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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Egisto Roggero, I racconti della quiete, 1896

concordanze di «io»

nautoretestoannoconcordanza
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e tristamente....» ¶ Heine. ¶ Agata. ¶ Io ripenso alla mia prima
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miei richiami dolorosi.... Ed io, nella triste carrozza sbattuta
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mi baciò in fronte. Io non lo aveva veduto
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i due. Forse, pens’io ora, forse ambedue si
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la prima volta che io, giovinetto, subiva il grande
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nuova vita alla Villa. Io vedeva ben poco lo
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dovere dei Sergio continuare. ¶ Io stava invece molto con
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zio Sergio, delle quali io avea sentito magnificare l
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di vecchio amico vegliante. Io, seduto su di una
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silenzio lavorare, preso ancor io dalla pace grandiosa di
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la parola. ¶ Così, penso io, dovean lavorare, un giorno
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pazienti fraticelli del trecento. ¶ Io finiva – in quella quiete
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e figliuola, mai.... Eppur io la sentiva, misteriosamente, aleggiare
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vita di mia madre. Io la ricordava, come in
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velo che lo nascondeva, io non aveva mai osato
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balcone era aperto ed io tenea gli occhi su
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Ne la memoria riaccesa io tutto rividi come un
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Ella era molto pallida. ¶ Io sbadatamente continuai: ¶ — Oh se
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tanto pallida e piangeva!... Io era molto piccolo: doveva
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sera di quel giorno io era solo nella mia
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parlato! Comprendi? ¶ E siccome io, spaventato e smarrito, lo
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ancora: ¶ — Promettilo, via, Mario... ¶ Io risposi: ¶ — Lo prometto, zio
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presso il ritratto velato. Io la guardai spaventato. Ella
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riconosci, tu? ¶ — Oh!... – feci io molto turbato. ¶ Agata mormorò
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a farmi declinare latinamente; io, tra una lezione e
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ma tranquilli nulla potea io leggere del loro mistero
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a pranzo: da allora io desinai solo, servito dalla
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quegli spasimi. ¶ Era solo, io, così piccino, nell’immensa
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meno di meravigliarmi, chè io conosceva da molto tempo
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mai dunque avvenuto? ¶ – Che io, che fraülein Delfina, che
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mano forte. ¶ — Addio, Franz. Io vado. Voglio provare: forse
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Agnese? ¶ — Oh, signor Enrico, io ho paura, io ho
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Enrico, io ho paura, io ho paura, io ho
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paura, io ho paura, io ho paura! ¶ — Di che
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biricchina, quanto era felice io quando sentiva pronunciare il
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Perchè, vedete, Delfina – ripresi io, tutto turbato sotto la
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quegli occhi verdi – oggi io era venuto su, dal
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tranquilla. ¶ — Voi sapete ch’io dovrò ritornare presto in
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verdi irresistibili di luce. ¶ Io proseguii: ¶ — Voleva chiedere a
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l’altra manina che io strinsi al cuore. ¶ — Grazie
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di in folio ed io ritornai quietamente lo studente
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l’altro delle tavole, io vedeva brillare all’improvviso
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sue tavole trigonometriche. ¶ * ¶ * * ¶ Oh, io ricorderò ben sempre quel
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gran passo, col professore. ¶ Io, Delfina e Franz – i
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bianca e gaia, mai io m’era sentito più
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di cifre da svolgere, io a bruciapelo lo pregai
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dirò quello che penso io di quanto mi hai
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che nel mio cuore io faceva già mia fidanzata
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che andava a vapore – io teneva sempre fisso l
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ascoltami bene. Quello che io ora sto per dire
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vero? Bene, sappi che io aveva appunto questa tua
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mio, ho vissuto anch’io nel tuo paese, in
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dunque, ragazzo mio, che io frequentava l’Università di
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recava alla mia lezione. Io era giovane, straniero, pieno
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sembrerà dunque strano che io m’innamorassi sul serio
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riscontri, quello nel quale io la rapiva al vostro
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fermò un istante ed io rispettai religiosamente il suo
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e si sentiva spostata. Io vedeva tutto ciò, sentiva
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così cinque anni: ed io che la vedeva infelice
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Basta, professore, basta – interruppi io commosso – non dica altro
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portarvi un fiore.... perchè io solo, vedi, non l
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E in quel silenzio io sentiva le lacrime silenziose
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ragazzo mio, vorresti che io, che non ho altro
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anch’essa, un giorno.... ¶ Io taceva, non sentiva più
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bambina?... Tu sai che io non posso seguirti. No
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mai. A Delfina parlerò io: essa mi vuol bene
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mi baciò in volto. ¶ Io piangeva. ¶ * ¶ * * ¶ Era una ben
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dolce mattinata estiva quando io con Delfina, Franz e
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da quindici giorni ed io, grazie ai buoni uffici
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mia piccola amica Delfina! Io ho chiuso in cuore
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il mio cuore anelerebbe, io mi ricordo di voi
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sul marciapiede della stazione io vedeva davanti a me
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forte la mano ed io montai sul convoglio. Ancora
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e mormorò: ¶ — Sono proprio io, Max. ¶ Il vecchio servo
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mai a nessuno che io sono venuto. In paese
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saper tutto, vivere anch’io questo passato che ha
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veniva a sedersi, mentre io giuocava ai suoi piedi
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sior Tonino molto meravigliato. ¶ — Io non so altro, io
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Io non so altro, io non so altro! – prese
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di stare zitto. ¶ — Son io, sior Tonino.... prima di
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I versi, contessina? ma io.... ¶ — Zitto! è inutile, sior
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scritti per me, ed io li voglio.... dateli qua
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L’avea sognata anch’io una testa bionda ¶ poggiata
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già un tempo ch’io, desideroso di un po
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orticello ci separava. ¶ Ed io tutte le mattine, dalla
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prezioso liquido alle labbra!... Io che andava spesso a
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maestro, nei gusti – notai io. ¶ — Oh no! – rispose egli
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lontana sfumatura di melanconia. ¶ Io era l’unico a
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e quel bel giardino!... ¶ Io osservai il povero maestro
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Dopo un po’ ch’io ero colà scese in
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quasi piangeva di malinconia, io accesi il bel fuoco
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trattenersi qualche tempo ancora. Io sono frattanto ai vostri
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comandare come padrona.... ed io sono ai vostri servizi
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comprendo – mormorò il giovane – io sono un povero scudiero
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mormorò ancora: ¶ — Oh! s’io fossi un cavaliere! forse
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perdona il dolce inganno: io ho voluto non rapirti
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primi raggi del mattino, io consultai il tacquino ove
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del cimitero. Dovendo ora io, nel mio viaggio di
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treno nero che ripartiva: io riviveva quel mattino. Poi
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zeppo di verdura, che io, fresco della grande città