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invenzioni verbali


Vittorio Alfieri, Agide, 1788

concordanze di «l»

nautoretestoannoconcordanza
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1788
Ma quanto fu simile l´effetto, altrettanto diversa n
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cagione. Agide, col ristabilire l´uguaglianza e la libertà
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ancorché tentata io non l´avessi) crederei pure ancora
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tortissima ricavarsene potrebbe. ¶ Sì l´uno che l´altro
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Sì l´uno che l´altro, ai popoli foste
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esserne or vinto? Io 'l giuro, ¶ e gli altri
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che Agesilào crudel su l'orme tue ¶ a svenarti
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appieno. In me raddoppia ¶ l'esser egli mio genero
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me nel duro esiglio l'ebbi. ¶ Abbandonava ella il
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veggo irsi aggirando or l'altro ¶ re di Sparta
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la volle. ¶ Falli son l'opre d'Agide, perch
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in Sparta: ¶ di Leonida l'opre or son virtudi
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un re sbandito, ¶ cui l'onor, l'innocenza, il
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sbandito, ¶ cui l'onor, l'innocenza, il soglio tolto
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non stimasse, a che l'asilo? al giusto ¶ giudizio
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non che d'Agide l'opre, al ben di
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se il vuol: tranne l'asilo ¶ tutto or gli
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né per collega io 'l tengo. ¶ SCENA III ¶ AGESISTRATA
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ma, non ha Sparta l'ira sua. — Dovresti, ¶ tu
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Sparta, assai mel dice ¶ l'immenso stuolo di Spartani
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qual nemico: a voi l'oprar poi spetta. ¶ SCENA
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furor di Leonida sottrarre ¶ l'innocenza mia nota, omai
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di giusta pena? ecco, l'asilo io lascio. — ¶ Oh
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riedo a te con l'aspra ¶ mutata sorte: il
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e te scongiuro, per l'amor mio vero; ¶ (pel
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non so s'io l'abbia ancor) pe' figli
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della città, qual per l'addietro ell'era... ¶ Agide
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mai? conoscerlo, nol puoi; ¶ l'arte tua non è
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ei fesse ¶ a me l'assenso, era io perciò
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bocca, ¶ piena or te l'offre; e supplica, e
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che tu, lasciato omai l'asilo, in opra ¶ vogli
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tu il vedi) avea l'asilo ¶ abbandonato già: ragion
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rinasca, ¶ ne sarà paga l'ombra mia... ¶ Agiziade ¶ Mi
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sublime, umano, ottimo core ¶ l'atre tempeste; i generosi
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figlia! ed io pur l'era; e il sono
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esser di pace io 'l mezzo, ¶ o perir deggio
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voglio a delitto apporti. ¶ L'indole tua ben nata
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rechi a me dolor, l'udirti ¶ trafigger la mia
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insopportabil taccia? ¶ Qual sia 'l mio core, oggi il
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io far tentassi, ¶ e l'empia invidia di chi
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esorto, impongo ¶ di depor l'armi, e meco sottoporvi
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ma glien doveva io 'l mezzo ¶ ampio prestare. Agesilào
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stringeano il tempo, e l'alta brama ¶ d'oprare
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il bene, a cui l'ostacol tolto ¶ di Leonida
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il campo apriva. ¶ Quindi l'esiglio suo, giusto, ma
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Sì, per lui sol l'aure di vita ancora
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sol dal tuo oprar l'altrui livore, e il
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udirmi, e nol vorrà. L'asilo ¶ io per sempre
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Non giunge ancor Leonida: l'invito ¶ sdegna fors'ei
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sdegna fors'ei? non l'ardiria: qui 'l debbe
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non l'ardiria: qui 'l debbe ¶ trar, se non
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potessi ¶ dal suo temer l'util di Sparta io
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Non ch'io allor l'obliassi, e il sai
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cose innanzi, ¶ brami, e l'avrai; dartela piena io
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me di vera ¶ pace l'amor: pace, cui presti
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forza: all'arte opporre ¶ l'arte, né il so
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fama. ¶ Leonida ¶ E intatta l'hai, ¶ questa tua fama
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ma in tuo petto ¶ l'amor dell'oro, e
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possa, vincea d'assai l'util di Sparta, ¶ di
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ai disegni alti miei l'alte spartane ¶ opre bensì
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le mie, no, ma l'alte, ¶ libere, maschie, sacrosante
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a tradimento, (il vedi) ¶ l'avrò così dai cittadini
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il regnare; a me l'infamia in tomba ¶ portar
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tomba ¶ portar pur lascia l'unica mia speme, ¶ che
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A non sperata altezza ¶ l'animo estolli, e al
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III ¶ LEONIDA ¶ Leonida ¶ Io 'l tengo al fine. Inciampi
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che pur troppo io 'l sento! ¶ Né so dir
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reo, (ch'ei non l'è) tu ne dovresti
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tu giurasti, o Leonida, l'intero ¶ scempio d'Agide
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Ma, che dich'io? l'hai tu? — Scopo non
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e accrescerle. Dell'oro ¶ l'arte imparasti di Seleuco
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Seleuco in corte, ¶ e l'arte in un di
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Né le tue ingiurie l'animo innasprirmi, ¶ né le
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stringe. ¶ Leonida ¶ Al padre ¶ l'indugio dona: mi fu
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con sua fera scorta ¶ l'ardita madre, avrem compito
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efori il nome, e l'ardir tuo. ¶ Tempo intanto
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con gioia ¶ pur ve l'annunzio. Ah! non ebb
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eppur, più doglia ¶ che l'ingiusto mio esiglio, erami
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pure ¶ oggi a voi l'opre mie. Prova non
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non reo, poiché niun l'accusava. In vostra ¶ possanza
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ma pur per quanto l'occhio intorno io giri
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voi de' miei delitti ¶ l'ampia certezza, or dite
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stessa ¶ tua innocenza, ove l'abbi. Udiati Sparta, ¶ del
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no, nol pavento. Io 'l desiava, e godo ¶ di
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generosa impresa ¶ Leonida: pria l'arte, indi la forza
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pena ¶ ei s'imponea l'esiglio. Ei stesso il
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quanto il possa ¶ soffrir l'altezza d'animo innocente
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cose indotti: ¶ d'Agesilào l'oprar, d'Anfare i
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i gridi, ¶ di Leonida l'arte, il tacer mio
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trarre dal mio sangue ¶ l'util di Sparta, e
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vostro. I campi, e l'oro, ¶ che la mente
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privo; i campi, e l'oro, ¶ per non voler
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non vuol ch'io 'l vegga; ¶ ma vuol ch
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la virtù ripatriata, e l'alte ¶ divine leggi di
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armi. ¶ Popolo ¶ Grande è l'animo d'Agide: ingannati
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di un re cittadin l'ufficio estremo. ¶ Io riedo
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solo ¶ importava, ed io 'l feci: altro non resta
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disgombra; ¶ e di vietarmen l'adito i soldati ¶ non
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mia vita, ¶ (ch'io 'l potrei, se il volessi
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morte ¶ di cittadini assai) l'amor tuo vero ¶ trarmi
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il puote ¶ Sparta con l'armi, o nulla il
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già figlia t'eri? ¶ L'ira mia non temevi
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ne scongiuro, tentali; ripiglia ¶ l'alto tuo core, e
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padre ¶ fu indegno mai l'amar suoi figli, il
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pe' figli... ¶ Piangendo io 'l chieggo; e ti rimanga
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innocenza è certa. — ¶ Prendi l'ultimo amplesso; e ai
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padre, ¶ che rinnovar su l'orme sue le leggi
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alla madre ardite ¶ tor l'accesso?». Mi vide Anfare
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Or dammi, e prendi ¶ l'ultimo amplesso. Io lagrimar