Alessandro Tassoni, L'Oceano, 1622

i primi né seguiti: l’uno contiene la descrizione

d’una battaglia e l’altro un accidente amoroso

corrente; e credo che l’uso continuo gliel farà

loro più nobilmente spiegate; l’arditezza de’ traslati a

importa, Vostra Signoria secondo l’uso moderno ha premuto

trattano anch’essi eroicamente l’istesso suggetto e tutti

Gierusalemme e Virgilio ne l’Eneide e niuno si

niuno si ricora de l’Odissea, la quale, s

navigazione del Colombo a l’India Occidentale. ¶ Già per

tutti nudi, oltre che l’essere di natura pusillanimi

questo è un confondere l’Iliade con la Batracomiomachia

apertamene del verisimile e l’intelletto non può gustare

un esercito, percioché oltre l’esser chiaro ch’ei

inesperti. E per questo l’Ariosto, quando introdusse il

Orlando contra moltitudine vile, l’introdusse sempre solo. Però

costume di quelle parti. ¶ L’introdurre poi in India

possa fare, venendosi contra l’istoria a levare a

navi del Colombo, io l’ho per debole assai

tanto maggiormente sapendosi che ʼl Colombo a fatica ritrovò

fatica ritrovò uomini che ʼl seguitassero in quel suo

a le Canarie, dette l’Isole Fortunate, vegga Vostra

Canto I ¶ Cantiam, Musa, l’eroe di gloria degno

e al vero Dio l’offerse. ¶ La discordia de

La discordia de’ suoi, l’iniquo sdegno ¶ de l

l’iniquo sdegno ¶ de l’Inferno ei sostenne e

Inferno ei sostenne e l’onde avverse, ¶ e con

ardito e forte ¶ da l’inimico oltraggio e da

di se stesso ¶ può l’opre anco eternar dove

vele il domator de l’oceano ¶ e con le

con le prore a l’occidente volte ¶ si lasciava

e da tergo sonar l’onde spumanti. ¶ Era ne

ne la stagion che l’Alba apriva ¶ cinta di

affacciata al balcon de l’Oriente, ¶ parea languir mirando

a scherzar correan su l’onde. ¶ Sedeva in poppa

è il punto ¶ che ʼl nostro sole a l

l nostro sole a l’Oriente è giunto. ¶ Oscura

dormito; or s’incomincia l’ora ¶ che fuor de

al dì lucente. Ecco l’aurora. ¶ Questa via ch

il superbo re de l’aer denso ¶ e, antiveduto

dal nero seggio e l’empie man si morse

ministri a’ quai commessa ¶ l’aria avea d’Occidente

avea d’Occidente e ʼl mar profondo, ¶ grida lor

d’un uomo vil l’audacia oppressa ¶ e sommersa

non giunga mai che l’oceano asconde, ¶ io vi

io vi farò provar l’ire e gli sdegni

di catene eterne ¶ tra ʼl foco e ʼl giel

tra ʼl foco e ʼl giel de le paludi

re dell’ombre e ʼl guardo fiero ¶ volgendo a

Come nottole uscian per l’aer nero ¶ gli spiriti

lucenti ¶ e pareva che ʼl sole a quell’uscita

quand’ecco si turbàr l’aure soavi ¶ e l

l’aure soavi ¶ e l’onde si turbàr placide

placide e pure. ¶ A l’apparir degli empi spirti

venti, che dormian sovra l’arene ¶ del mar, ruppero

un momento, ¶ fuor che ʼl trinchetto, e piglia in

dai folgori tonanti. ¶ Crescono l’onde a tant’altezza

sponde, ¶ or traboccar fra l’anime rubelle ¶ sembran ne

e al romper de l’antenne e de le

già i nocchieri abbandonata l’arte. ¶ Tutto quel dì

forte a temer che l’ocean l’ingoi. ¶ Ciò

temer che l’ocean l’ingoi. ¶ Ciò che saggio

che d’Egitto a l’empio re mostrasti ¶ l

l’empio re mostrasti ¶ l’alto valor de la

sorte, ¶ e vegga de l’Inferno il seme rio

Ciel volando ¶ e fermò l’ali a i piè

del Redentore. ¶ Mirolla e ʼl guardo in Urriel girando

Urriel girando, ¶ che de l’ispano regno è protettore

pio, ¶ quando si scosse l’uno e l’altro

scosse l’uno e l’altro polo, ¶ e tremò

a volo ¶ folgorando venir l’angel di Dio; ¶ e

disperge e fiede ¶ con l’artiglio e col rostro

e la fracassa; ¶ cotal l’angel di Dio da

angel di Dio da l’alta sede ¶ sovra gli

e li disperge ¶ e ʼl nubiloso ciel colora e

e le procelle e l’ombre oscure e nere

con la spada ferir l’inique schiere ¶ e cacciarle

riveste ¶ d’azzurro, e ʼl mar che placa il

vento esser sospinte. ¶ Eran l’isole queste ove credea

isole queste ove credea ¶ l’antica età che de

estinte ¶ volassero a goder l’alme beate, ¶ e le

spinto; ¶ ma non può l’ira mai del vento

la terra piena; ¶ fiorite l’erbe e gli arbuscelli

fra le piagge e l’onda. ¶ Come alzaron la

di loro ¶ e da l’arco aventò due strali

Folgoraron le chiome a l’aura sparse ¶ e la

bianca la gonna e ʼl vago piè calzata ¶ d

si rinselvò, come avesse l’ale. ¶ Poi che sparita

da le viti ¶ pendean l’uve mature, e i

nascondeano immantinente ¶ e su l’avvicinar fuggian di mano

poi d’appresso ¶ scoccava l’arco e fuggia a

percosso acerbi guai ¶ per l’arciera crudel che ʼl

l’arciera crudel che ʼl percotea, ¶ né di seguirla

gli si mostrava ¶ ne l’aspetto gentil ch’ei

tigre ardente. ¶ S’altri l’età più ferma avea

nude le chiedea, ne l’onda chiara ¶ notar da

volere eguali, ¶ fin che ʼl desio di maggior copia

usurparsi e goder de l’altrui parte. ¶ Sdegnato, Giove

proveder s’accinse, ¶ nandò l’Onore e l’Onestade

nandò l’Onore e l’Onestade in terra: ¶ le

le dolcezze d’amor l’una restrinse, ¶ e l

l’una restrinse, ¶ e l’altro mosse a l

l’altro mosse a l’appetito guerra. ¶ Così del

stelle amiche. ¶ Come a l’estivo ardor l’autun

a l’estivo ardor l’autun succede ¶ co’ frutti

co’ frutti a ristorar l’altrui fatiche, ¶ così frutti

estiva i petti. ¶ Tempra l’autunno Amor l’arco

Tempra l’autunno Amor l’arco e ʼl focile

Amor l’arco e ʼl focile ¶ co’ dolci frutti

fia vostra ventura. ¶ Succederà l’autun co’ frutti amati

Ma il capitan, che ʼl suo periglio intese ¶ e

e le minacce e l’ire, ¶ ché non credeva

se la stanza e ʼl possesso ora lasciamo ¶ de

possesso ora lasciamo ¶ de l’isola beata ove noi

E non senza ragion l’antica etate, ¶ che ʼl

l’antica etate, ¶ che ʼl tutto seppe, in questa

la sede por de l’anime beate, ¶ che ʼl

l’anime beate, ¶ che ʼl pregio di natura a

pregio di natura a l’altre tolle. ¶ Qui la

qui felici intanto». ¶ De l’infiammato petto il dire

petto il dire ardente ¶ l’incauta gioventù commosse tanto

di non partir da l’amoroso lito. ¶ Con trecento

il minor fratello e ʼl maggior figlio ¶ conducea il

morte o rio destin l’opra contesa, ¶ potesse uno

in Occidente. ¶ Quantunque volge l’una e l’altra

volge l’una e l’altra riva ¶ de la

de la Liguria a l’Austro e al sol

Voi foste meco a l’alta impresa eletti ¶ e

vacillando seco era rimaso, ¶ l’ancore svelse e uscì

le vele spiegò verso l’Occaso, ¶ gridando da la

sa, né si sgomenta. ¶ L’isola gira e di

il vento, né più l’isola apparte. ¶ Qual tortore

allontana da lor spiegando l’ale; ¶ tal il Colombo

Colombo in fino a l’altra aurora ¶ col vento

in un tempo a l’Oriente ei torse; ¶ prese

diede segno ¶ ch’a l’isola tornar facea disegno

se ritorna pur, sì l’attraversa ¶ che va girando

lento ei riede. ¶ Vince l’industria al fin l

l’industria al fin l’aura perversa ¶ e già

ma sì stentata è l’opra e così lunga

e frenasti del mar l’impeto rio, ¶ tu dammi

tratto d’errore». ¶ Su l’ali de la Fede

la magion celeste: ¶ e ʼl messaggier divin, che stava

de la tartarea peste, ¶ l’aurate piume giù dal

gisse il Colombo a l’Occidente ¶ e che più

ma poi che ritornar l’ebber veduto ¶ contra il

contra il furor de l’Aquilone algente, ¶ ne le

i venti, e restàr l’aure immote. ¶ E avean

di scherno vinto, ¶ se l’angelo di Dio non

sua magion tenea. ¶ A l’isola felice il duce

il duce spinto ¶ su l’ora nona il quarto

naviganti segni; ¶ e a l’approdar de le tre

e diserto ¶ corse ne l’onda a rischio di

che il sol ne l’ocean s’immerse ¶ e

illusion s’offerse ¶ a l’agitat’Oreste e d

di tamburi il suono ¶ l’orecchie ad or ad

in fin ch’uscì l’aurora. ¶ Quand’al fin

aurora. ¶ Quand’al fin l’alba in Oriente apparve

le selvette ombrose; ¶ e l’isola restar vedemmo piena

le lor fole; ¶ e l’isola deserta intanto lassa

qual si convien a l’Oceano immenso. ¶ Canto II

rai del sol nascente ¶ l’Aurora uscìa de la

le finestre apria de l’Oriente, ¶ mirando il tremolar

ligure eroe sorse repente, ¶ l’ancore svelse e a

ancore svelse e a l’aura mattutita, ¶ là dove

il sol piegando a l’Orse, ¶ da l’Atlantico

a l’Orse, ¶ da l’Atlantico mar le vele

e tacevan del mar l’ire e gli sdegni

e gli sdegni, ¶ e ʼl vento, dianzi sì perverso