubbio nel cor gli entrò da prima; ¶ poi
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de’ sergenti e de gli araldi intorno ¶ la sollevata
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costoro ¶ del senato real gli aurati scanni. ¶ Di mano
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de’ titoli e de gli anni, ¶ quai più lontani
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il fier tiranno acese, ¶ gli altri intorno sedenti et
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stellante ¶ ombrella imperial sovra gli pende; ¶ ha di ben
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l’adunato stuolo. ¶ Poi gli occhi al ciel solleva
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ebri di sangue, ¶ indi gli affigge immobilmente al suolo
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il mio mal con gli’altrui lutti, ¶ per ucciderne
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Di quel parlar fra gli altri suoi più cari
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barba irsuto e folto ¶ gli adombra il petto e
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adombra il petto e gli avviluppa il volto. ¶ Porta
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et have ¶ in bocca gli ami e ne la
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voce soave, ¶ et a gli accenti accompagnando i guardi
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et esser poi de gli appetiti indegni ¶ servo infelice
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questa rabbia insana ¶ aver gli spirti oltre misura accensi
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l’essercito lucente ¶ de gli alati guerrier campar potresti
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per irritar nel re gli uomini e Dio. ¶ Se
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torto; ¶ e ’n fronte gli mirò scritto, e nel
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d’intempestivo argento ¶ seminato gli avea l’età mendace
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i tuoi nemici e gli anni. ¶ Quinci, con pace
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avrai ¶ loda immortal da gli uomini che sanno, ¶ ché
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de’ figli; ¶ ch’ama gli ozi domestici, depinga ¶ lievi
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poter ciò che poter gli è tolto. ¶ Già di
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soglia ¶ con qualunque bambin gli accenti in cuna ¶ oltra
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affetto ¶ già di Sion gli abitatori amasti, ¶ sacerdozio real
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torto ¶ la liberatrice de gli umani errori. ¶ Qual dritto
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eterne». ¶ Pietà così dicea. Gli alati Orfei ¶ doppiaro il
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la sua fronte, a gli Angeli sì cara, ¶ vive
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pietà ch’ogni rigor gli ha tolto ¶ par che
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ampia terra fondai sovra gli abissi, ¶ e i fermissimi
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Noto, ¶ lo striscio a gli angui, a gli augeletti
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a gli angui, a gli augeletti il volo ¶ diedi
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che commessa da me gli fu qua sopra. ¶ Fermo
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corpi lubrici e correnti ¶ gli obliqui balli e i
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né l’offendon però gli ardor vicini ¶ o le
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le fulgide penne o gli aurei crini. ¶ Porta gli
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gli aurei crini. ¶ Porta gli omeri ignudi; abile vesta
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omeri ignudi; abile vesta ¶ gli scende in giù sotto
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la notte. ¶ Stan su gli usci, un d’avorio
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Là drizza ratto da gli empirei scanni ¶ l’angelo
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a que’ rai che gli feriro, ¶ Morfeo, Itatone e
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a Cristo in seno, ¶ gli occhi chiudendo aprì l
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diamante ¶ del libro spirital gli offerse avante. ¶ Fermò Giuseppe
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impresse, ¶ che l’Angel gli additò, l’interno sguardo
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l’insidie; ivi coverto ¶ gli fia l’antro città
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Padre e Signor, Tu gli sia guida e schermo
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maturar la fuga, ¶ già gli scorrea senza ritegno il
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sua man le lacrime gli asciuga, ¶ e compiangendo a
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ingombra oblio profondo, ¶ de gli arnesi migliori un fascio
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le ricche moli e gli ornamenti illustri, ¶ te difenda
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il piè posasse, ¶ con gli odori odorava il suo
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Belle gare movean de gli arboscelli, ¶ per benedirlo, e
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arboscelli, ¶ per benedirlo, e gli Angeli e gli augelli
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e gli Angeli e gli augelli. ¶ Mille, e di
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i gravi membri appoggia, ¶ gli occhi leva pian piano
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leva pian piano, indi gli affisa ¶ verso il balcon
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leggera ¶ s’improviso splendor gli occhi le fiede, ¶ o
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fatica il vitto ¶ tutti gli onor v’effigiò d
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Di fortuna a schernir gli scherni e l’onte
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l’onte ¶ questo studio gli valse, usò quest’arte
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odo i pianti, odo gli stridi, ¶ veggio i vostri
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il toglie, ¶ pon su gli orli le labra, e
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morte i visi, ¶ fremono gli uccisor, gemon gli uccisi
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fremono gli uccisor, gemon gli uccisi. ¶ Quanti a l
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è caro; ¶ né men gli apporta a l’anima
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altrui tra’ fiori e gli arboscelli ¶ canto di ninfe
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bocca e ’l gemito gli caccia. ¶ Quei svelto a
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e pieno. ¶ Sciolse ella gli occhi, egli le vene
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del tradimento occulto ¶ miran gli effetti e la cagion
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ancor mi serbo ¶ se gli altrui giusti pianti odono
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pupillo, anzi pupilla ¶ de gli occhi, occhio de l
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fier visaggio, ¶ rozzo a gli arnesi e spaventoso a
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arnesi e spaventoso a gli atti. ¶ Non credi che
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porta l’ira ne gli occhi, in man l
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ancora, ¶ e due volte gli uccide il suo diletto
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intrepida man di man gli tolse, ¶ fra se stessa
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e rosso ¶ dal mento gli pendean duo lunghi fiocchi
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le ciglia e bieco gli occhi, ¶ di sozzo ceffo
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a l’assassin «Babbo» gli disse, ¶ e spinto pur
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disgiunti ancor mal volentier gli vede. ¶ Stavasi il primo
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quando la testa ecco gli tronca e quella ¶ gli
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gli tronca e quella ¶ gli cade in sen su
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il ferro ingiusto, ¶ e gli fa con un colpo
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e smorta ¶ piover per gli occhi amaramente il core
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di frammenti avanzati a gli altrui sdegni, ¶ altro che
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vui ¶ ricucir mi convien gli squarci altrui. ¶ Son queste
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il pianto, ¶ secca han gli occhi la vena al
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spumante la bocca e gli occhi ardenti, ¶ e si
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macello tirannico vedersi. ¶ Parean gli sparsi corpi orridi avanzi
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petto un Mongibel, de gli occhi un Gange; ¶ chi
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stampa ne’ labri lor gli ultimi baci. ¶ Altra del
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vapor l’anima scioglie ¶ gli fa del petto suo
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non satolli ¶ volgea cupido gli occhi Erode il magno
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non ebbe, ¶ né se gli Antropofàgi e i Lestrigoni
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il naso, ¶ e ne gli occhi ineguali il guardo
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vanno schierati a depredar gli arbusti ¶ a fila a
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onde, mentre calar lunge gli mira, ¶ l’uve sperate
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guisa ¶ che suol da gli Austri il combattuto Egeo
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scampo non have. ¶ Fra gli altri alberghi, in picciola
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espresso ¶ e pueril semplicità gli accoppia, ¶ e qual Giano
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tributo. ¶ Parea ciascun con gli ultimi singulti ¶ gemendo accompagnar
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adulti ¶ la pena de gli adulteri ambidui; ¶ ebber ne
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una fra lor ne gli anni suoi men fermi
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stimolo ardente il cor gli punge; ¶ sorge e riveste
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tosto ¶ veloci ad essequir gli ordini tuoi. ¶ V’era
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l’ombre e da gli orror notturni. ¶ Presa fu
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ogni parte. ¶ Vedeansi entro gli alberghi immondi e sozzi
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d’onta ¶ ciechi eran gli occhi, e cieca l
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a i cani, a gli augelli? o fatto gioco
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sferra a battagliar con gli elementi ¶ i guerrieri del
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dolorosi e tristi ¶ chiusi gli avessi eternamente il sole
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se già sì caro ¶ gli era il tuo peso
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gemiti distinse, ¶ e da gli occhi rivolti al proprio
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in sul fervor de gli anni tuoi, ¶ o te
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tardi m’avveggio, ¶ a gli uccisi fanciulli invidia porto
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scherzàr l’aure e gli augelli in mille guise
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rose al crine. ¶ Riser gli abissi, e la prigion
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di morte, ¶ che de gli antichi eroi l’ombre
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d’ogni lume priva ¶ gli ferìr gli occhi i
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lume priva ¶ gli ferìr gli occhi i lucidi drappelli
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appressa. ¶ Tosto termine avran gli antichi oltraggi, ¶ tosto ne
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acerbetti, ¶ intempestivi fior de gli orti suoi; ¶ del proprio
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e fatti ¶ per arricchir gli eterni alti conviti; ¶ rami
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omai certe novelle ¶ de gli aspettati giubili vicini. ¶ O
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pietà smembrati Amori? ¶ De gli spruzzi desia del sangue
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braman le stelle e gli Angeli specchiarsi. ¶ In sì
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ciascun di voi de gli Angeli consorte ¶ spogli di