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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Paolo Cognetti, Il ragazzo selvatico, 2013

concordanze di «io»

nautoretestoannoconcordanza
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Chris McCandless, ¶ spirito guida. ¶ Io fui nel giorno alto
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vive ¶ oltre gli abeti, ¶ io camminai su campi e
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nome le genziane ¶ sopite – ¶ Io sognai nella neve di
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città di fiori ¶ sepolta – ¶ io fui sui monti ¶ come
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proprio una pulsione suicida. Io sentivo di capirla e
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conto nella mia narrazione”. ¶ Io non tornavo in montagna
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ma il 25 aprile, quando io ci arrivai, non c
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con le proprie mani. Io non avevo questo privilegio
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nessuno aveva rimosso. Ma io, più che la rovina
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abbiano un’anima ma io in quella ho lasciato
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mandava in casa. Benché io mi lavassi le mani
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mia storia a scomparire. Io che sognavo il ritorno
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muoversi ogni tanto. Ero io la popolazione. Come Robinson
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scoprire quel viavai mentre io, a casa, pensavo di
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controllare i miei movimenti; io invece avevo occhi incapaci
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altra neve: dunque, mentre io seguivo lei, la lepre
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stai tranquillo, ci penso io a te. In casa
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piccola fatica d’Ercole, io non lo sapevo. Giunsi
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andava bene lo stesso? Io risposi che a me
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osservava con attenzione e io pensai che presto sarebbe
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sparì nel buco e io mi fermai, posai il
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razza di nemico ero. Io andai avanti a cantare
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loro i selvatici e io il predatore, ma nel
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ai giri di grappa, io avevo quattordici anni e
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capace di suonare anch’io. Una chitarra o almeno
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nemico da combattere ero io, allora ritirarmi dalla gara
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della mia cena, e io restai immobile sperando di
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il bagliore delle braci. Io sarò stato solo una
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trotterellando via nel buio. Io andai a raccogliere il
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lavoratore infaticabile, per questo io e lui ci incontravamo
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solito, da vecchio capo. Io mi sedetti accanto a
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invito a cena anch’io? Poi allacciai gli scarponi
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quanto di più sovversivo io riuscissi a immaginare per
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volte ci organizzavamo così: io salivo a casa sua
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già ben avviata e io accendevo la radio, mettevo
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chiese: hai tanta fretta? Io no, risposi. Chiusi la
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bottiglione? ¶ Perché no, dicevo io (lassù anche il bere
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e tremolanti sembravano dire: io sono qui. E anch
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sono qui. E anch’io, anch’io, anch’io
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E anch’io, anch’io, anch’io. Una costellazione
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io, anch’io, anch’io. Una costellazione di solitudini
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infaticabile, ruvida come corteccia, io cittadino dalla buona volontà
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sgridandomi per quelli che io invece mi perdevo. Remigio
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voi finivo dentro anch’io, o forse chissà, gli
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salirle come per gioco. Io adesso ero forte, sul
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diventare guida alpina anch’io. Tornati dal rifugio imitavo
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guida del trattore e io seduto sul rimorchio traballante
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dubbio sapevo qualcosa anch’io, non scrivevo da mesi
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anni dopo ero arrivato io, in cerca di un
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colpivano a distanza. Sarò io, mi chiedevo, ad avere
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puzzavo di capra anch’io, comunque giù nel vallone
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pericolo, drizzò le orecchie, io mi nascosi tra le
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fare un lungo giro. Io mi sedetti per terra
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abbia guardato così anch’io. ¶ Mi scusi, è proprietà
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più probabile che fossi io. Da che altro scappiamo
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le loro mucche, e io cercavo di immaginarmi la
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riprese più volte. Anch’io mi addormentavo e risvegliavo
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e il sonno. ¶ Anch’io mi alzai quando il
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di condividere quella vita. Io non chiedevo di meglio
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avere la radio accesa. ¶ Io mi ero impossessato della
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decisi di buttarmi anch’io. Scivolai, caddi, mi rialzai
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sentii tirare, tirai anch’io, e un momento dopo
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a capire che ero io. Ero alto e sottile
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più. Ma come?, dissi io, convinto che nella quota
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a portare una bottiglia, io no. La estrasse dallo
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mi prenda ¶ il freddo. ¶ Io penso ¶ al grande mistero
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invece il mio vecchio io spuntava fuori ogni volta
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che la preda fossi io. Ero disteso immobile e
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fare quella fine anch’io. ¶ Poi mi alzai. Subito
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impronte sulla terra morbida. Io più gentilmente mi tolsi
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condiviso, la baita e io? Ero scappato da lei
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salvatico di Rigoni Stern: io abitavo più in alto
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risalgono all’inizio del ’700. Io osservandole penso a quei
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storie opposte di lettori: io, liceale di città, avevo
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mia. Mi chiedevo perché, io che invece cominciavo a
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lo saremmo mai stati. ¶ Io mi sentivo meglio sotto
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tronco nuovo potevo essere io, e il tronco vecchio
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uccide il tuo vecchio io perché ne cresca uno
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volte il camminatore ero io e per un po
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alpinistiche. I cani, che io sappia, non hanno l
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sedentario e il nomade. Io scendendo a Fontane mi
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un cane beat, dicevo io. ¶ Cosa?, chiedeva lui, poco
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catena diventò un’abitudine. Io passavo di lì e
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ma non del tutto. Io credo che gli piacesse
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pensare, potevamo essere amici io e te, dandogli le
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ringhio basso e privato. ¶ Io un cane non lo
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sentiva arrivare con eccitazione. Io invece ero fatto per
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avevo dovuto sorbirmi anch’io. Sperai che non mi
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esercitato i suoi diritti. Io guardai Gabriele un po
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fatto l’abitudine anch’io. ¶ Il vecchio larice doveva
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andarono senza salutare, e io pensai: meglio così. Si
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per niente, e anch’io non sono portato per
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rintanava sotto al letto, io pregavo il dio del
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è mio, lo prendo io, guai a chi me
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non faceva nessun rumore. ¶ Io mi sono rassegnato, che
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Ho pensato a Pavese: “Io per me credo che
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dice l’Hagakure. E io trascorsi gli ultimi giorni
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ottobre, Gabriele, Remigio e io. Arrivava la neve, quella
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mai chiamata casa; e io sarei tornato in città
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petto e dissi sentite, io stasera cucino, voi portate
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tempo a sperimentarla anch’io, la nostra piccola società
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Dovremo volerci molto bene, io e te, gli dissi
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pratico coi saluti. Nemmeno io, gli risposi. Allora ciao