Alberto Moravia, Vita nella stalla, 1944

da persone che conoscevo in quella città fui persuaso

fui persuaso a rimanere in attesa dell’avanzata alleata

dalla città. Ebbi modo in quell’ occasione di conoscere

perché i tedeschi andavano in giro prendendo quanti uomini

mattino lasciai la casa in pianura e caricato sopra

e i massi erratici, in un paesaggio bello e

a passare pochi giorni in quella stalla. Ci trascorsi

località, si può dividere in tre periodi: il primo

alle cinque e correre in cima alla montagna per

piogge, non come sogliono in Italia, ma come in

in Italia, ma come in un paese tropicale. Un

ora descrivere la stalla in cui vivevo insieme con

insieme con mia moglie. In piedi quasi si toccava

e pieni di ragnatele, in terra c’era il

lusso da adoperare soltanto in occasioni straordinarie, le tenevano

stavo disteso sul letto. In questo modo abbiamo passato

sopra un tripode posato in terra, in una buia

tripode posato in terra, in una buia e puzzolente

un tale fumo che in quella capanna persino i

piangevano e io, inginocchiato in terra, soffiavo nel fuoco

prima volta che vivevo in una capanna e ricordandomi

ricordandomi di aver letto in nostri scrittori provinciali descrizioni

ne lamentavo gli inconvenienti. ¶ In gennaio il vento di

via le nubi e in un gran freddo, sotto

città le case saltate in aria tra lingue di

d’uomini e depredazioni. In montagna ci venivano di

pensavano che a conservarsi. In nove mesi non sentii

date le terribili condizioni in cui vivevano quelle persone

vivevano quelle persone ammassate in capanne e in tugurii

ammassate in capanne e in tugurii; ma, purtroppo, si

si sentiva che neanche in condizioni migliori la loro

discorso dettato dalla disperazione. In generale i tedeschi erano

strettamente locali e personali. ¶ In aprile cominciò la fame

si era fatta bella in quell’aria mite e