parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Matilde Serao, Il romanzo della fanciulla, 1886

concordanze di «la»

nautoretestoannoconcordanza
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1886
le strade cattive, per la pessima manutenzione dei fili
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1886
correnti s’intrecciavano. E la voce triste di Clemenza
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linea dell’orizzonte, dietro la collina di San Martino
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il capoturno, che aveva la faccia stanca e annoiata
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della sezione femminile, chiamò la vice-direttrice e le
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Non comunico più con la Sicilia. ¶ E si guardarono
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subisce un guaio irreparabile. La direttrice ritornò in mezzo
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alle ausiliarie e comunicò la notizia. ¶ — Non si corrisponde
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dell’aria che colpivano la linea e spezzavano i
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una scarica, — aveva raccomandato la direttrice. ¶ Ma qualcuna ci
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labbra muoversi, come per la preghiera. Peppina De Notaris
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scritto alla direttrice. Ora la più bella della sezione
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dalle cose che dicevano. La verità, sul caso della
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mal fatto. E anche la direttrice era stata tre
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era venuta via con la faccia stravolta e le
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Juliano, che colpiva tutta la sezione: una disgrazia non
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Magliano, e poco dopo la vice-direttrice annunziava: ¶ — Un
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a riprese. In questo la direttrice entrò, vestita di
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a discorrere piano con la vice-direttrice: le ausiliarie
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vice-direttrice: le ausiliarie la guardavano, subitamente diventate pallide
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pericolo: linee alla terra! ¶ La vice-direttrice esitò un
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da una improvvisa morte: la corrente era morta. E
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quando Tecla Brancaccio entrò, la prima, col suo fermo
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portando anche quel giorno la sua giacchetta da uomo
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bianco, alto e chiuso, la cravatta maschile e lo
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altro; — rispose Tecla con la sua voce un po
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po’ quadrato, si leggeva la pazienza e la forza
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leggeva la pazienza e la forza, la volontà indomabile
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pazienza e la forza, la volontà indomabile che si
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posto, tirò a sè la cesta del lavoro che
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1886
di ferro bucavano rapidamente: la cucitrice non levò neppure
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fosse mai arrivata! — esclamò la bellissima fanciulla, snella come
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t’ho fatto leggere la lettera di mia zia
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lo darò a Concetta, la cameriera. ¶ — E tua zia
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era povera, nobilissima, con la famiglia carica di debiti
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ne spendeva in anticipazione la rendita. Giulia si mise
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1886
che aveva dirimpetto: e la flessuosa persona si chinava
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ombreggiavano delicatamente le guancie, la bocca rossa sembrava un
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grembialino da bimba; e la finissima fisonomia, non bella
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occhi calmi ma profondi, la bocca pensosa, si curvavano
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anni. E subito recitarono la lezioncina, come bambole ben
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un momento interdette, ripresero la lezione. ¶ — Sta bene mammà
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da bimbi da orlare. La specialità delle sorelline Sannicandro
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incontro degnò sorridere, offrì la guancia bruna e fredda
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armonia di movimenti, strofinandosi la mano destra dove una
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bontà d’animo, marcava la biancheria con tanta dignità
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che pareva sempre considerasse la immensa felicità di quei
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infanzia potevano già avere la fortuna d’indossare una
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il coltellino che riceveva la trasmissione di Salerno, che
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lei e precipitava talmente la propria trasmissione, che non
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Svelte, signorine, svelte, — strillava la vice direttrice. ¶ — Abbiamo un
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un grave ritardo, — mormorava la direttrice, girando attorno ai
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diceva niente, vedeva tutto: la faccia pallida di Annina
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se non potesse reggerlo; la pazienza angelica di Clemenza
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e tutti volevano avere la precedenza; il tormento di
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a litigare fra loro; la perizia di Peppina De
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più che a leggere, la trasmissione del corrispondente di
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lustri, le trecce disfatte, la mano nervosa che forte
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stringeva il tasto, e la voce velata che chiedeva
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nel pomeriggio era venuta la fine pioggia autunnale, la
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la fine pioggia autunnale, la pioggia che bagna sempre
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morti. E per tutta la prima settimana di novembre
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qualche intervallo in cui la pioggia smetteva, come per
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bagnate, certi scialletti che la pioggia faceva stingere; finanche
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erano venute le pioggie, la colazione di quelle che
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pesante, caldissima, che bruciava la lingua e lo stomaco
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lo stomaco. Gabriella Costa, la piccola Lavallière, detta così
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lite fra Gaetanina Galante, la inserviente, e le ausiliarie
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lire, di dieci, secondo la somma. Il giorno in
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era il terrore che la direttrice o il direttore
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servizio, dicendo che per la pioggia non vedeva più
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1886
interrotte. Dopo tre giorni, la linea delle isole che
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sottomarina, principiò a soffrire: la corrente giungeva a intervalli
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più nessuno. Tutta pensosa la vice-direttrice andò alla
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1886
direttrice, — mormorava l’ausiliaria, — la nostra pila è troppo
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che posso farvi? — rispondeva la direttrice, desolata. ¶ — È inutile
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non mi sentirà mai. ¶ La corrente partendo o giungendo
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capriccioso e strano che la prendeva a sbalzi, che
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per due ore e la prostrava per una giornata
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1886
per una giornata, che la faceva balzare, subitamente ringagliardita
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balzare, subitamente ringagliardita o la immergeva in una debolezza
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niuno ha ancora spiegato, — la grande efficienza naturale, inesplicabile
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come il calore, come la luce, — la corrente elettrica
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calore, come la luce, — la corrente elettrica, forza, volontà
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e nella sua potenza. La torcevano per dolore, certe
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non arrivano. ¶ — Rendete sensibile la macchina. ¶ Si smontava la
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la macchina. ¶ Si smontava la macchina, si regolava più
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di orologeria, si accorciava la spirale per farle sentire
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per farle sentire meglio la corrente, si accostava il
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1886
un capello della carta. La macchina, così regolata, pareva
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1886
temperamenti umani, in cui la vibrazione è immediata, in
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dispersione su Bologna. ¶ Pure la telegrafista restava alla sua
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sempre di poter corrispondere. La malattia della corrente era
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1886
E con questa incertezza, la telegrafista passava le sue
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profondo: ¶ — Che hai? — domandava la Caracciolo che ci si
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erano i contatti. Per la pioggia, per le strade
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salvazione. Ogni volta che la direttrice apriva la bocca
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che la direttrice apriva la bocca, trasalivano: ma ella
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direttore subito ribatteva, ricominciando la sua perorazione. Alle otto
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Al diavolo Galvani, Volta, la bottiglia di Leyda, la
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la bottiglia di Leyda, la pila di Daniell, il
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solfato di rame e la emancipazione della donna.... ¶ — Aquila
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della donna.... ¶ — Aquila dà la buona notte, — disse Adelina
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permetta più di dare la buona notte, e che
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quelle fanciulle era piombata la grande stanchezza finale, l
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senza aver più neanche la forza di levarsi su
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gusto. ¶ — Napolj-Chiaja dà la buona notte. ¶ — Mancano tre
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severità, questa volta. ¶ Finalmente la voce liquida della direttrice
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ventuno: signorine, date pure la consegna. ¶ Le telegrafiste sfilarono
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senza fretta salutando solo la direttrice, poichè il direttore
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e le altre non la invidiavano: la guardavano, un
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altre non la invidiavano: la guardavano, un po’ meravigliate
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voglia di acconciarsi. Ma la sua civetteria, tutta languori
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di merletto; e tutta la bella persona, dalle dita
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infinita. Esse uscivano di , salutandosi fiocamente, senza baciarsi
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baciarsi, come istupidite, con la faccia rilasciata nella fatica
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casa. ¶ — Che è? — chiedeva la madre di Giulietta Sorano
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Achard: Maria Vitale piegava la testa sotto il peso
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fanciulle ascoltavano, trasognate, con la sensazione di un grosso
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altro: — cioè se avevano la disgrazia di restar telegrafiste
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a scrivere qualche cosa. La prima, Rachele Levi, una
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di servizio. Grazia Casale, la bruna grassotta, tutta profumata
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sua, dal letto, dove la bronchite l’aveva gettata
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l’aveva gettata per la terza volta, che sentendosi
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una fatica immensa, con la paura continua di un
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di telegrammi in mano. La porta di comunicazione con
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1886
porta di comunicazione con la sezione femminile era semiaperta
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ognuna a una macchina; la direttrice andava e veniva
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direttrice andava e veniva. La vice-direttrice, piccolina, coi
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pronte, l’occhio vivo, la parola alta e breve
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tutto quell’ingranaggio, dando la corda al congegno con
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ne avete? ¶ — Sessantaquattro, — era la risposta recisa. ¶ Esse impallidivano
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risposta recisa. ¶ Esse impallidivano. La moltiplicazione dei telegrammi era
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onore insperato — lo aveva la sezione femminile, che sin
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aveva mai corrisposto con la capitale. A quel filo
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quella che riceveva meglio, la Borrelli. Con le lenti
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bocca, senza mai levar la testa, senza muoversi, senza
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ricominciava a ricevere, con la bocca arida, le dita
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so ricevere. Quello affrettava la trasmissione, rapidissima, di una
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più forti, se non la più forte, della sezione
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forte, della sezione femminile. La mattina si erano scambiata
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appena il corrispondente dava la firma del suo dispaccio
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dispaccio, Peppina Sanna aveva la mano sul tasto per
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Napoli, rapidissimo, saltellante, sotto la ferma mano di Peppina
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ma con voce tremante, — la matrigna è buona. ¶ — Non
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contristata per sè, per la compagna, affogata dal raffreddore
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Vitale? Perchè piangete — domandò la direttrice. ¶ — Niente, niente, — borbottò
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il numero 358 del giornale La Spira, poichè il suo
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furono pronti a ricevere la circolare del sequestro: per
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telegramma del sequestro: ¶ — Valeva la pena di scomodarci per
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e Cassino, visto che la conversazione non attecchiva, si
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Peppina De Notaris, malgrado la sua presenza di spirito
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chi trasalì, chi sorrise. La sapevano tutte, quella appassionata
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abbi fede, abbi pazienza. La soave leggenda sentimentale circolava
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Peppina De Notaris era la prima ad andarsene, salutando
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senza ringraziarlo. ¶ — Signorine, — avvertì la direttrice, — non dormite, perchè
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aveva prestato: ella era la prediletta, perchè non parlava
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Immacolata Concetta Santaniello, detta la bizzochella, per farsi merito
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si mise a leggere la convenzione di Pietroburgo, per
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il servizio telegrafico internazionale. La prima a muoversi dal
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a una festa? — chiese la direttrice guardando il vestito
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lanetta bigia, poverissimo, e la sciarpa al collo scarno
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lungo corpo mascolino. Venne la volta di Caterina Borrelli
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Marini. ¶ — Che si recita? ¶ — La Messalina, di Cossa. ¶ La
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La Messalina, di Cossa. ¶ La direttrice aggrottò le sopracciglia
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a ballare anche lei. La direttrice prometteva di dirlo
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ora, guardavano continuamente verso la porta donde soleva entrare
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plotone di soldati, e la cui collera fredda e
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spalle, non salutava che la direttrice e ronzando attorno
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giungevano sino a desiderare la sua presenza: almeno per
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il Natale; pranzando con la vice-direttrice. ¶ — Borrelli, sei
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Annina Pescara confidò subito la notizia a Ida Torelli
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notizia a Ida Torelli, la diceria circolò a voce
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circolò a voce sommessa. La discussione era: la vice
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sommessa. La discussione era: la vice-direttrice può conservare
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fra il marito e la moglie. ¶ — Ma che? la
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la moglie. ¶ — Ma che? la vice-direttrice è un
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mai nominata. Pasqualina Morra, la poetessa? Troppo giovane, molle
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esclamò, con accento desolato, la Borrelli. ¶ — Eccolo qua: vuole
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una voce, alle spalle. ¶ La Borrelli, malgrado la sua
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spalle. ¶ La Borrelli, malgrado la sua improntitudine, rimase interdetta
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aspettando, guardandola freddamente, con la dominazione tranquilla degli uomini
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uomini che non subiscono la femminilità. ¶ — .... nulla, grazie; — mormorò
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nulla, grazie; — mormorò stupidamente la Borrelli. ¶ Il direttore, come
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i telegrammi fermi, per la chiusura festiva degli uffici
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le altre, guardavano supplichevolmente la direttrice, quasi la implorassero
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supplichevolmente la direttrice, quasi la implorassero di alzarsi dal
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le otto e mezzo. La direttrice non capiva o
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n’era andato verso la porta a tamburo della
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altra che le reggeva la guancia: ogni tanto le
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discorrere, energicamente, senza alzar la voce. Le ragazze che
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quarto d’ora rappresentasse la loro salvazione. Ogni volta
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ruota dove si svolgeva la carta, col piccolo braccio
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movibile di acciaio, con la chiave per dare la
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la chiave per dare la corda che pareva l
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punto lucido, qua e : la campanella di vetro
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lucido, qua e là: la campanella di vetro che
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da voi Torelli? — domandò la direttrice, dal suo posto
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risposto, direttrice. ¶ — Va bene. ¶ La conversazione sulla linea, salvo
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per gli errori, per la incapacità; per la conversazione
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per la incapacità; per la conversazione col corrispondente, non
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l’ammonizione, poi con la censura, una pena gravissima
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quarti del genere umano. La discussione sentimentale ferveva sulla
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bisogno di lasciar correre la carta; poi, per non
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tasto, aveva stretta moltissimo la vite del tasto, che
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più inesperta, lasciava correre la carta, strappandola pezzo a
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erano fatti apposta per la corrispondenza proibita: gli impiegati
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lavoro, e veniva loro la voglia di chiacchierare; le
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a tanta distanza, lusingava la loro fantasia. Questo accadeva
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della peccatrice si leggeva la compiacenza dell’ingannuccio che
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1886
che commetteva. ¶ — Pescara? — chiamò la direttrice. ¶ — Direttrice? — trabalzò colei
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1886
trabalzò colei, spaventata appoggiando la mano al tasto fortemente
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1886
Borrelli, che aveva sempre la malizia in risveglio, disse
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E Faraone, tranquilla, con la voce strascicata: ¶ — Si va
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non vi è niente. ¶ La direttrice non si accorgeva
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scuola, che ora faceva la maestra rurale, in un
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1886
del suo posto: pure la lettera era malinconica. Anche
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lei, povera donna, cadeva la stessa tristezza di tutte
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a pranzo, a giuocar la tombola e si preparavano
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delle persone amate. Levava la testa e guardava tutte
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1886
chi sonnecchiando, chi con la fronte fra le mani
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mani, chi discorrendo con la vicina a voce bassa
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le sgridava più, sentendo la mestizia di quelle lunghe
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le disse, lieve lieve, la voce di Clemenza Achard
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mai, non alzando mai la voce, cercando di ecclissarsi
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a qualcuna che ne la pregava; ella prestava il
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se ne andava sotto la pioggia a casa sua
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1886
dammi il cambio. ¶ Ebbene, la mite creatura non aveva
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1886
con poca delicatezza. Quando la direttrice lo aveva saputo
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1886
poi un mostacciuolo, che la comare mi aveva regalato
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1886
mi aveva regalato. Tutta la famiglia mia avrà pranzato
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1886
al Fondo: si fa La figlia di madama Angot
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1886
essi che hanno avuto la consolazione di godersi il
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1886
quell’ora? con tutta la buona volontà, sono così
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1886
mammà che ha perso la salute coi figli; ma
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1886
Quando tutti si godono la festa, noi in ufficio
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1886
Niente, niente, questa è la schiavitù. ¶ — Perchè non hai
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1886
Perchè non hai fatto la maestra? — domandò Achard, dopo
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1886
altro giorno, non è la stessa cosa? Poi, chi
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1886
Achard, avrai dei guai. La matrigna ti tormenta? ¶ — No
241
1886
imbarazzo le vinceva. Ella, la prima, entrò nel salone
242
1886
al suo posto, dietro la scrivania, scrivendo in certi
243
1886
registri, pian piano, con la testa inclinata, come si
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1886
Caterina Borrelli, che era la miope più insolente, rialzandosi
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1886
avvolgeva il cappello e la testa, con un ombrello
246
1886
capelli neri e ricciuti, la bocca rossa e schiusa
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1886
o tre, sogguardando verso la direttrice, che scriveva sempre
248
1886
che scriveva sempre, con la sua posa composta di
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1886
squillo del timbro e la voce liquida della direttrice
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1886
apatia quasi serena. Cominciavano la loro giornata di lavoro
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1886
cuscinettino girante, chi provava la elasticità del tasto. Poi
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1886
in ufficio. Nessuna levava la testa, a guardarne, sui
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1886
a guardarne, sui vetri, la striscia sottile. ¶ II. ¶ A
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1886
telegrafica s’intese. Nessuna la udì: le poche ausiliarie
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1886
il rosario; Pasqualina Morra, la poetessa, leggeva un volumettino
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1886
collo, sonnecchiava; Annina Caracciolo, la indolente, guardava in aria
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1886
chi chiacchierava sottovoce con la vicina, chi fingeva di
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1886
per non muoversi. Ma la chiamata risuonò, più viva
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1886
dita della mano sinistra la striscia di carta e
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1886
prime parole ella chiamò la sua indivisibile amica. ¶ — Borrelli
261
1886
amica. ¶ — Borrelli, vieni qua. ¶ La Borrelli piegò un giornaletto
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1886
stava leggendo di nascosto, la Farfalla, se lo cacciò
263
1886
corse dalla sua amica. La Borrelli, ora, leggeva anch
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1886
così; — ribattè Borrelli, facendo la dottoressa. ¶ Il telegramma d
265
1886
da questo amore, nè la guerra degli uomini, nè
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1886
sempre. ¶ — Quanta rettorica! — esclamò la Borrelli. ¶ — Questo telegramma viene
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1886
viene da Casacalenda? — chiese la De Notaris, avvicinandosi. ¶ — Sì
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1886
ricevuto anch’io, — disse la De Notaris. ¶ — Questo è
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Pescara, tutta fiera, rizzava la piccola persona sulla poltroncina
270
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tutte intente: Ida Torelli, la scettica, sogghignava: Caterina Borrelli
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1886
meno sfortunati. Adelina Markò, la bellissima, aveva due o
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1886
due anni. Maria Morra, la filodrammatica, amava fedelmente da
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1886
recitando insieme con lei la Celeste di Marenco e
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Celeste di Marenco e la farsa: Un bagno freddo
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studiare altri due per la laurea, altri tre per
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subito le discussioni cessarono. La direttrice era venuta dall
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disse Caterina Borrelli, con la sua improntitudine. ¶ — Che telegramma
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dinanzi ad Annina Pescara, la direttrice lo lesse. Le
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umiliate ai loro posti, la guardavano per leggere sul
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della porta, che divideva la sezione maschile dalla femminile
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dimentichino, in questo luogo, la storditaggine e l’imprudenza
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cattiva, ma sentiva moltissimo la sua responsabilità e tremava
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e tremava continuamente che la sua sezione sfigurasse innanzi
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Che ore sono? — domandò la De Notaris. ¶ — Le diciassette
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lieve lieve, Clemenza Achard, la sua vicina. ¶ E dopo
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Ida Torelli. ¶ — Grazie, — disse la De Notaris, e segnò
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non vi era lavoro, la direttrice aveva dato ordine
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stranamente sui tavolini, con la loro ruota dove si
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confusamente, avrebbe voluto pregare la Madonna che la lasciasse
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pregare la Madonna che la lasciasse dormire, al mattino
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il corpo: dormiva, con la faccia tra le mani
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disse l’altra, con la malinconia di una voce
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eh? — insistette Maria, con la sua aria saggia e
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invulnerabile. ¶ — Sempre. ¶ — Ci perderai la salute, Scarano. ¶ — Così fosse
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contristava subito. ¶ Scendendo per la via di Monteoliveto, erano
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Monteoliveto, erano giunte presso la fontana, Giulietta Scarano assorbita
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mammà ha cacciato Carolina, la serva che mi voleva
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mandarle senza. Chissà, Galante, la nostra inserviente, potrebbe aiutarmi
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pauroso: e per scoprire la dovizia meravigliosa di due
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capelli, che le tiravano la testa indietro, pel peso
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mi è antipatica, — disse la Vitale. ¶ — Non è cattiva
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è cattiva, però, — rispose la Scarano, con la mitezza
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rispose la Scarano, con la mitezza delle anime innamorate
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freddo! — disse ella con la voce molle e seducente
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seducente. ¶ Si lisciava, con la punta delle dita, i
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aveva reso più vivida la bella bocca dalle labbra
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carnagione dorata di bionda. La leggiadra e flessuosa persona
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i vestiti, per comperare la biancheria del corredo. Quando
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volpe maligna. ¶ — È venuta la direttrice? — chiesero, quasi in
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in quell’anticamera tetra, la burocrazia avvinghiava l’anima
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chi seduta, chi presso la finestra per avere un
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cupo ed esse sbassavan la voce per istinto. L
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mantelli: quelle più poverine, la colazione portata da casa
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a una speciale linea. La direttrice, con la sua
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linea. La direttrice, con la sua scrittura rotonda e
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d’ordine che porta la linea, dirimpetto il nome
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Avellino? — esclamava Ida Torelli, la seconda sorella. — Io con
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che non può soffrire la sezione femminile. Lo chiamate
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sto con Genova, — rispondeva la Markò con una voce
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che non è divertente. La linea è così lunga
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è così lunga che la pila non basta mai
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pila non basta mai: la corrente è variabilissima: ora
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Che! all’undecimo minuto la linea si guasta. I
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Ora in queste coppie, la direttrice non univa mai
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Maria Morra si ripassava la parte di Paolina nei
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teatro di San Ferdinando; la sua compagna, Sofia Magliano
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guarire dall’anemia che la minava; e Annina Pescara
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e Annina Pescara aveva la bella faccia rotonda tutta
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che mandasse per qualcuno la lettera a Mimì. La
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la lettera a Mimì. La Galante diceva di no
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Scarano impallidiva, le tremava la voce innanzi a quella
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a quella serva che la torturava, con un rifiuto
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giunse sino a prenderlo la mano, raccomandandosi. ¶ A un
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un zittìo passò: entrava la direttrice. Subito, in coro
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tutto il volto aveva la grassezza molle, il pallore
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dovessero congiungere solo per la preghiera, nella limpidezza inespressiva
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PREFAZIONE. ¶ La prima parola a me
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tra loro, o contro la comune matrigna, la critica
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contro la comune matrigna, la critica. La prima parola
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comune matrigna, la critica. La prima parola a me
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Goncourt, romanzo e prefazione; la prefazione è ambiziosa, il
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il romanzo è povero. La prefazione promette assai e
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non ha potuto studiare la fanciulla nel vivo, come
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delle fanciulle. Come se la fanciulla si confessasse mai
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al sole del matrimonio, la fanciulla si sviluppa in
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passi con precauzione; e la sua anima non si
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della fanciulla sente acutamente la vita, in un contrasto
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documenti umani. Aspra è la battaglia nella vita femminile
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Giobbe è fatto per la fanciulla. ¶ Ora, anch’io
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tratto della vita, anzi la varia fortuna mi ha
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alcune nella felicità per la morte; — ma l’immagine
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l’oggetto? o perchè la memoria fanciullesca è più
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me, in questo libro, la mia psicologia è fatta
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terrazze napoletane ove giunge la malinconìa del mare lontano
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mi turbano, mi tolgono la serenità necessaria a comporre
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queste pagine passavano sotto la corsa nervosa della mia
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nell’anima mia, con la faccia di un tempo
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di un tempo, con la voce di un tempo
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ricominciavano, il dolore rideva, la morte parlava. Poichè voi
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parlava. Poichè voi che la vita ha dolorosamente colpito
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sembravate vive. Insieme vivemmo la vita di questo libro
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non passava un’anima: la bottega del fabbro era
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fabbro era ancora chiusa, la tipografia del Pungolo era
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e il cielo aveva la chiarezza fredda, la tinta
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aveva la chiarezza fredda, la tinta metallica e finissima
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mattina, cominciava il fastidio: la madre si destava prestissimo
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e dall’altra stanza la chiamava: ¶ — Mariè? ¶ — Mammà? ¶ — Alzati
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tranquille. Dopo cinque minuti la madre la chiamava di
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cinque minuti la madre la chiamava di nuovo, a
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lettuccio quella fanciullona robusta, la madre taceva, vinta: e
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padre, l’ebanista, con la sua grossa voce: ¶ — Mariettella
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alzati: se no, paghi la multa. ¶ Ella, allora, si
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tenda. Andava a lavarsi la faccia in cucina: invece
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non aveva l’orologio; la direttrice aveva segnato questo
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prendeva il Governo per la ricchezza mobile e altre
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ingiustizia, come quando, piccoletta, la battevano per una colpa
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suo lettuccio caldo, con la guancia affondata nel cuscino
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andare? Il venticello gelido la infastidiva, mandandole in faccia
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infastidiva, mandandole in faccia la polvere di via Toledo
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col cappello di traverso, la treccia che si disfaceva
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treccia che si disfaceva, la cravatta a rovescio, e
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e umida, non fredda, la calmarono. Sedette in uno
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hanno il soldo per la sedia di paglia, e
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morta l’anno prima, la salute di sua mammà
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porticina fu richiusa, mentre la monaca, con le altre
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e ridicola delle oche; la madre, meno male, non
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scura e aveva serena la faccia; ma Eugenia era
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che l’affogava e la ingrossava per la sua
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e la ingrossava per la sua tinta chiara, e
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piede grasso e rotondo. La serva dietro, poi, era
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tre donne ebbero attraversata la sala, il movimento dei
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rumore del mare, mentre la brezza agitava le grandi
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fronte sudata. ¶ Elvira Brown, la bellissima fanciulla napoletana, maritata
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sommessamente con Margherita Falco, la sua futura cognatina, la
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la sua futura cognatina, la fidanzata di suo fratello
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era poi irragionevole, malgrado la cocciutaggine naturale dei vecchioni
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non sai, — mormorava, crollando la bellissima testa, Elvira Brown
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ella non poteva misurare la gelosia malvagia di quel
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geloni, che aveva voluto la moglie giovine e bella
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giovine e bella, che la copriva di stoffe e
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e di brillanti e la torturava coi suoi capricci
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gridava: chiamate, rivolto verso la sala, gridava: ¶ — Trentotto! ¶ Invece
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Manetta, quieta, quieta, con la sua aria tranquilla, era
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e fremeva d’impazienza; la sorellina Adelina, una furba
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avrebbe visto Vincenzino, conservava la sua calma di fanciulla
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mandato in giro Adelina, la minore, per cercare di
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Adelina aveva gironzato per la sala, aveva bevuto dall
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sorella, che voleva aspettare. ¶ La sala si stipava sempre
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sorelle De Pasquale con la madre, le due filodrammatiche
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ma coi mustacchi come la madre, un donnone che
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si affannavano a esprimere la passione nella Gerla di
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di Elena de Pasquale, la più carina delle due
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simpatica. ¶ Dietro di lei la madre, una donna piccola
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Galanti, che erano buonine, la chiamarono. Vi fu uno
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mormorò Enrichetta. ¶ Si guardarono, la madre e lei, un
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stentando a vivere con la magra pensione, si attaccavano
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conosciute nel collegio, dove la munificenza governativa le aveva
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casa di Eugenia Malagrida, la grassona brutta e ricca
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purchè costei, ogni tanto, la portasse a teatro, la
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la portasse a teatro, la invitasse a pranzo, la
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la invitasse a pranzo, la conducesse in carrozza. ¶ La
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la conducesse in carrozza. ¶ La povertà, il desiderio di
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vedere, per trovare marito, la inducevano a una esistenza
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a Eugenia Malagrida, perchè la portasse seco. Ma dovevano
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nel camerino, scordandosi con la noncuranza delle persone felici
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delle persone felici, che la sua amica non avrebbe
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saluti e di sorrisi, la signora Brown e Margherita
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lo aveva preso per la famiglia della sua innamorata
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famiglia della sua innamorata, la quale non giungeva ancora
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tanto che Riccarda Galanti, la morettona, se ne accorse
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si rischiarò: sua madre, la grassa serva dal volto
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indietro sulla fronte, dondolando la borsettina di pelle gialla
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preghiera era Chiarina Althan, la creatura buona e intelligente
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segreto che aveva distrutto la vita di Eva Muscettola
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Muscettola, ella sola aveva la misura di quel sacrifizio
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quel sacrifizio, ella compiangeva la fanciulla, ma pregava per
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dalle due matrine, riattraversò la chiesa, uscì dalla porta
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di Eva, qualche voce la chiamò, ma ella non
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ella non udì, come la prima volta. La madre
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come la prima volta. La madre era rimasta sull
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sull’altar maggiore: tutti la guardavano, per distinguere se
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di distanza, veder finita la propria casa: un giovinotto
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cuore di madre. Ma la duchessa non levava il
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monacazione della sua figliuola: la famiglia era distrutta da
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tutto l’apparato mondano. La bruna tonaca delle monache
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badessa, si avanzò verso la monacanda, benedì il bianco
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volto nessuno. Conservava sempre la stessa fisionomia pacata, che
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sempre visto vivacissimo, feriva la fantasia più di qualunque
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e stringendoli nel pugno: la badessa, una vecchietta curva
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nel vano della porticina. La novizia, inginocchiata, pregava, si
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il moto delle labbra: la vecchia badessa impugnò un
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fascio dei capelli, che la monaca teneva stretto e
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dell’acciaio sul collo, la novizia trasalì per un
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come se gli mancasse la vita. Elfrida Kapnist, contessa
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Kapnist, contessa Galeota, abbassata la testa dai bruni capelli
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capelli ricciuti e ribelli, la testa di boema libera
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buttato un velo nero. ¶ La funzione non finiva ancora
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funzione non finiva ancora: la novizia Muscettola, per sommo
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l’anno del noviziato, la vocazione sua era così
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servita di esempio. Dunque la novizia si era levata
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scritta in latino: ella la leggeva lentamente, lentamente, ma
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voce che aveva già la monotonia delle voci monacali
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delle voci monacali. Era la lunga formula del giuramento
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e perpetua clausura. Tese la mano, giurò con voce
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con voce tranquilla: prese la penna che le porgevano
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che le porgevano, firmò la pergamena, dopo lei firmarono
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pergamena, dopo lei firmarono la badessa e il cardinale
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secco e rauco. ¶ Poi la funzione divenne più lugubre
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monache vi condussero Eva, la fecero distendere supino, come
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le mani sul petto, la coprirono con una coltre
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grossi ceri: e subito la campana di Santa Chiara
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viva. Eva, nascosta sotto la coltre, rigida come cadavere
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santa; le monache, con la croce, giravano in processione
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avrebbe voluto esser lei la monaca, Felicetta Filomarino, l
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finestroni velati di rosso; la campana da morto risuonava
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te Christus! Tre volte la evocazione fu ripetuta, le
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ripetuta, le monache sollevarono la coltre mortuaria, Eva si
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in piedi. Il cardinale la benedisse e scomparve dal
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dal coro: le monache la baciarono, una alla volta
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baciarono, una alla volta. La porticina fu richiusa, mentre
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1886
quella che vive fra la Scozia, l’Inghilterra e
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1886
di S. Chiara, per la casa Muscettola, non erano
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matrimonio aveva turbata tutta la società, vi aveva introdotto
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uscendo da una bisca, la gente era intervenuta: i
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Maria Gullì-Pausania solo la nobiltà siciliana era intervenuta
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valletti vestiti alla medioevale, la moschetteria al ritorno, nella
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Eugenia Vargas d’Aragona: la vivace, chiassosa, simpatica creatura
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1886
amante di suo marito, la morte le era parsa
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1886
non voleva morire, che la salvassero, per carità, quelli
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1886
soffocarlo; morì disperata. Ora, la stessa gente, più numerosa
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più numerosa forse per la novità della funzione, era
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1886
Alle undici in punto la novizia entrò nella chiesa
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1886
l’attraversò in tutta la sua lunghezza, per recarsi
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1886
lietamente, dava a tutta la faccia come un subitaneo
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1886
Pareva un’altra: con la morte del sorriso, Eva
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del sorriso, Eva Muscettola, la novizia, erasi trasformata. Un
497
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si volse neppure, continuò la sua strada, come se
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1886
venivano le due matrine: — la principessa di Tricarico, la
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la principessa di Tricarico, la gran dama mistica e
500
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e dalle preghiere; e la duchessa della Mercede, una