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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «le»

nautoretestoannoconcordanza
1
1950
qualcuno la vedesse e le facesse una foto, da
2
1950
anche nuda, anche con le gambe larghe sulla scala
3
1950
servirle non so; quando le chiedevo perché veniva a
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1950
stava sempre a lisciarsi le rughe e piegarsi i
5
1950
tempi, parlandole, io nascondevo le mani e coprivo la
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1950
via, ma lei guardandosi le ginocchia – era seduta accanto
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1950
per sempre dai suoi. Le chiesi quando partiva. – Anche
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1950
time. ¶ Riportandola alla pensione le dissi che potevamo aggiustarla
9
1950
un mezzo sorriso, guardandosi le ginocchia, corrugando la fronte
10
1950
bionde e di brune – le ho cercate, ci ho
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1950
e ho capito che le figlie del sor Matteo
12
1950
Matteo non erano poi le piú belle – forse Santina
13
1950
crescono nei giardini sotto le piante da frutta. Ho
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1950
coppi, per ricordarsi che le padrone eran loro, loro
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1950
in giardino a tagliare le rose. E qualche volta
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1950
fresco, a sentir cantare le ragazze. E poi tra
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1950
il sor Matteo girava le vigne, in quei giorni
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1950
rivoluzione, che Silvia sbatteva le porte e Irene si
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1950
per loro, per riempire le cantine e le tasche
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1950
riempire le cantine e le tasche del sor Matteo
21
1950
l’avesse fatto apposta? Le tre donne non lasciavano
22
1950
salta, l’altra sbatte le porte. Se gli prude
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1950
ricco, che nemmeno invitava le mie padrone. E allora
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1950
che cosa dovevano essere le stanze e il giardino
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1950
sostegni di cemento e le bordure di fiori. ¶ Dei
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1950
una vera fatica che le occupasse – nemmeno dietro alla
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1950
platani, di trovarsi con le nuore e i nipoti
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1950
i nipoti della contessa, le faceva addirittura ammattire. Era
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1950
e Silvia combinarono con le loro amiche di Canelli
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1950
arrivare, non era tranquillo. Le finestre di sopra erano
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1950
il predellino. Poi aiutò le due ragazze a scendere
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1950
il terrazzo, e salutava le ragazze e si parlavano
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1950
sul sofà, e dicevano le loro sciocchezze. Poi s
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1950
foglie rosse sul piano, le tendine ricamate da Irene
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1950
Arturo raccontava quel pugno. ¶ Le ragazze sospiravano appoggiate alla
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1950
l’offesa. Irene alzava le spalle e rispondeva che
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1950
e gli disse che le donne sono donne e
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1950
quando siano ben allevate, le donne conoscono chi fa
39
1950
un mese – c’eran le lucciole, era giugno – che
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1950
era giugno – che tutte le sere si vedevano spuntare
41
1950
e traversavano i beni, le melighe, i prati. Io
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1950
un fosso, godendosi già le signorine, e andarono giú
43
1950
ma quando si mordeva le dita insieme con la
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1950
Il sor Matteo e le altre due facevano le
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1950
le altre due facevano le cose piú con calma
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1950
all’Emilia chiedeva sempre le cose per favore, e
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1950
cui la signora e le figlie andarono, e quel
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1950
Canelli per vestirle. Io le condussi in biroccio fino
49
1950
chiesi com’erano adesso le ragazze. – Che ragazze, – mi
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1950
e lo chiudeva, provandone le lame contro il palmo
51
1950
faceva la notte e le cose che gli passavano
52
1950
volte avevo visto passare le carrette rumorose con su
53
1950
carrette rumorose con su le sediate di donne e
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1950
guardare il cielo e le vigne sempre uguali. E
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1950
anche i padroni e le figlie, e la bambina
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1950
la colombaia, per rompere le terrecotte, e li sentivo
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1950
cavallette e gli strappavo le gambe, rompendole alla giuntura
58
1950
a bermela tutta, dietro le dalie. Adesso mi girava
59
1950
zoccoli pesanti di terra, le mani scorticate e la
60
1950
tante ore a mangiar le castagne, a vegliare, a
61
1950
a vegliare, a girare le stalle, che sembrava fosse
62
1950
maglia grigioverde e raccontava le sue storie. Che avevano
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1950
una macchina per contare le pere sull’albero, che
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1950
perché non mordessero. Sapeva le storie di tutti. Sapeva
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1950
toccarli per un po’ le mani ghiacciavano. Era roba
66
1950
bambina. Chi invece buttava le mani sul piano solo
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1950
certe volte faceva ancora le scale di corsa – quell
68
1950
il figlio del capostazione le aveva tenuto il sellino
69
1950
a volte mi guardavo le mani, e capivo che
70
1950
signori, tra me e le donne, ce ne correva
71
1950
creduto, se mi guardo le mani capisco che non
72
1950
Ma ho imparato che le donne non ci fan
73
1950
accidenti. Nuto ascoltava con le labbra in fuori come
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1950
dritta d’Irene e le braccia che facevano sforzo
75
1950
E vedevo la collina, le vigne, le rive – capivo
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1950
la collina, le vigne, le rive – capivo che quella
77
1950
la musica che suonano le bande, parlava d’altro
78
1950
per Gaminella né per le albere di Belbo né
79
1950
entrò nella stanza, e le voltava i fogli e
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1950
Silvia, a chi andavano le lettere che Irene scriveva
81
1950
che Irene scriveva, chi le aveva accompagnate la sera
82
1950
che andassero via portandosi le cascine, cercava di far
83
1950
non c’era nessuno, le vidi correre e fermarsi
84
1950
s’era chinata, tolte le scarpe e le calze
85
1950
tolte le scarpe e le calze, e cosí bionda
86
1950
e cosí bionda, con le gambe bianche, sollevandosi la
87
1950
Pulivo il giardino, accendevo le stufe, scaldavo l’acqua
88
1950
e mi canzonava per le parole che dicevo. Proprio
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1950
ragazza che mi lavasse le camicie. – Non a Genova
90
1950
Allora ridevo io e le dicevo «non si sa
91
1950
piú lontano – ma, se le avessi detto questo, lei
92
1950
arrabbiata, mi avrebbe prese le mani e cominciato a
93
1950
altri. «Eppure gli altri, – le avevo spiegato, – si fermano
94
1950
alle fabbriche della frutta, le sere d’estate si
95
1950
era proprio bastarda, che le gambe che stendeva sul
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1950
un locale italiano con le pergole d’uva – a
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1950
andavamo a nasconderci tra le canne. ¶ XVI. ¶ Dalla Mora
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1950
Mora. Poi c’erano le volte che il massaro
99
1950
che il massaro o le donne lavorando nei campi
100
1950
lo sorvegliava dalla vigna, le due donne lo chiamavano
101
1950
comandava con gli occhi. Le donne correvano, Cinto scappava
102
1950
Cinto cenava rosicchiando per le rive – il Valino pigliava
103
1950
sentiva i pipistrelli e le faine e saltava come
104
1950
i mattoni rotti e le ragnatele. Dissi: – Aspetto in
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1950
feci un passo. Allora le cercai gli occhi e
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1950
finestretta era quella e le mosche che volavano, e
107
1950
cane. Sotto il fico le chiesi cos’aveva la
108
1950
bella bestia, – diceva Nuto, – le basta la vettovaglia di
109
1950
alla padrona. ¶ – Come sono le cose, – disse Nuto, – un
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1950
pensavo alla vecchia. Dietro le canne, sbucò fuori Cinto
111
1950
meglio per lui… ¶ Tutte le volte che incontravo Cinto
112
1950
disse: – Se la trovo le taglio la testa. ¶ – Se
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1950
Ci sono i banchi, le pialle, i cacciavite… Se
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1950
qualche mestiere. ¶ Cinto alzò le spalle. – Per mio padre
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1950
ammazzavano il maiale e le donne eran tutte scappate
116
1950
dei cartocci, e tiravamo le pannocchie gialle contro il
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1950
i giovanotti facevano ridere le ragazze. Nuto s’era
118
1950
in Alba e porta le scarpe tutti i giorni
119
1950
che lo mantieni lavorando le terre dei suoi. Lui
120
1950
alla censa che guardavo le cartoline. – Allora te le
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1950
le cartoline. – Allora te le dàn già queste sigarette
122
1950
quel giorno lasciai perdere le biglie. Poi girammo insieme
123
1950
facevano una passeggiata per le strade, andavano fino alla
124
1950
una di loro. ¶ – Tutte le donne di Canelli fanno
125
1950
Salto, ci mettevamo tra le canne se era giorno
126
1950
tempi, era che tutte le donne sono fatte in
127
1950
ma che tutte, anche le piú belle, anche le
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1950
le piú belle, anche le piú signore, gli piacesse
129
1950
è per tutti, cosí le piogge, cosí le malattie
130
1950
cosí le piogge, cosí le malattie. Hanno un bel
131
1950
davo lo zolfo, conoscevo le bestie, aravo. Ero capace
132
1950
parasole, io dalla vigna le guardavo come si guarda
133
1950
ero aspettato di trovarci le donne. A pensarci adesso
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1950
sono già fioriti. ¶ Nessuno le disse «Vacci tu». Invece
135
1950
l’Emilia. Santina aveva le scarpette rosse e i
136
1950
ti mangio. ¶ Mentre facevano le feste alla bambina, io
137
1950
casa mia. Mi ricordai le cinque lire del municipio
138
1950
con un’altra ragazza, le conduceva un giovanotto della
139
1950
casa con la piccola, le altre ridevano sulla strada
140
1950
Da un pezzo non le ho piú viste e
141
1950
e chi sa chi le prende. Ma io lavoro
142
1950
a tenerle in tasca, le perdevo. Me lo chiese
143
1950
un po’ sovente per le piazze guardandosi intorno, a
144
1950
e soltanto andando per le strade vedi i fogli
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1950
paese, – gli dissi. – Sentire le altre campane, prender aria
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1950
stata gente di tutte le parti, meridionali, toscani, cittadini
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1950
che se suona ancora le campane lo deve ai
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1950
tana fosse sicura… Dappertutto le spie… ¶ – E tu l
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1950
soltanto Nicoletto, – dissi. – E le ragazze? Quando ci penso
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1950
con Nicoletto. Teneva allegre le brigate nere. Tutti lo
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1950
a venti, – disse Nuto, – le altre due non erano
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1950
volta dei tigli, ascoltare le voci, le risate, le
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1950
tigli, ascoltare le voci, le risate, le galline, e
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1950
le voci, le risate, le galline, e dire «Eccomi
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1950
discorrevo col Cavaliere –, ma le facce, le voci e
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1950
Cavaliere –, ma le facce, le voci e le mani
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1950
facce, le voci e le mani che dovevano toccarmi
158
1950
mondo mi aveva cambiato. ¶ Le sere d’estate quando
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1950
anche Giulia – e con le donne, coi servitori, con
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1950
Serafina, aiutavamo a far le noci, la meliga, a
161
1950
a vendemmiare, a governare le bestie. A me piaceva
162
1950
la carrozza, il cavallo, le finestre con le tendine
163
1950
cavallo, le finestre con le tendine. Fu la prima
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1950
avevano allora diciottovent’anni, le intravedevo qualche volta. Poi
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1950
cullare di sopra tutte le volte che si sentiva
166
1950
fino a Cossano, aggiustò le ragazze e Padrino – e
167
1950
grosso ombrello grigio e le scarpe infangate – e mi
168
1950
tutto. Sapevo e piangevo. Le ragazze erano in casa
169
1950
costui, – sono già troppe le tue sorelle. Ti abbiamo
170
1950
petrolio, tutti in cucina – le due donne, Cirino, e
171
1950
l’Epifania; si arrostivano le castagne, tirammo il vino
172
1950
l’oca. La signora, le figlie, il sor Matteo
173
1950
ragazzi del Salto, con le donne, e portavamo il
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1950
sono adesso i telefoni, le spedizioni, i selciati delle
175
1950
il solfato, di lavare le tine, di spogliare le
176
1950
le tine, di spogliare le canne. ¶ In Gaminella non
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1950
non fu facile perché le terre della Mora andavano
178
1950
meliga, tanta vendemmia. Soltanto le fave e i ceci
179
1950
vendevamo il grano e le noci, vendevamo di tutto
180
1950
Matteo teneva il cavallo, le sue figlie suonavano il
181
1950
cortile col buio, sotto le stelle. Adesso avevo una
182
1950
giacca che mi toccava le ginocchia e stavo caldo
183
1950
non lavoravo ancora veramente; le donne mi chiamavano nel
184
1950
delle donne. Lui con le donne non ci stava
185
1950
e il falegname maneggiava le pialle, maneggiava lo scalpello
186
1950
treno di Canelli dietro le albere, e il cane
187
1950
aveva che il rustico, le figlie non erano ancor
188
1950
che gli aveva fatto le due figlie; fatta da
189
1950
roba e messo insieme le cascine. Erano un sangue
190
1950
la carne, a chi le donne e i marenghi
191
1950
che zappava e lavorava le sue terre, già i
192
1950
terrazzo, che salissi, facessi, le portassi qualcosa. Io cercavo
193
1950
non degli anni. Piú le cose e i discorsi
194
1950
facevano piacere. E cosí le minestre, le bottiglie, le
195
1950
E cosí le minestre, le bottiglie, le roncole, i
196
1950
le minestre, le bottiglie, le roncole, i tronchi sull
197
1950
del Belbo si sentivano le donne urlare quando il
198
1950
toglieva la cinghia e le frustava come bestie, e
199
1950
sfiancavano i buoi e le donne; la piú giovane
200
1950
vedere il prete. Finite le figlie, il vecchio non
201
1950
era messo a girare le campagne e le fiere
202
1950
girare le campagne e le fiere; il Cola l
203
1950
a Cossano a cercare le mie sorellastre, a vedere
204
1950
Belbo e di vermut. Le stradette erano le stesse
205
1950
vermut. Le stradette erano le stesse, con quei fiori
206
1950
fiori alle finestre, e le facce, i fotografi, le
207
1950
le facce, i fotografi, le palazzine. Dove c’era
208
1950
Belbo guardai la valle, le colline basse verso Nizza
209
1950
come la valle e le colline e le rive
210
1950
e le colline e le rive che ci sbucavano
211
1950
l’ultimo paese dove le stagioni non gli anni
212
1950
capire il mondo, cambiare le cose, rompere le stagioni
213
1950
cambiare le cose, rompere le stagioni. O forse no
214
1950
che tutto sommato soltanto le stagioni contano, e le
215
1950
le stagioni contano, e le stagioni sono quelle che
216
1950
che ti hanno fatto le ossa, che hai mangiato
217
1950
espormi, mi moriva tra le mani. Quella vita e
218
1950
di San Joaquin o le solite facce. Sapevo già
219
1950
i sassi della massicciata, le traversine, i fiocchi di
220
1950
queste strade quando ancora le strade non c’erano
221
1950
e nei cacti, sotto le stelle, era possibile? ¶ Lo
222
1950
adattavano, andavano a cercare le stagioni dove la terra
223
1950
con la ferrata, con le loro rivoluzioni e i
224
1950
intirizzito e scassato; tra le nuvole basse era spuntata
225
1950
accusare i comunisti. Qui le bande erano autonome. – Cosa
226
1950
dalla sciarpa, che requisiva le coperte? – E quando è
227
1950
ricominciava, – chi ha formato le prime bande? chi ha
228
1950
la bocca. – Mah, – dicevano le donne, sugli usci del
229
1950
di capi-famiglia e le priore. Mi tenne al
230
1950
si fece il funerale. Le autorità, i carabinieri, le
231
1950
Le autorità, i carabinieri, le donne velate, le Figlie
232
1950
carabinieri, le donne velate, le Figlie di Maria. Quel
233
1950
strazio. Fiori da tutte le parti. La maestra, padrona
234
1950
aveva mandato in giro le bambine a saccheggiare i
235
1950
erano stati diabolici, che le anime correvano pericolo. Che
236
1950
come il cielo, come le stagioni – che servisse alle
237
1950
derubati e incendiati, tutte le donne ingravidate. Fin che
238
1950
è da furbi cimentare le vespe. ¶ Allora lui gridò
239
1950
in novembre a rubargli le nespole. Cominciai a guardarmi
240
1950
guardarmi sotto i piedi – le vigne asciutte e gli
241
1950
io lo guardavo e le donne parlavano. Subito li
242
1950
ragazzo – cosí vedevo solamente le cose che volevo e
243
1950
mi divertivo a ritrovare le cose com’erano. ¶ Allora
244
1950
inverni… ¶ Quando franammo tra le foglie grasse, i rovi
245
1950
che in casa stavano le donne. Loro, ci devono
246
1950
campagna era come tutte le campagne, per farla fruttare
247
1950
e dei tedeschi, alzò le spalle. Disse che allora
248
1950
tanti paesi e sapeva le miserie di tutti qui
249
1950
sopra i rovi, sporgere le prime viti chiare e
250
1950
felice. Per me tutte le piante dovrebbero essere a
251
1950
avesse poi trovato anche le altre potevano servire. Io
252
1950
vivere e si giocavano le case e le terre
253
1950
giocavano le case e le terre. Ero stato in
254
1950
seduto sul muretto. Dietro le albere dall’altra parte
255
1950
tutto il pomeriggio per le coste e le rive
256
1950
per le coste e le rive. I sassolini della
257
1950
quella sua idea che le cose bisogna capirle, aggiustarle
258
1950
inverno rompevo con rabbia le fascine mettendoci il piede
259
1950
signore, un uomo con le tasche piene di marenghi
260
1950
stanza cosí, si lavava le mani nel catino bianco
261
1950
sapeva il loro nome. Le persiane della villa erano
262
1950
non faceva l’avvocato: le terre, i cavalli, i
263
1950
gomito della strada, sotto le canne. Si fermò e
264
1950
di sí. Parlava con le mani strette al pomo
265
1950
questi alberi, – disse. Dietro le canne si vedeva un
266
1950
nel vuoto. ¶ – In tutte le campagne, – gli dissi, – ci
267
1950
Ripensai a questa storia le volte che passavo per
268
1950
lassú, sui pianori, dietro le canne e le ultime
269
1950
dietro le canne e le ultime cascine sperdute. Che
270
1950
alle campagne, – disse Cinto. – Le ingrassa. ¶ Mi sembrò di
271
1950
falò sulle strade, per le rive, nei gerbidi… ¶ – Non
272
1950
delle voglie? Tanto se le cose non cambiano sarà
273
1950
svegli, – dissi, – piú capisce le cose. ¶ – Ma è inutile
274
1950
poi cresce. Ci saranno le ragazze… Vuoi mettere quel
275
1950
Stavolta stette zitto, sporgendo le labbra, e soltanto quando
276
1950
sentite di storie, ma le piú grosse erano queste
277
1950
vendemmia, e veder arrivare le figlie del sor Matteo
278
1950
zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell
279
1950
e saperci i nidi. Le donne, pensai, hanno addosso
280
1950
la prima volta per le strade di Genova – ci
281
1950
questo sí, c’erano le facce delle ragazze, c
282
1950
erano i negozi e le banche, ma un canneto
283
1950
tanti smacchi passati, e le volte che avevo creduto
284
1950
falò? Bisogna averci fatto le ossa, averla nelle ossa
285
1950
ragazzo – queste cose non le sapeva, e nessuno nel
286
1950
e nessuno nel paese le sapeva, se non forse
287
1950
manico di zappa? Anche le facce mi piacevano cosí
288
1950
mi piacevano cosí, come le avevo sempre viste: vecchie
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1950
quelle stelle non erano le mie, che come Nora
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1950
avventori mi facevano paura. Le uova al lardo, le
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1950
Le uova al lardo, le buone paghe, le arance
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1950
lardo, le buone paghe, le arance grosse come angurie
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1950
avesse si fermava, e le campagne, anche le vigne
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1950
e le campagne, anche le vigne, sembravano giardini pubblici
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1950
era mai fermato, nessuno le aveva toccate con le
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1950
le aveva toccate con le mani. Per questo un
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1950
conoscere, strozzava una donna, le sparava nel sonno, le
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1950
le sparava nel sonno, le rompeva la testa con
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1950
pensare che potevo ripassare le montagne. ¶ IV. ¶ Nemmeno per
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1950
di là dai tetti le vigne bianche sotto la
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1950
alle famiglie ambiziose? ¶ – E le famiglie ambiziose dove prendono
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1950
sono dei paesi dove le mosche stanno meglio dei
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1950
e due. Lasciale vivere le bestie. Soffrono già la
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1950
terra, dal fondo tra le viti che sembra si
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1950
e tener d’occhio le campagne; quasi quasi vorrei
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1950
che si annoia dietro le persiane chiuse, che pensa
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1950
sto a sentire, con le mani dietro la schiena
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1950
coniglio secca, e chiudeva le palpebre magre per guadagnar
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1950
crosta sotto l’occhio, le spalle ossute e non
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1950
avevo avuto i geloni, le croste sulle ginocchia, le
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1950
le croste sulle ginocchia, le labbra spaccate. Mi ricordai
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1950
caduto su una zappa? ¶ Le due donne guardarono da
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1950
giorno prima che morisse le aveva detto che questo
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1950
questo qui non aveva le ossa buone per colpa
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1950
arrabbiato che voleva morderla le avrebbe fatto perdere anche
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1950
mica il latte, ma le fascine, andare scalza nella
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1950
era che ridesse – aveva le mascelle sporgenti e i
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1950
Volevo starmene solo. Ma le donne gridarono al ragazzo
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1950
nella riva a cercare le noci o le mele
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1950
cercare le noci o le mele cadute, aver passato
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1950
la capra e con le ragazze su quell’erba
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1950
parlare, avevo visto sopra le viti la donna nera
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1950
a casa mi aspettassero le ragazze e la capra
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1950
prati erano stoppie e le stoppie filari, la gente
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1950
era passata, cresciuta, morta; le radici franate, travolte in
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1950
grosso fianco di Gaminella, le stradette lontane sulle colline
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1950
sulle colline del Salto, le aie, i pozzi, le
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1950
le aie, i pozzi, le voci, le zappe, tutto
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1950
i pozzi, le voci, le zappe, tutto era sempre
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1950
oro al gilè e le donne del paese, della
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1950
dopo la vendemmia giravano le colline, i boschi, andavano
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1950
erano quegli alberi – tutte le finestre facevano luce, sembrava
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1950
e si vedevano passare le ombre degli invitati fino
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1950
stanza là dietro con le ragazze e sentivamo di
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1950
sotto il fango e le pietre… ¶ VII. ¶ Intanto dalla
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1950
ogni colpo Cinto batteva le ciglia. ¶ – È il Pa
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la capra e cercando le mele rotolate in fondo
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che quella sera voltando le spalle a Gaminella avevo
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1950
Salto, oltre Belbo, con le creste, coi grandi prati
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tagliate da rive, e le macchie degli alberi, i
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degli alberi, i sentieri, le cascine sparse erano come
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1950
n’era andato con le figlie a Cossano, tutti
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vedere sotto il cielo le vigne del Salto, e
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1950
Americano, mi fanno vedere le figlie. Per uno che
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1950
al badile e ascoltavo le chiacchiere dei perdigiorno di
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1950
sullo stradone, per me le collinette di Canelli sono
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1950
viveva sulla strada, per le rive, nelle aie. Il
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1950
prima di allargarsi sotto le mie colline. ¶ Ero venuto
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1950
ballo, e si sentivano le macchine, le cornette, gli
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1950
si sentivano le macchine, le cornette, gli schianti dei
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1950
ragazzotti che correvano tra le gambe alla gente erano
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1950
erano quelli; i fazzolettoni, le coppie di buoi, il
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1950
il profumo, il sudore, le calze delle donne sulle
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1950
scure, erano quelli. E le allegrie, le tragedie, le
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1950
quelli. E le allegrie, le tragedie, le promesse in
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1950
le allegrie, le tragedie, le promesse in riva a
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1950
altalena, avevamo fatto piangere le ragazzine dalle trecce, e
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1950
il clarino su tutte le feste, su tutti i
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i bevitori, i saltimbanchi, le allegrie dei paesi. ¶ Da
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Da un anno tutte le volte che faccio la
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1950
siamo tutti uomini? ¶ – Lascia le cose come sono. Io
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1950
c’erano gare con le bande rivali. La mattina
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1950
pagava? – dicevo. I comuni, le famiglie, gli ambiziosi, tutti
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1950
Mi tornavano in mente le cene di cui si
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1950
della Mora, di rivedere le donne grattugiare, impastare, farcire
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1950
alle ragazze prudevano ancora le gambe, ma chi le
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1950
le gambe, ma chi le faceva piú ballare? La
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1950
come sei stato con le donne? Una volta ti
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1950
gruppo – a volte succedeva – le notti che rientravano tardi
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la piana del Belbo, le albere che segnavano quel
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1950
denti. – Sono vecchio. ¶ – Tutte le piume diventano sacco, – disse
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1950
Sapevo che il vecchio, le figlie, i ragazzi, i
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1950
tra i pini e le vigne. «A vedermi la
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1950
guardava di traverso. Piantai le campagne e feci il
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si era soli sotto le stelle, in un baccano
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1950
tutto il baccano sotto le stelle. Non voleva saperne
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1950
saperne. Strillava come fanno le donne, chiedeva di entrare
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Il mio amico strinse le spalle, si chinò e
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1950
prima, quando erano venute le bande di tutti i
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1950
bene che dalle case le donne saltavano giú dal
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1950
dal letto e battevano le mani e allora la
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1950
dalla strada dove passavano le macchine, sul ciglione vuoto
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1950
di stelle, tante quante le voci dei rospi e
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smesso di urlare, né le automobili di buttarsi per
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1950
a mezzanotte entrai fra le altre carrozze in quel
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1950
tirò via. Poi ripassò, le dissi ch’ero arrivato
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ridere molti. Su tutte le porte, in quella sala
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1950
potevo andar via, perché le signore sarebbero state accompagnate
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1950
apposta spiantati perché non le mangiassero la casa sulla
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mi lasciava sentire. Irene le stava intorno, le toccava
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Irene le stava intorno, le toccava i capelli, dove
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Silvia s’era piantate le unghie. – No, no, – piangeva
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1950
si faceva portare tra le canne e nelle rive
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1950
in una riva tra le canne con qualcuno. Piuttosto
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1950
vedere una ragazza slogarsi le mani sulla tastiera. Quando
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1950
Nido che la vecchia le dava da leggere. Erano
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apposta a Canelli, tutte le settimane. ¶ La Serafina e
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1950
né domestiche in casa, le bastavano le nipoti e
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1950
in casa, le bastavano le nipoti e i nipoti
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1950
aveva; per bene che le andasse, quel Cesarino doveva
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1950
i fienili, il grano, le uve – pensavo che forse
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e che magari Cesarino le parlava per metter lui
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parlava per metter lui le mani sulla sua dote
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1950
è innamorata, che Cesarino le piace, ch’è l
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sprecava cosí per niente le giornate e andava con
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gusti. Adesso era Silvia, le poche volte che non
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veste da uomo, corre le fiere e fa i
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1950
sui quaranta, che aveva le dita piene di anelli
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1950
la guardavo accovacciata sotto le viti, le guardavo le
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accovacciata sotto le viti, le guardavo le mani che
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1950
le viti, le guardavo le mani che cercavano i
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1950
che cercavano i grappoli, le guardavo la piega dei
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1950
al giorno, lei straparlava, le facevano delle punture, perdeva
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1950
e nel mondo che le succede proprio adesso quello
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1950
forza cosí. I ragazzi, le donne, il mondo, non
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1950
il grano all’ammasso, le ragazze fumano – eppure la
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1950
Sotto la luna e le colline nere Nuto una
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1950
lasciarci entrare e allora le avevo detto che lei
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1950
mi si buttò tra le gambe e mugolava come
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1950
Nuto lo prese per le spalle e lo alzò
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1950
e non poteva parlare. ¶ – Le ha ammazzate? – e lo
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1950
si dovrebbe vederlo tra le piante. Non vedemmo nulla
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avanti, quasi correndo. Sotto le canne si capí che
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1950
nostro, stringendomi piú forte le dita. Gente andava e
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dividere i fagioli e le patate. La madama aveva
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cesti. Poi avevano pesato le patate e i fagioli
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1950
e urlava, si teneva le mani sul collo. Poi
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1950
abbracciava. Allora il Valino le aveva dato dei calci
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1950
costole, la pestava con le scarpe, Rosina era caduta
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terra, e il Valino le aveva ancora dato dei
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1950
già piena di fuoco. Le donne non uscivano, gli
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vedeva in alto contro le foglie il riflesso del
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1950
e acceso in cucina, le donne ci offrirono da
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1950
di parole. Tutti dicevano le medesime cose. Restai con
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1950
passeggiare nel cortile, sotto le ultime stelle, e vedevamo
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verso sera, di nascosto. Le vecchie del Morone, col
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Stefano, e ci passava le notti. Silvia tornò con
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in giardino a toccare le prime rose. Parlottavano insieme
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mostrava il collo e le orecchie nude. L’Emilia
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sentieri, e chiacchierava con le donne. Io le chiedevo
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con le donne. Io le chiedevo che cosa avevano
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1950
e certi giorni venivano le signore, i bambini, le
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le signore, i bambini, le bambine, e giocavano mangiavano
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1950
bambine, e giocavano mangiavano le paste dolci, poi una
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1950
e tutti vestivano bene, le bambine andavano a scuola
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trovarle i giovanotti e le amiche di prima. Quell
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metteva voglia di girare le campagne come i cani
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conoscenti e ci facevano le merende. Quella volta ci
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automobile del segretario per le ville, per i castelli
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1950
si dicevano – come lui le parlava di Milano, dei
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1950
sposassero pure se qualcuno le prendeva ma che gli
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1950
parole simili. Silvia alzò le spalle e stette via
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sor Matteo la calmò, le disse ch’era stata
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1950
ch’era in calore, le tornò il sangue sulla
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vedere il Nido e le terre. Non parlò con
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per i raccolti, per le semine. Nel Nido, fece
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1950
e d’Irene alzò le spalle e non disse
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sulle ginocchia e guardava le piante. La domenica andavano
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zie, dei nemici che le tenevano chiuse in belle
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un bell’uomo che le baciava, un uomo a
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accorsi che quelle storie le sapevo già da un
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1950
già da un pezzo, le aveva raccontate in Gaminella
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1950
Quelle sere, tornando sotto le gaggíe da casa di
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1950
non usava piú, adesso le donne giravano già a
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1950
bocca. – Adesso, – ghignò tra le dita, – trovategli un padre
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1950
dov’era stata perché le rimase in tasca il
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1950
malattia del vecchio non le conveniva piú che Irene
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un favore che lui le faceva, perché dopo la
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Silvia tutti dicevano che le ragazze della Mora erano
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1950
compagnia al vecchio, faceva le commissioni a Canelli col
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gli stivali, e provvedeva le medicine. Prima ancora di
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1950
padre e gli faceva le flanelle. Arturo adesso era
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il loro tè e le visite e gli amici
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1950
cambiata la camicia e le scarpe, e tornavo dal
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1950
di bianco. Salirono con le loro scarpette dal tacco
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1950
e sapeva di fiori. Le vedevo l’orecchio piccolo
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e Silvia tenne lei le briglie. ¶ Andando mi chiedevano
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conoscevo i miei. Io le risposi che vivevo tranquillo
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mani, e io subito le nascosi. Allora anche lei
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1950
platani, dove c’erano le stanghe per legare, staccai
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1950
collina in faccia e le vigne bianche, le rive
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1950
e le vigne bianche, le rive, fin lontano, le
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1950
le rive, fin lontano, le cascine dei boschi. La
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in su. I signori, le ragazze ben vestite, i
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Irene e Silvia e le vedemmo che ridevano in
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i ragazzi col camiciolo, le vecchie, i signori, l
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i colori dei vestiti, le ragazze. Anche gli uomini
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Anche gli uomini e le donne dei banchi, quelli
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bionda che si turava le orecchie. Ero contento di
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guardare la nostra coperta, le sciarpe, il cestino. ¶ Poi
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si davano zuccate come le capre; poi la gente
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1950
Dopo, Irene e Silvia le persi di vista. Feci
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1950
chiara, io giravo dietro le baracche, vedevo alzarsi i
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bevevano, qualcuno rivoltava già le sottane alle donne dei
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già. C’erano anche le loro sorelle, ma io
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fiori e quello bianco. Le vidi tutte e due
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abbracciate coi loro giovanotti, le facce sulla spalla, e
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Stavo disteso e contavo le stelle in mezzo ai
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piedi. Ma c’erano le altre signorine che dicevano
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mentre guidavo. Io tenni le briglie, guardando le orecchie