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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Egisto Roggero, I racconti della quiete, 1896

concordanze di «l»

nautoretestoannoconcordanza
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secchie di nebbia, attingon l’acqua, a fatica la
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quelli alberi, che davan l’imagine d’immani scheletri
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da tutti. A Vico, l’altro figliuolo, che viveva
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io avea sentito magnificare l’inestimabil valore. Quando esse
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nebbie della mia infanzia: l’avea veduta, è vero
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interrompeva a un tratto l’opera minuta e gli
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tra una lezione e l’altra, ripigliai le mie
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nel saloncino ove attendevamo l’ora di coricarci, leggendo
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del suo distacco, sentiva l’avvicinarsi alla Villa dell
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dell’Ospite tremendo e l’animo mi gelava nel
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entrai. ¶ Nella stanza quieta l’odore dei fiori e
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rive del Meno tutta l’ambizione e l’entusiasmo
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tutta l’ambizione e l’entusiasmo dei buoni würzburghesi
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me dividevano quell’anno l’onore di frequentare le
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della Università di Würzburg, l’affetto più caro del
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re di Baviera e l’orgoglio de’ suoi sudditi
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quel momento alterare siffattamente l’animo buono e semplice
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dissi e notai, guardando l’oriolo: ¶ — Anzi, sono in
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no, la casa ove l’illustre professore Ense von
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rughe. Sui due balconcini l’allegra fioritura dei garofani
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che pare impazzito. Povero l’ottimo mio padrone, professore
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ma mi dette anche l’altra manina che io
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agitato in quei giorni l’animo del mio buon
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tra un polinomio e l’altro, tra un coseno
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tra un logaritmo e l’altro delle tavole, io
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accorgersi di nulla!... ¶ * ¶ * * ¶ E l’indomani mattina mentre il
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mio posto.... e ritornò l’inesorabile professore di matematica
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m’invitò a mettere l’occhio al telescopio, perchè
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fidanzata, certamente: tra poco l’arcigno matematico avrebbe dovuto
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io teneva sempre fisso l’occhio all’obbiettivo del
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mentre il Professore con l’ardore del dotto e
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mio, che io frequentava l’Università di Pisa quando
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progressi del male che l’allontanava lentamente da me
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me, che pur tanto l’amava, essa ritrovava idee
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ch’ella avesse spezzato l’ultimo filo che la
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io solo, vedi, non l’ho potuta dimenticare ancora
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e di colori. Però l’allegrezza non era certo
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mi obbliga a fare l’opposto di quello che
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all’orizzonte v’era l’Italia, il mio paese
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la fronte spaziosa rivelava l’abito del pensiero e
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squisita eleganza di tutto l’insieme di colui che
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sole accendeva in alto l’azzurro del cielo sereno
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rugosa mano tremante aprì l’arruginito cancello che cigolò
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vestita a bruno: non l’avevo mai veduta. ¶ — E
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si aprirono una dopo l’altra: in tutte era
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dramma che aveva gettato l’ombra livida nella sua
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piangere ancora, là dentro, l’anima offesa strappata rudemente
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pregava dall’alto, sopra l’origliere, per la povera
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fiero: indomata. Essa, alta l’altera giovane testa, gli
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Lui, solo in Lui, l’unico buono, l’unico
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Lui, l’unico buono, l’unico giusto. Non credere
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con quella della madre, l’altra immagine: quella del
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vita: per venticinque anni l’ho portato in me
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risvegliata poc’anzi suonò l’ora. Il suono vibrò
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e di luci: era l’Avvenire. ¶ Povero sior Tonino
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era alla finestra, tese l’orecchio. Nella quiete luminosa
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egli aveva ben distinto l’allegro schioccare della frusta
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voleva star fermo. ¶ — Sente l’aria del mattino! – commentò
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alla villa. Era proprio l’ultima volta, questa, che
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due salti, ed ecco l’ultima viottola incassata tra
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Tale dovette seguir Dante l’ombra del buon Virgilio
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in aria: tutto intorno l’orizzonte verde della valle
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a leggere, tutta raccolta: ¶ «L’avea sognata anch’io
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Oh, la spinetta! Era l’altro suo grande amore
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era andata con esso, l’entusiasmo s’era a
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caccia della fortuna, con l’altro s’era trovato
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Era di fabbrica francese: l’aveva comprata a Parigi
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la spinetta, insieme con l’enorme fascio degli scartafacci
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solitudine. ¶ Poi c’era l’orto.... Oh, egli era
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di fiori rosei con l’aria di persone felici
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quadretti, ritratti, stampe con l’effigie di vecchi maestri
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altri e attiravano subito l’attenzione. Erano una bella
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di melanconia. ¶ Io era l’unico a cui maestro
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concesso, da tanti anni, l’onore di visitare la
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un solo piano e l’orticello di maestro Piero
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Dove già era stato l’orto che conosciamo era
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avevano mandato all’aria l’orticello e, a vapore
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mondo di cui erano l’eco! ¶ Egli guardava malinconicamente
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ancella, due braccia poderose l’avean afferrata, ed imbavagliata
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dall’abbattimento mortale che l’aveva colta appena deposta
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al di fuori. Spinse l’occhio giù nella valle
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lì a poco entrava l’ancella che cercò di
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veramente come lo dipingeva l’ancella, la sua liberazione
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de’ loro palchi gettavano l’ultimo addio al cavaliere
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Finchè un giorno, mentre l’ancella si era allontanata
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suoi piedi, le confessò l’ardente suo amore. ¶ La
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sguardo smarrito ben palesava l’interno pensiero. ¶ — Ah! comprendo
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per me aspirare a l’amore di sì nobile
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era arrivato e che l’avrebbe quando ad ella
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apparve più. ¶ Verso sera l’ancella venne a pregarla
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suo coraggio e seguì l’ancella.... ¶ Traversò i sontuosi
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tanto fitto ne è l’intrico dei rami che
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Ella dorme: forse sogna l’ellenica patria da cui
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con i piedi caprini l’acqua dormente. Vicino a
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vengon proprio a lambire l’acqua dello stagno. Egli
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E così adagiato, mentre l’acqua dello stagno gli
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il bianco canto pastorale. L’accompagna lo zefiretto che
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e si agitan lievemente l’erbette del praticello d
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misterioso: s’increspa leggermente l’acqua luminosa e si
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piedi di neve toccan l’acqua che è tutta
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ninfèe si svegliano tutte, l’una dopo l’altra
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tutte, l’una dopo l’altra, e metton fuori
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al misterioso cantore che l’ha svegliata dal suo
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picciol piede di neve l’acqua luminosa; e dolcemente
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la testa, e mentre l’ultimo sorriso erra sulle
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dalla bocuccia contratta e l’occhio vitreo, abbandonato sulle
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il cielo azzurro, allontanava l’idea della morte. Faceva
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di faccie nuove a l’anno. ¶ — Troverà ben piccola