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Egisto Roggero, I racconti della quiete, 1896

concordanze di «in»

nautoretestoannoconcordanza
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come un secreto terrore. ¶ In alto, sopra il colossale
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e severo, mi baciò in fronte. Io non lo
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severo, egli mi considerava in silenzio, dopo quel muto
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si tolse per baciarmi in fronte. Anch’ella, come
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il padre mi guardava, in silenzio. E dovetti accorgermi
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luminoso mattino, che recava in sè giocondamente la prima
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sprofondavano e quindi risalivano in elevazioni più chiare: avean
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intrichi contorti di rame. In fondo era una lunga
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dalla bizzarra fanciulla. Là, in quella grande sala, ella
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ore pomeridiane della Villa in una sottile occupazione: ricopiava
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le lunghe ore passavan in quella quieta e paziente
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mia cugina, la guardava in silenzio lavorare, preso ancor
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del trecento. ¶ Io finiva – in quella quiete che vinceva
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Io la ricordava, come in sogno, profilarsi nelle nebbie
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molto mi fece fantasticare. In fondo alla Biblioteca, nell
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altra sera come quella, in altro paese; una villa
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di mia madre, pareva in preda ad un grande
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Biblioteca e ci guardava in silenzio. Il suo volto
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una calma paurosa pesava in tutta la Villa. Le
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nell’immensa Villa: solo! ¶ In quest’ultimo pomeriggio arrivò
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potuto pensare al riso, in que’ giorni dolorosi. ¶ * ¶ * * ¶ Finalmente
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di fiamme gialle. ¶ E in mezzo ai fiori, in
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in mezzo ai fiori, in mezzo ai ceri, in
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in mezzo ai ceri, in mezzo al vapore misterioso
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mia mente da fanciulletto. ¶ In quella luce blanda, tra
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nera il giorno innanzi, in quella notte. ¶ Guardando ancora
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di neve. ¶ Mi gettai in ginocchio, mentre il muto
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fedeli. Che mai poteva in quel momento alterare siffattamente
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l’oriolo: ¶ — Anzi, sono in ritardo. ¶ Franz sospirò malinconicamente
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malinconicamente. ¶ — Non lo troverà in casa. ¶ Lo guardai molto
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ancora un poco insieme in silenzio, poi gli strinsi
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di costernazione che addolorava in quel momento il buon
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Nörten! Non è più in casa, non mangia più
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Oh, povera signorina! È in pena come me.... ¶ — Dite
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m’interessava di più, in tutto quell’arruffío di
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e soave, per me, in quel momento. ¶ — Buon giorno
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agitato. Non è mai in casa. Ha sospeso al
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spettacolo! Tutto sossopra, tutto in disordine. Gl’istrumenti di
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sparso, tutto abbandonato, tutto in aria. Aiutai Delfina a
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un poco d’ordine in quella rovina miseranda. Si
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stette così un poco in silenzio, lavorando coscienziosamente. Poi
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mentre lei era ritta in piedi sopra tre o
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tre o quattro grossi in folio per poter arrivare
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Li ho ancora qui, in un cantuccio del mio
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io dovrò ritornare presto in Italia. ¶ Un altro piccolo
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prigioniere tra le mie. ¶ In quel momento la vigile
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C’è il professore, in fondo alla via; ritorna
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suo piccolo trono di in folio ed io ritornai
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Mi stese la mano in silenzio, mi fece cenno
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bufera che aveva agitato in quei giorni l’animo
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questo no, certamente! ma, in compenso, in lui una
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certamente! ma, in compenso, in lui una inalterabile bonomia
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si tuffava, d’allora in poi, con me nei
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figuretta bianca che tenevamo in mezzo, e il cielo
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felice, ci versava addosso in quel luminoso pomeriggio di
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felici. È vero che in cuore lo eravamo, e
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mazzi di erbe aromatiche in mano, ci guardavano con
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miglio lontano, scorgevano subito in noi due innamorati felici
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ad ogni altra cosa, in lui! Poi mi condusse
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dell’inesorabile matematico che in un momento così solenne
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Milano e di Roma, in quella mia cara Italia
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cara Italia, così lontana in quel momento, da me
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per cui mi trovavo in quel momento nel suo
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mi condusse a sedere in un angolo del terrazzino
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due sponde. Il telescopio in mezzo al terrazzino guardava
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mezzo al terrazzino guardava in alto il cielo nero
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Il Professore era stato in Italia! E non me
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io nel tuo paese, in quella tua bella Toscana
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dai primi giorni cominciò in lei sottilmente il doloroso
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affatto opposte a quelle in mezzo alle quali era
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di essere una straniera in mezzo a noi, nella
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nella mia casa. Perfino in me, che pur tanto
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mio paese; poteva riportarla in Italia?... Passarono così, ti
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tutta a sua madre.... In questi passati giorni si
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von Nörten tacque. E in quel silenzio io sentiva
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lasciassi portar via, lontana, in un paese nuovo per
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Il Professore si levò in piedi, mi strinse fra
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poderose e mi baciò in volto. ¶ Io piangeva. ¶ * ¶ * * ¶ Era
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mia Italia. ¶ Ed ora, in un momento in cui
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ora, in un momento in cui ci eravamo trovati
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Delfina! Io ho chiuso in cuore, per non dimenticarla
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figuretta rassegnata, e ripeto in mio cuore con la
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che doveva portarmi via. In fondo a quelle due
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lo indossava. ¶ La stazioncina in quella primissima ora del
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raggio di sole accendeva in alto l’azzurro del
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Prenda questa strada, giunga in fondo.... troverà la via
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ei sostò ancora, così, in mezzo alla deserta piazzetta
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dormiva ancora, quieta, là in fondo. Venivan più spessi
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lo aveva veduto passare, in una notte paurosa. ¶ Ma
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pallido e polveroso, fermo in mezzo alla viuzza deserta
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occhi a sè davanti. In alto, il Castello, si
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tutto quel triste paesaggio in quel momento. Però a
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foggiato a castello, sorgeva in mezzo a quel breve
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della cenere si mostra in mezzo ad un vaso
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per un momento immerso in una idea profonda; dal
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cercar di scorgere meglio in volto il visitatore. ¶ Poi
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che io sono venuto. In paese nessuno mi ha
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hanno ancora paura.... Giù, in paese, nessuno osa salire
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la nuova porta, più in alto, ancor essa sbarrata
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tutti un rapido saluto in cor suo e proseguì
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una dopo l’altra: in tutte era lo stesso
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nebbie lontane, e riconosceva. ¶ In una di queste sale
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salotti, i passaggi oscuri; in un piccolo gabinetto elegante
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anima. Ed ora, ritto in piedi, nel buio delle
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nessuno era più penetrato in quelle stanze, da quel
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avea scoperto il danno!... In alto sopra il tavolino
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due lati, forse messe, in que’ giorni di dolore
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gli diceva di pregare in Lui, di fidare in
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in Lui, di fidare in Lui, solo in Lui
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fidare in Lui, solo in Lui, l’unico buono
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giusto. Non credere che in Lui, non sperare che
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Lui, non sperare che in Lui. Così ella diceva
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fiera, sdegnata, offesa. Lì, in quella stanza, essa era
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di pace.... Si voltò. In fondo alla stanza il
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infiltrato nel mio sangue, in ogni angolo della mia
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angolo della mia mente, in tutto il mio essere
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anni l’ho portato in me, peso misterioso e
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mai più il piede in questo luogo maledetto: mai
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un istante pensoso, ancora, in mezzo alla sala, poi
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s’inoltrò nel giardino. ¶ In quei venticinque anni la
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verde s’era imposta in ogni angolo. Ma quale
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al cancello egli abbracciò in silenzio il vecchio Max
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delle ruote del calessino. In quel momento la valle
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suo. Prenda posto, e in due salti lo porto
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la frusta. Quale schioccata! In due salti il cavallino
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del paese: nel sole, in mezzo al verde, che
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di odori freschi batteva in volto a sior Tonino
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Al castello sono tutti in collera perchè da otto
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ciò che aveva imparato in città, nelle sue belle
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era passato di trepidazione in trepidazione. Oh, i suoi
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era cresciuta straordinariamente quando in cambio di trovare una
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glieli spalancava troppo audacemente in volto. ¶ Intanto il calessino
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Il Conte partiva, ritornava in città; la contessina Nenè
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le dovevano mancare, laggiù in quella Milano benedetta! e
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e di parasoli fiammanti in mezzo ai quali tre
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cicaleggio. La cosa stava in questi termini: una fortunosa
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offrì di accompagnarlo su, in castello, per rinfrescarsi un
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più amorosamente di Giaco in quel punto. Tale dovette
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a trarlo d’imbarazzo in quella cotal selva che
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giovani cacciatori che stavano in gruppo con le signorine
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gruppo con le signorine in fondo alla sala, presentò
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credere d’essere librati in aria: tutto intorno l
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dal sole autunnale e in fondo la linea delle
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Il pranzo seguì come in sogno, pel povero sior
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Gli parve – sempre come in sogno – che a un
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alberi del parco baciati in alto dai bagliori infuocati
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crepitando e scendevano mutati in fiammelle di mille colori
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fiammelle di mille colori, in pioggia di pagliuzze di
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di pagliuzze di fuoco, in fasci vividi di stelle
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giuro. ¶ Sior Tonino guardò in volto la contessina; ella
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e ricordatevi qualche volta, in queste vostre care colline
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La contessina Nenè, rincantucciata in un angolo della capace
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provincia e, pur tuttavia, in piena campagna. Una stradella
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d’una foltissima zucca in fiore che la incorniciava
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Oh! di tutto dirò, in particolare. Anzitutto il caffè
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lasciarlo tranquillo, gli comprava in paese il caffè più
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consultato, per ben riuscire in questa delicata operazione, i
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i bei chicchi dorati in polvere minutissima. Quindi le
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industriose trasformavano la polvere in liquido profumato e bollente
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maestro Piero viveva solo in quella sua piccola casa
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un po’ d’argento in tasca; ne aveva fatto
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primi anni del secolo, in un’asta pubblica. Era
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palmi di terreno, diviso in piccole aiuole rotonde, quadrate
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V’erano de’ finocchi in fiore che aprivano il
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manoscritti di musica rinchiusi in cornici dorate, protetti dal
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e qualcuno sfondato. Poi, in paterno amplesso, un trofeo
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trionfo e di applausi.... In mezzo a tutte queste
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a respirare la polvere in cui si disfacevano i
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rossi.... Cercando bene, scorsi in un angolo del nuovo
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altra brava gente che in un batter d’occhio
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lo impacciava – e teneva in mano un giornale; lui
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mi rispose – tutto lassù in soffitta! ¶ E mi mostrò
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fiorami rossi e verdi; in mezzo al giardinetto, da
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io ero colà scese in giardino la sposa. Era
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prosperosa e molto colorita in volto. Era proprio lei
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cani da caccia, chè in quanto a questo, il
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di sonno. Ora precisamente in una di coteste sue
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Oldrado non istette tanto in sul forse: il suo
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come colomba smarrita, buttata in un angolo dell’elegante
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deposta da’ suoi rapitori in quella stanza. Ad un
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stanza, con il berretto in mano, dopo averne chiesto
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e fissarglieli un istante in volto. – Il giovine continuò
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padre, quella villa ove in quel momento madonna Tecla
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salvasse dal fiero periglio in cui era caduta. ¶ Di
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egli era molto bello, in quei momenti, il giovane
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La fanciulla lo guardò in volto: un lampo: ed
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punta al petto, toccata in singolar tenzone con il
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le vecchie amiche fronde. ¶ In mezzo allo stagno, sopra
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luminoso dell’eterna bellezza, in mezzo alle larghe foglie
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foglie.... Sulla piccola isola, in uno spazio ove non
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queste parole: Ducam eam in solitudinem et loquæ ad
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della villa, un giorno in cui non era solo
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si ferma un istante in mezzo al praticello che
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stagno è ora tutto in fiore: con le corolle
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si apre per riceverla in un gorgo di perle
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la bianchissima dea solleva in alto le braccia gocciolanti
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ahimè! ecco, nell’alto, in cielo, il primo bagliore
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accosta alla sua isoletta, in mezzo allo stagno e
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la notte, entrava ora in una grande valle verde
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paesello del quale andava in cerca m’era stato
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gli ha preso male in treno; forse è già
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Facciano presto, si è in ritardo! – I viaggiatori rientrano
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La madre risponde come in sogno: – è partito bello
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la povera madre, come in sogno. Ora muore!... E
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luce! Il paesello bianco in mezzo agli alberi, sotto
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terra, che si mangia in campagna, il forte e
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vite e di zucche, in quell’orticello popolato di
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come se mi trovassi in un mondo nuovo. ¶ Durante
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pel quale mi trovavo in quel momento colà. ¶ — Povera
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si muore così poco in questi beati paesi tutto
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del povero piccino morto in treno, lontano dalla sua
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il camposanto ove dormiva in pace il signorino! Quattro
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terra, piena di erbe in fiore, in mezzo alle
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di erbe in fiore, in mezzo alle quali a
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Era nell’angolo più in luce: e la piccola
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lasci sempre a te.... in nessun altro luogo egli
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egli riposerebbe mai così in pace come qui, sotto
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ridevano intorno. ¶ Quando scendemmo in paese m’accorsi che
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quiete, ove dormiva così in pace e tanto amato
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quasi vagamente d’invidiarlo, in quel momento. ¶ Fine.