parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «l»

nautoretestoannoconcordanza
1
1950
freddo della sera sentii l’odore del letame. Chi
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1950
riva fossi stato padrone, l’avrei magari roncata e
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1950
intanto adesso mi faceva l’effetto di quelle stanze
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1950
Adesso che il mondo l’ho visto davvero e
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1950
pugni rotti. Si fa l’uva e la si
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1950
capiscono col tempo e l’esperienza. Possibile che a
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1950
casa, e mi chiamano l’Americano, mi fanno vedere
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1950
in su nella valle, l’acqua del Belbo passa
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1950
un altro mondo: era l’odore della strada, dei
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1950
come sono. Io ce l’ho fatta, anche senza
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1950
senza nome. ¶ – Tu ce l’hai fatta, – disse Nuto
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1950
quelli che non ce l’hanno fatta? Non sai
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1950
alle cucine si trovava l’idiota, il deficiente, il
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1950
li scherzava. Tu ce l’hai fatta, – disse Nuto
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1950
con noi ragazzi, strizzava l’occhio alle donne. Già
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1950
un’altra bevuta e l’assolo, poi la merenda
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1950
serio. ¶ – Non hai fornito l’ospedale di Alessandria? ¶ – Spero
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1950
davanti alle amiche, cerca l’uomo. Non ho mai
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1950
di quel vino? ¶ – Te l’ho già detto, – dissi
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1950
Sono a casa». Anche l’America finiva nel mare
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1950
boschetti, o anche soltanto l’erba corta dei ciglioni
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1950
Nora, dalla cassa, tendeva l’orecchio, si agitava, ma
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1950
della gara di Nizza l’anno prima, quando erano
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1950
lo conosco. ¶ E allora l’amico disse a me
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1950
la discesa accelerando, né l’America di finire con
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1950
disse Nuto. – Tu invece l’hai presa. Perché? ¶ Si
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1950
testa. – Un giorno o l’altro ti racconto delle
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1950
mi ricordassi che adesso l’avevo raggiunto e che
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1950
Chi dei due frega l’altro? ¶ – Si fregano a
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1950
Chi è che paga l’illuminazione, i mortaretti, il
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1950
chi se la ride l’indomani della festa? Dannati
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1950
E la terra, dove l’han presa? Perché dev
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1950
il sor Matteo ce l’avesse fatto a noi
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1950
sono venuto a comprar l’uva o che cosa
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1950
già il vecchio Valino. L’aveva fermato Nuto in
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1950
spartire. Adesso il casotto l’ha comprato la madama
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1950
angolo della casa. E l’odore, l’odore della
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1950
casa. E l’odore, l’odore della casa, della
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1950
aveva una crosta sotto l’occhio, le spalle ossute
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1950
erano vive, dovevano avere l’età di quella donna
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1950
sulla soglia, borbottò inquieta; l’altra si chinò e
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1950
il latte. Il dottore l’aveva strapazzata, aveva detto
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1950
erano venuti sani, e l’indomani era morta. ¶ Il
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1950
e quella crosta sotto l’occhio – sembrava che ridesse
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1950
meliga bassa, tanto che l’occhio ci spaziava, quella
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1950
come me e io l’avessi accompagnato nei beni
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1950
beni? Ebbi un momento l’illusione che a casa
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1950
era andato a vendere l’uva da Gancia. E
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1950
la sua crosta sotto l’occhio, seduto contro la
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1950
nella riva… ¶ – Nella riva l’altr’anno c’era
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1950
tedesco, – mi disse. – Che l’avevano sepolto i partigiani
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1950
da lassú, nella riva. L’acqua l’ha portato
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1950
nella riva. L’acqua l’ha portato in basso
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1950
basso e il Pa l’ha trovato sotto il
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1950
si capiva piú come l’avevano ammazzato, – disse lui
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1950
che non tirava piú – l’avevano poi rotto quel
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1950
un destino cosí. Nuto l’ha molto quest’idea
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1950
era andato a far l’erba. Cinto, scostandosi, guardava
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1950
al sole, per sentire l’afa e il sudore
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1950
cascine, quando avevano venduta l’uva o il grano
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1950
Non vai a fare l’erba per i conigli
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1950
il torneo di pallone, l’albergo dell’Angelo si
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1950
balcone del municipio. Non l’avrei detto, da ragazzo
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1950
ancora, eppure avevo sempre l’occhio alla strada, ai
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1950
sindaci, delle signore con l’ombrellino. Ed ecco che
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1950
calvo che non faceva l’avvocato: le terre, i
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1950
esotiche, di fiori con l’etichetta. A modo suo
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1950
avuto fortuna. I parenti l’avevano abbandonato, la moglie
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1950
era morta, il figlio, l’unico figlio, il futuro
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1950
il disturbo di prepararmi l’accoglienza, e per la
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1950
la vigna – perch’era l’ultima terra che portasse
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1950
i pini rossastri e l’erba sotto, rigogliosa, mi
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1950
e Giulia, e fatto l’erba per i conigli
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1950
fa piovere… Tuo padre l’ha fatto il falò
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1950
fuori dai coltivi? – dissi. – L’indomani trovi il letto
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1950
vedere se bombardavano Canelli. L’ho sentita anch’io
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1950
inutile mandarlo in America. L’America è già qui
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1950
oscuro, allora sarebbe lui l’ignorante e bisognerebbe fucilarlo
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1950
e fa piacere posarci l’occhio e saperci i
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1950
e piantare un giardino. L’avevo creduto, e mi
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1950
Invece il figlio non l’avevo, la moglie non
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1950
niente fosse e portarmi l’America, Genova, i soldi
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1950
me. ¶ Vedevo gente dentro l’Angelo, sul mercato, nei
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1950
affari facevo, se compravo l’Angelo, se compravo la
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1950
e dei suoi. Me l’aveva raccontata la nuora
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1950
i mariti delle figlie l’avevano buttato. La minore
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1950
s’era sposata ragazza; l’altra, Angiolina, un anno
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1950
e coi figli; facevano l’uva e la polenta
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1950
campo ammazzata dal fulmine, l’altra, Angiolina, aveva fatto
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1950
le fiere; il Cola l’aveva ancora intravisto, con
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1950
e pieno di paglie, l’anno prima della guerra
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1950
Mi restò in mente l’Angiolina distesa a denti
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1950
ragazze, la vetrata, e l’ala bassa dei portici
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1950
era, ma sentii subito l’odore – quella punta di
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1950
Niente era cambiato. Solo l’altr’anno c’era
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1950
un ragazzo a vender l’uva insieme al padre
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1950
tutto finiva, perch’era l’ultimo paese dove le
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1950
portava chi sa dove. L’avevo percorsa, cominciando da
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1950
mi fossi ritrovato ragazzo, l’avrei percorsa un’altra
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1950
poi successe – la guerra, l’internamento, il sequestro – e
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1950
sapere dove andavo. Poi l’idea mi passò perché
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1950
di correre, e ricominciare l’indomani. Mi toccò poi
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1950
poi ricominciare a Genova l’altr’anno. ¶ Fatto sta
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1950
vicina. E veniva notte. L’unico segno di civiltà
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1950
una voce che rompeva l’aria come il canto
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1950
I banditi, la sete, l’insolazione, i serpenti. Qui
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1950
questi, pensai, dove ce l’hanno casa loro? Possibile
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1950
bisogno di passare per l’ospedale di Alessandria – il
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1950
strada, illuminandomi dai finestrini l’automobile, i cacti, una
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1950
e filava sbatacchiando, risucchiando l’aria, schiaffeggiandomi. L’avevo
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1950
risucchiando l’aria, schiaffeggiandomi. L’avevo tanto aspettato, ma
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1950
mano del poliziotto come l’urto del treno. Era
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1950
del treno. Era questa l’America. ¶ Ritornai nella cabina
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1950
E in America facevo l’internato. (Silenzio). In America
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1950
messa il fazzoletto tricolore l’indomani. Qualcuno stava a
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1950
Dichiarò «sconosciuti» e chiuse l’inchiesta. ¶ Chi non chiuse
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1950
Cavaliere, perché lui ce l’aveva col parroco che
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1950
Insomma il parroco tirava l’acqua al suo mulino
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1950
non aveva ancora digerita l’inaugurazione della lapide ai
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1950
sfrutterebbe sua madre se l’avesse… ¶ Passai da Nuto
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1950
Lui si grattò dietro l’orecchio, guardò a terra
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1950
dei martiri, era diventato l’insegna dell’Anticristo, e
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1950
dio. Non credessero che l’avversario fosse sconfitto. In
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1950
dei suoi gli strizzava l’occhio, gli borbottava al
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1950
gamba. Batté il ferro l’indomani dicendo una messa
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1950
donne ingravidate. Fin che l’ex podestà disse chiaro
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1950
o si diceva solamente: «L’uva quest’anno è
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1950
Se non leggono neanche l’almanacco. ¶ – Bisogna uscire dal
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1950
diverso. Hai sentito che l’ha detto anche lui
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1950
lui che Canelli è l’inferno. ¶ – Bastasse. ¶ – Si comincia
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1950
le spie… ¶ – E tu l’hai fatto il partigiano
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1950
impiccolito e stranito. Non l’avevo mai vista di
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1950
di lassú, cosí piccola. ¶ – L’altro giorno sono passato
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1950
il pino del cancello… ¶ – L’ha fatto tagliare il
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1950
ragioniere, Nicoletto. Quell’ignorante… L’ha fatto tagliare perché
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1950
vecchio è stato vivo, l’hanno sempre aggiustata… Almeno
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1950
cosí bella… ¶ – Tu non l’hai vista a venti
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1950
due non erano niente. L’hanno viziata, il sor
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1950
cagnetta e la spia. ¶ – L’hanno ammazzata? ¶ – Andiamo a
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1950
era come una piazza l’indomani della fiera, una
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1950
ti ha piantato. Nuto, l’unico che restava, era
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1950
ritrovato la Mora come l’avevo conosciuta il primo
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1950
primo inverno, e poi l’estate, e poi di
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1950
un ragazzo che cresceva. ¶ L’anno che grandinò e
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1950
sorellastra appena nata, che l’Emilia correva a cullare
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1950
E vendi, – gli diceva l’Angiolina a denti stretti
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1950
che quell’autunno era l’ultimo, e quando andavo
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1950
il carretto per prendere l’armadio e i sacconi
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1950
Non c’era piú, l’avevano venduta anche lei
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1950
freddi, entrai alla Mora. L’ultima volta che passai
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1950
in un fazzoletto che l’Angiolina mandava alla Serafina
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1950
carta rossa lucida, che l’Emilia mi disse guai
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1950
trovasse una giacca per l’inverno. Il primo lavoro
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1950
sembravo un’anguilla fu l’Emilia. Quella sera mangiammo
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1950
Angiolina, di Cossano. Poi l’Emilia la chiamarono di
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1950
per tutti. ¶ Cosí venne l’inverno e cadde molta
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1950
salici per Cirino, portavo l’acqua, giocavo alle biglie
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1950
ragazzi. Venne Natale, Capodanno, l’Epifania; si arrostivano le
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1950
il tacchino e una l’oca. La signora, le
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1950
cinque lire del municipio, l’anno dopo non pensavo
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1950
a mangiare, e vendevamo l’uva, vendevamo il grano
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1950
dalle sarte a Canelli, l’Emilia li serviva in
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1950
arrivavano la Serafina, o l’Emilia, a portare il
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1950
i fieni, a tirar l’acqua, a preparare il
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1950
il verderame, a bagnare l’orto. Quando correva la
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1950
Africa e che tutti l’avevano già dato per
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1950
voglie sostanziose, gli piaceva l’abbondanza, a chi il
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1950
in una stanza, e l’Emilia che serviva il
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1950
mi faceva troppa paura. L’Emilia che andava e
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1950
serviva lei col grembialino, l’Emilia a volte mi
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1950
tenere la scala per l’uomo che aggiustava. Passai
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1950
i piedi. ¶ Dal terrazzo l’Emilia gridava: – Anguilla, vieni
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1950
asciugare i capelli. E l’Emilia che teneva lei
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1950
gridò: – Vieni su, muoviti. ¶ L’Irene disse qualcosa, ridevano
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1950
allora che Nicoletto per l’invidia disse che ci
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1950
tornasse a casa con l’erba, con pannocchie di
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1950
nelle ore bruciate, con l’appetito e con la
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1950
sera poi, quand’era l’ora di andare a
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1950
poi mi trattenevo. Non l’avrebbe goduta, che cosa
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1950
Nuto che gli disse: – L’hai trovata la vipera
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1950
gridato il massaro, e l’avevamo inseguita e acchiappata
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1950
non ci stavo ancora, l’autunno prima della grossa
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1950
ragazzi, non si perdeva l’occasione – capitava qualcosa ogni
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1950
conoscerlo cosí, mi faceva l’effetto di bere del
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1950
bersaglio. Mi diceva che l’ignorante non si conosce
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1950
il loro padrone che l’aveva studiata, e poi
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1950
aveva i soldi e l’età entrava in quella
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1950
dissi a Nuto, quando l’ebbi capita. ¶ – Sarebbe meglio
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1950
imparato a innestare, e l’albicocco che c’è
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1950
è ancora nel giardino l’ho inserito io sulle
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1950
Dissi che Padrino non l’avevo piú visto, e
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1950
che il sor Matteo l’ha fatto apposta, per
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1950
a una cosa che l’Emilia ci aveva detto
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1950
terrazza arrivarono Santina e l’Emilia. Santina aveva le
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1950
mangiare la pappa e l’Emilia cercava di prenderla
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1950
gridava dalla ringhiera che l’aspettassero. Irene in biroccio
197
1950
sor Matteo: – Una volta l’ospedale pagava cinque lire
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1950
milione in banca. Poi l’Emilia cominciò a dire
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1950
perché non mi compravo l’ocarina. – Non ci riesco
200
1950
quei tempi finiva che l’aspettavano col fazzoletto legato
201
1950
accordo: c’era stata l’epoca dei fascisti che
202
1950
ragionare con tutti. Anche l’inverno che parlò con
203
1950
Ma non trovavo mai l’occasione di andarli a
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1950
stata famosa, dovevano far l’albero della cuccagna e
205
1950
e la bambina con l’Emilia, sulla carrozza grande
206
1950
parlarne con Cirino, con l’Emilia, con tutti, come
207
1950
adesso ci fossimo tutti. L’indomani ci saremmo svegliati
208
1950
pioggia o il sereno. L’inverno si rientrava in
209
1950
sempre domenica. Mi ricordo l’ultimo lavoro dell’inverno
210
1950
veglia, o promettevano per l’indomani il bel tempo
211
1950
indomani il bel tempo. ¶ L’inverno era la stagione
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1950
un uomo che, venduta l’uva, stendeva i biglietti
213
1950
saltava e bramiva e l’altro dava cornate. Raccontava
214
1950
e cosí avevo conosciuto l’elefante, il leone, la
215
1950
balena. Qualcuno Nuto se l’era preso e portato
216
1950
di Nuto, anche bene. L’aveva studiato in Alba
217
1950
ascoltare. E Irene allora l’aveva chiamato sul terrazzo
218
1950
sera tra noi, tra l’Emilia, Cirino, la Serafina
219
1950
alla Mora. Io facevo l’attendente del mio colonnello
220
1950
accendevo le stufe, scaldavo l’acqua del bagno, giravo
221
1950
per questo avevo fatto l’attendente, per non avere
222
1950
sua cuccia e facevamo l’amore, lei mi chiedeva
223
1950
Io un mestiere ce l’ho, ma a Genova
224
1950
hai i peli ricci… ¶ (L’Emilia, che mi aveva
225
1950
un pelandrone, – aveva detto l’Emilia. Allora Nuto si
226
1950
know – e lí cogliere l’occasione che qualcuno la
227
1950
i capelli. Chi non l’avesse conosciuta avrebbe detto
228
1950
il cervello che facevano l’americano. Which of them
229
1950
chi sa dove, e l’unico modo per sapere
230
1950
chi sono. Rosanne me l’avrebbe anche fatto un
231
1950
ritornato. ¶ Rosanne, fin che l’ebbi con me, non
232
1950
Restai lí, perché mai l’avrei creduta capace di
233
1950
forse Santina, ma non l’ho veduta grande – avevano
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1950
ancor bene. Per tutta l’estate, dal cortile e
235
1950
cosí ben vestite che l’Emilia non poteva neanche
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1950
bel cestino e raccoglievano l’uva luglienga. Una sera
237
1950
fosse la vendemmia e l’allegria del raccolto – e
238
1950
ch’era roba loro. L’Emilia ce lo disse
239
1950
dimenticata. Dimenticata o che l’avesse fatto apposta? Le
240
1950
pace al sor Matteo. L’Emilia diceva che in
241
1950
mica ammazzato nessuno, – diceva l’Emilia. – Una risponde, l
242
1950
l’Emilia. – Una risponde, l’altra salta, l’altra
243
1950
risponde, l’altra salta, l’altra sbatte le porte
244
1950
Nido ne avevo visti l’anno prima, quando Irene
245
1950
dei paramenti del prete. L’anno prima capitava d
246
1950
strada di Canelli; Nuto l’aveva vista e diceva
247
1950
a sentir messa, ce l’avevano in casa, tenevano
248
1950
da niente e faceva l’amore a Genova col
249
1950
tavola sopra noialtri, veder l’Emilia fargli i versi
250
1950
di sopra erano accese; l’Emilia corse su e
251
1950
piccola strillava perché non l’avevano portata a funghi
252
1950
lei. ¶ Il biroccio tornò l’indomani col figlio del
253
1950
frusta e gridando «Viva l’acqua d’Agliano» saltò
254
1950
si fermava a pranzo. L’Emilia diceva che gli
255
1950
sor Matteo che ce l’aveva su con lui
256
1950
che la musica non l’ascoltava neanche, che a
257
1950
ch’è un ignorante. L’aria ce l’ha
258
1950
ignorante. L’aria ce l’ha… C’era un
259
1950
sentire Arturo che faceva l’uomo in gamba e
260
1950
dal treno a Costigliole l’altro giorno o quella
261
1950
che s’era giocato l’ultimo soldo e se
262
1950
quando andava a suonare l’organo in chiesa. A
263
1950
che un giorno o l’altro voleva dirgliene quattro
264
1950
quattro. La signora faceva l’offesa. Irene alzava le
265
1950
villano d’Arturo non l’avrebbe nemmeno voluto per
266
1950
attento e comandava lui l’amico. Restava dunque che
267
1950
si divertiva anche con l’altra. Bastava aspettare la
268
1950
capirle. Con loro Cirino l’aveva su perché gli
269
1950
tigli noi si tendeva l’orecchio per sentire qualche
270
1950
camminavano bisbigliando e ridendo; l’altra coppia veniva piú
271
1950
già piú calde, maliziose. L’ultimo anno che stetti
272
1950
madama contessa», e presto l’Emilia seppe anche che
273
1950
a Irene, diceva che l’aspettava al paracarro per
274
1950
non fosse grossolano come l’altro… ¶ Silvia rideva, a
275
1950
di zappa e tendevo l’orecchio. ¶ Una volta Irene
276
1950
Matteo non sapeva niente. ¶ L’Emilia diceva che quest
277
1950
il figlio del medico l’aveva già presa, in
278
1950
Arturo ci aveva fatto l’amore, perché avevano smesso
279
1950
di letti, e nessuno l’aveva mai fermato. «Ecco
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strada, ma Silvia non l’aveva invitato a salire
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Arturo aveva chiesto strizzando l’occhio se suonavano i
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settimane. ¶ La Serafina e l’Emilia dicevano che Irene
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le piace, ch’è l’uomo che lei muore
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Irene. A tavola – diceva l’Emilia – Irene teneva gli
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rossa ti diceva subito l’ora che potevi tornare
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delle tendine e far l’amore con lei sulla
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cosí sana che molti l’avrebbero sposata anche adesso
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fu per la Mora l’ultima allegria dell’anno
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arriva a Natale –; e l’indomani c’era il
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dei paesi intieri con l’osteria, il municipio e
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lui gli diceva con l’occhio del gatto: – E
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si sentivano i grilli, l’arietta di Belbo – ai
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in America, se ripresentandosi l’occasione e i vent
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e i vent’anni l’avrei fatto ancora. Gli
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non tanto era stata l’America quanto la rabbia
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nostro destino. Io tendevo l’orecchio alla luna e
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Voleva ammazzarmi ma non l’ho lasciato… Poi ha
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odore, – borbottò, – quest’odore. ¶ L’incendio era ormai finito
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buttata sulla nonna e l’abbracciava. Allora il Valino
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aspettava, tutto nero. Quando l’aveva visto col coltello
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che bestemmiava e ce l’aveva col prete. Poi
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prato perché il padre l’avrebbe visto come di
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carne. Gli dicevano che l’avrebbe trovato, che anche
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luccichío dell’acqua. Me l’ero dimenticato che l
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l’ero dimenticato che l’alba è cosí. ¶ Nuto
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noi, che tanto valeva l’avessimo fatto già prima
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e che il notaio l’aveva dovuta ragionare per
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o alla pioggia dietro l’aratro, fin che Irene
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Ma non so se l’abbiamo aiutata, forse era
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dopo la vendemmia o l’erba che continua a
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e le orecchie nude. L’Emilia diceva che non
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a capire tante cose – l’odore dei tigli e
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pazza. Ricomparvero alla Mora l’Arturo e il suo
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sapeva il francese e l’inglese e veniva da
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cena, e lei uscí l’indomani mattina. Il ragioniere
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per me Genova o l’America. Ne sapevo già
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disse a Irene – e l’Emilia sentí – ch’era
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per Genova, portandosi dietro l’oro e quei pochi
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sorella, e che tutti l’aspettavamo alla Mora. Tornarono
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Girarono tante voci che l’erede era lui solo
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semine. Nel Nido, fece l’inventario. Nuto, che venne
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risentii suonare il piano. ¶ L’inverno prima, l’Emilia
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piano. ¶ L’inverno prima, l’Emilia mi aveva prestato
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portavano via, si svegliava l’indomani in una cascina
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e lasciò a casa l’amico toscano. Il sor
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lo guardava adesso con l’aria di chi se
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a suo padre, strizzava l’occhio anche all’Emilia
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valeva un quattrino. ¶ Fu l’Emilia che ci disse
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domenica in chiesa dava l’acqua alla mano d
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Lo sposò in novembre, l’anno dopo che Silvia
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con la Serafina, con l’Emilia – non avrebbe mai
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offrir cene agli amici. L’anno dopo, l’unica
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amici. L’anno dopo, l’unica volta che venni
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chiese dove andavo. Aveva l’aria di voler chiacchierare
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di fiori. Le vedevo l’orecchio piccolo e rosa
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e rosa, forato per l’orecchino, la nuca bianca
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e allevato soltanto perché l’ospedale di Alessandria gli
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capra come le ragazze. ¶ L’altr’anno, quando tornai
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allora. Nuto ci strizzò l'occhio, sputò, si pulí
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le vecchie, i signori, l’incenso, tutte quelle candele
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bevevano una bottiglia dopo l’altra, e il parroco
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e io dovevo ripartire l’indomani per Genova. Passai
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i tuoi paesi. ¶ Traversammo l’alberata, la passerella di
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si trovava – la maceria l’aveva turato. Nella riva
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la terra bianca, secca; l’erba schiacciata, scivolosa dei
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a vent’anni non l’hai vista. Valeva la
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ricordo nemmeno piú chi l’ha vinta. Mi ricordo
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occhi, – io so come l’hanno ammazzata. C’ero
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alle tendine. ¶ Poi con l’estate del ’43 la bella
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Canelli, che aveva ripreso l’impiego alla Casa del
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allegri dal freddo. Lei l’aveva fermato. ¶ – Come va
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e dei no. ¶ Poi l’aveva riveduta al caffè
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Sport, lei stessa ce l’aveva chiamato uscendo sulla
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anch’io non ce l’abbia con quei vigliacchi
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perché il mio lavoro l’ho sempre fatto, nessuno
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ma non aveva osato – l’idea di mettere una
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venirgli. ¶ Invece a Santa l’idea venne e diede
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Nicoletto era insopportabile, e l’impiego di Canelli, dopo
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scappò da Canelli perché l’avevano avvertita che venivano
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i partigiani. La cascina l’hanno bruciata i tedeschi
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delle coperte. Ragazzi, pochi – l’accampamento l’avevano in
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Ragazzi, pochi – l’accampamento l’avevano in quei boschi
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Baracca gli disse che l’aveva fatto chiamare per
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il comitato di Nizza l’aveva fatto cader lei
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il pericolo, aveva fatto l’ultimo colpo e portato
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Canelli. C’era già l’ordine scritto. ¶ – Baracca mi
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e quando i partigiani l’avevano fermata su per
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i ragazzi che lei. L’avevano sempre veduta con
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mezzogiorno era tutta cenere. L’altr’anno c’era