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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovanni Verga, Nedda, 1874

concordanze di «le»

nautoretestoannoconcordanza
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1874
di luna per baciare le chiome bionde; ma sorridevo
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avrebbe voluto prendervi per le mani, o per i
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mio cuore; e incaricando le faville fuggenti, che folleggiano
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semispento, cogli occhi socchiusi, le molle fuggendovi dalle dita
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il vento urlava incollerito; le venti o trenta donne
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trenta donne che raccoglievano le ulive del podere facevano
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del podere facevano fumare le loro vesti bagnate dalla
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pioggia dinanzi al fuoco; le allegre, quelle che avevano
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che erano innamorate, cantavano; le altre ciarlavano della raccolta
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verso il fuoco, rizzando le orecchie ad ogni diverso
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arietta montanina che pizzicava le gambe, e le ragazze
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pizzicava le gambe, e le ragazze si misero a
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cenci svolazzavano allegramente, mentre le fave ballavano anch'esse
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verso di lei, mentre le altre si sbandavano ciarlando
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il lauto pascolo, e le dissero: ¶ - O allora perché
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d'oro al collo, le disse volgendole le spalle
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collo, le disse volgendole le spalle: - Eh! non è
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proprio l'uccello! ¶ Nedda le lanciò dietro un'occhiata
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E il medico? e le medicine? e il pane
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lagrime non saprebbero esprimere. ¶ - Le vostre scodelle, ragazze! gridò
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distribuiva con sapiente parsimonia le mestolate di fave. Nedda
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se gli stenti e le fatiche non avessero alterato
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alterato profondamente non solo le sembianze gentili della donna
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triste e continua rassegnazione. Le sue membra schiacciate da
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in Eva bastava che le rimanesse quel tanto che
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hanno quel che avanza? le disse a mo' di
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vero! è vero! risposero le altre con quel sentimento
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castalda intuonò il rosario, le avemarie si seguirono col
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da qualche sbadiglio. Dopo le litanie si pregò per
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di non rispondere amen! le disse la vecchia in
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giacigli in forme pittoresche; le ultime fiamme gettarono vacillanti
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né strame pei giacigli. Le donne dormivano in cucina
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madre, non potesse compiere le sue dieci ore di
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fatica. ¶ Prima di giorno le più mattiniere erano uscite
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che correva su tutte le bocche con accento di
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gettavano su di lei le livide tinte del crepuscolo
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era fredda e nebbiosa; le foglie avvizzite si staccavano
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avvoltolavano voluttuosamente dei maiali: le vacche mostravano il muso
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i passeri, rannicchiati sotto le tegole della gronda, pigolavano
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un grosso pan nero. ¶ - Le nuvole si distaccano dal
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fattore. ¶ - È giusto, perché le ulive non sono nostre
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della terra che se le mangia! ¶ - La terra è
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pagati i primi, poscia le più rissose delle donne
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in ultimo, e peggio, le timide e le deboli
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peggio, le timide e le deboli. Quando il fattore
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deboli. Quando il fattore le ebbe fatto il suo
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a sapere che, detratte le due giornate e mezzo
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osò aprir bocca. Solo le si riempirono gli occhi
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che ti pago come le altre, e sì che
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Vuoi che t'accompagni? le disse in tuono di
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da qualche tempo e le ombre salivano rapidamente verso
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camminava sollecita, e quando le tenebre si fecero profonde
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muricciolo, e il vento le spruzzava bruscamente addosso a
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all'erta che non le saltasse addosso dal muro
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alla sera. - Quel lumicino le dava coraggio, e la
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tempo un pensiero doloroso le stringeva il cuore come
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della Punta che suonava le nove così vicino che
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che sembrolle i rintocchi le cadessero sul capo, e
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a correre. ¶ - Addio! Nedda! le gridò dietro Janu. ¶ - Addio
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da lontano Nedda. ¶ E le parve che le stelle
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E le parve che le stelle splendessero come soli
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i sassi della via le accarezzassero i piedi indolenziti
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si vedesse che mancavano le lenzuola, e piegò il
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con un brontolìo. Poi le gridò dietro: - Ohé la
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malata. ¶ Alla ragazza vennero le lagrime agli occhi. ¶ - Che
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me li darai poi; le disse ruvidamente lo zio
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becchini, il sagrestano e le comari. Quando Nedda ebbe
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coi suoi migliori abiti, le mise fra le mani
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abiti, le mise fra le mani un garofano che
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quei pochi soldi che le rimanevano perché facessero a
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mise a cantare fra le frasche e i rovi
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alcune volte, saltellando fra le spine e gli sterpi
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ulive per terra, e le gazze venivano a beccarle
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venivano a beccarle, ella le avea scacciate a sassate
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il funebre gracidare, adesso le guardò impassibile, e non
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doveva andar più per le medicine alla Punta, ed
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perdendosi nella via, e le tenebre a calare nell
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nessuno. ¶ - Che fai costà? le domandò lo zio Giovanni
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domandarteli, i tuoi denari! le rispose burbero lo zio
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ad Aci Catena pagano le donne abili per incartare
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donne abili per incartare le arancie in ragione di
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accese la candela. Allora le parve di trovarsi sola
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alla sua mamma. ¶ E le ragazze del villaggio sparlarono
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uso di non osservare le feste e le domeniche
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osservare le feste e le domeniche. La povera fanciulla
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e la domenica. Quando le fanciulle, vestite dei loro
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all'uscire di chiesa le dicevano facezie grossolane, ella
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così povera! - oppure, guardando le sue due buone braccia
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il Signore che me le ha date! e tirava
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sottovoce, mentre il cuore le balzava nel petto come
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cacciò la testa fra le coltri. ¶ E l'indomani
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tasche cercava far entrare le sue grosse mani nere
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fanciulla sorrise, e guardò le lodole che saltellavano ancora
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Sei tornato colle lodole. ¶ - Le lodole vanno dove trovano
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perché? ¶ - Perché avevo preso le febbri laggiù, e non
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I sassi umidicci fumavano; le goccie di rugiada luccicavano
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di cui spuntavano fra le tegole alcuni fili di
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portato codesto dalla città; le disse il giovane sciorinando
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se la grossa spesa le avesse dato idea dei
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ne andava. ¶ Alla messa le ragazze del villaggio poterono
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e il cuore che le faceva un gran battere
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alla lesta. Il giovane le tenne dietro zufolando, e
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delle belle pieghe pesanti, le sue brave scarpette, e
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suo lavoro. - Fra tutte le miserie del povero c
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qualche secondo. Egli alzò le spalle. ¶ - Dove andrai tu
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bisognerebbe che non tornassero le febbri. ¶ - Bisognerebbe non star
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da mettere a vigneti. Le chiuse rendevano 1200 lire all
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porta, e sì che le notti erano piuttosto fredde
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e Nedda avevano preso le scorciatoie, e andavano attraverso
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lontani cominciavano ad ingiallire; le ombre degli alberi avevano
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loro pan nero e le loro cipolle bianche. Janu
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profondo silenzio del meriggio, le più piccole foglie erano
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piccole foglie erano immobili; le ombre erano rade; c
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dal mare, fece sussurrare le cime più alte de
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mi volessi bene!... - e le porse il fiasco. ¶ - No
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vedesse delle fiamme, e le sembrò che tutto il
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vino che aveva bevuto le montasse alla testa, e
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quel cielo di metallo le penetrasse nelle vene. ¶ - Andiamo
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alzò sui ginocchi che le tremavano per andarsene. Egli
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Egli la trattenne per le vesti, tutto stravolto, e
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incoronati di festoni, e le ragazze colle belle vesti
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e non comparve fra le fanciulle inginocchiate dinanzi al
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giorno nessuna ragazza onesta le rivolse più la parola
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chissà che peccatacci, e le volgevano le spalle inorridite
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peccatacci, e le volgevano le spalle inorridite. - E quelli
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inorridite. - E quelli che le davano da lavorare ne
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disse. ¶ - Sono stato ammalato. Le febbri mi ripresero laggiù
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senza una lagrima, sebbene le sembrasse che stesse a
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egli, tenendola per mano, le narrò come, trovandosi così
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trovandosi così debole per le febbri, era caduto da
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qualcosa che quel morto le lasciava come un triste
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quando cercava del lavoro, le ridevano in faccia, non
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i primi rifiuti e le prime risate ella non
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ingiusta e sterile, e le impedì così di morire
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rachitica e stenta: quando le dissero che non era
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che sarà possibile! disse. Le comari la chiamavano sfacciata
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dormito sua madre, e le s'inginocchiò davanti, cogli