parolescritte
interroga:  scripta  ·  bsu  ·  civita

il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Giovanni Crisostomo Trombelli, Fedro tradotto da Gio: Grisostomo Trobelli, 1797

concordanze di «le»

nautoretestoannoconcordanza
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lui Rufo Sesto Avieno. Le sue favole pubblicate la
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rechi a biasmo che le piante, ¶ Non che le
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le piante, ¶ Non che le fiere, abbia a parlare
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buoni opprimono. ¶ FAVOLA II. ¶ Le Rane, che chiedono un
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primier costume il fren le tolse, ¶ Nè guari andò
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Nè guari andò, che le fazion s’uniro, ¶ E
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Sciolte da servitude eran le Rane; ¶ Quando d’aver
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lo stagno ¶ Giunto appena, le ingoja ad una ad
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fuggire; ma il timor le arresta, ¶ Nè dà lor
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cadute, ¶ S’adorna, e le Cornacchie avute a vile
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la sfacciata ¶ Essi svelgon le penne, e sì co
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in van gemente, ¶ Ver le antiche campagne il volo
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più ch’altro animal le ingiurie soffre) ¶ Ne’ boschi
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Ne fa il Leon le parti, e sì soggiugne
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D’un vicin ladro le pompose nozze ¶ Esopo vide
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altissime ¶ Strida fino a le stelle alzar’ le Rane
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a le stelle alzar’ le Rane. ¶ Mosso a cotesta
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in bocca, ¶ Giunge a le fauci, e con suo
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Giudice ¶ La Scimmia, che le parti entrambe udite, ¶ Sì
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a caccia. ¶ Chi a le parole egual non ha
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che con voce strana ¶ Le fiere intimorisca, ad esso
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prese nel fuggir poscia le arebbe, ¶ L’orecchiutello grandi
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dal difforme ignoto aspetto ¶ Le fiere intimorite per le
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Le fiere intimorite per le note ¶ Strade tentan fuggir
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ma impetuoso ¶ Il Leone le assale, e ne fa
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sua immagin vide, ¶ E le gracili gambe dileggiando, ¶ Le
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le gracili gambe dileggiando, ¶ Le ramose alte corna ammira
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Quando de’ cacciatori a le improvvise ¶ Grida atterrito, con
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come belle sono, ¶ Dice, le penne tue! qual leggiadria
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tue! qual leggiadria ¶ Ne le tue membra scorgo, e
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nessun diede a calzar le piante! ¶ * Renda cauti color
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un’altra pregò, che le lasciasse ¶ Depor nel suo
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nemico ¶ Il ventre con le corna, e fere, e
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che scorge impuni irne le offese, ¶ La fronte del
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avrei caro, ¶ E a le preghiere tue sarei cortese
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Supplice i Vulpicin’ salvi le rende. ¶ FAVOLA XXIX. ¶ L
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non voglio. ¶ FAVOLA XXX. ¶ Le Rane che temono i
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XXXI. ¶ Il Nibbio e le Colombe. ¶ CHi per difesa
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Spesso col ratto volo le Colombe, ¶ Il Nibbio predatore
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rigettar de gli avidi le inchieste, ¶ Ed a’ modesti
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mezza età. ¶ O sien le Donne amanti, o pure
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i figli perchè non le sien tolti, ¶ De la
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fascia d’Egitto, da le spalle ¶ Tratta, la veste
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dal suo nodo sien le falde sciolte: ¶ D’acqua
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indarno; ¶ Assai più care le guanciate io vendo. ¶ FAVOLA
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lascia che l’augel le faccia offesa. ¶ Là vola
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io serbo. ¶ * Sicure son le povere fortune, ¶ Son le
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le povere fortune, ¶ Son le opulente a gran perigli
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acuto il Padron ne le sue cose. ¶ E P
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pervenga l’opra mia, ¶ Le querele a sbandir ciò
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tu fosse dirai: verran le Ferie, ¶ Ove a gli
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altri costumi, ¶ Se de le Muse a’ liminari aspiri
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Nulla cura il vegliar le notti intere? ¶ Ma comunque
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Il terzo Libro de le mie Novelle, ¶ Ove Esopo
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Apollo, ¶ Ed Orfeo de le Muse illustri germi. ¶ Costui
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Muse illustri germi. ¶ Costui le pietre al dolce canto
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dolce canto trasse, ¶ Placò le fiere, e l’Ebro
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ogni intorno sparsa, ¶ Con le narici quanto pote, attratta
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contra, e chi legni le avventa. ¶ Altri però di
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Poichè, se alcun non le portasse offesa, ¶ Pur la
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sua sventura a morte) ¶ Le gittan pane, onde alcun
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ebbe col cibo ¶ Ristorate le forze, un lieve salto
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La vita in don le chieggiono, ed ogni altro
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che in scanno assiso, ¶ Le briglie tiene e con
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e tu goditi, ¶ Cane, le tue venture: io non
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tue venture: io non le curo. ¶ Regnar non vo
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fe del giuramento aita. ¶ Le tenebre ch’avea calunnia
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motti acerbi e fra le ingiurie, ¶ In ciò, di
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e morde. ¶ E però le fatiche io mal non
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A me che non le gioje, il cibo estimo
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il senso. ¶ FAVOLA XIII. ¶ Le Api, e i Fuchi
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s’infonda entro a le cere. ¶ Tal sapor, da
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de’ fanciulli Esopo ¶ A le noci giuocava, un Ateniese
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Agnel che belava infra le capre ¶ Ove, gli dice
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indi in remota ¶ Parte le pecore gli dimostra. ¶ Non
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benefizj avvinto, ¶ Non da le leggi, il mio racconto
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la frode rivolta sì le parla. ¶ Giacchè il tuo
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di sete, appena udìo le lodi ¶ Di sue voci
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grado; ¶ Ch’io per le frutta sue l’Ulive
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sempre son quai pajono le cose, ¶ E più d
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che quando avvolse ¶ Ne le tenebre l’arte, tu
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la crede, ¶ E se le avventa: essa lo azzanna
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Giuristi ricerca; ch’a le figlie ¶ Come possesso non
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adempie: femminili arredi ¶ A le galante, e vesti, e
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accinge, ¶ Ed il popol le applaude, che il desio
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il desio ¶ Sa de le figlie. Allor repente Esopo
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da l’esercito ¶ De le Donnole (e ben nota
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Fuggivano, ed intorno a le lor tane ¶ Pavidi a
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ne la pugna, ¶ Avean le corna al capo intorno
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avvinte, ¶ S’impacciar’ne le porte, ove in minuti
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la tua austera fronte ¶ Le rughe appiani, e a
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quel paterno ¶ Sangue lordò le figlie. Che ti sembra
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o favola? ¶ Non pugner le belle arti, se ti
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ti è caro ¶ Da le punture lor andarne esente
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molta sia l’acqua, le chiede. ¶ La Volpe a
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ha il forte a le ricchezze; ¶ Che ricco erario
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ruina apporta. ¶ * Re de le fiere fattosi il Leone
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ne prova. ¶ FAVOLA XV. ¶ Le Capre e i Becchi
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de la barba a le Caprette il dono: ¶ Quasi
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Caprette il dono: ¶ Quasi le mogli a lor volesse
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fra i fremiti, e le angoscie, ¶ Da lieve aura
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fame ¶ A spegner con le feci son costretti. ¶ Van
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forza ¶ De l’uom le ingiurie. A la prigion
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povertade il peso, ¶ Per le chiare citta de l
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u’ stabilito il prezzo, ¶ Le lodi in verso a
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suoi passi. ¶ Uom de le Muse amico, che in
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tutto io serbo, ¶ De le cose rapite a voi
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offre ¶ Vittima a’ Dei, le viscere n’assaggio. ¶ Fra
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i bei labbri ¶ De le caste matrone io m
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avuto a schifo. ¶ De le matrone i baci, e
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riede. ¶ Siede a mensa: le tazze, l’apparato ¶ Il
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il chiegga. ¶ Queste son le tue parti; pria fur
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ti suol diletto ¶ Udir le favolucce, ch’Esopèe, ¶ Non
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che sei meco erede, ¶ Le legga, e quanto a
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quanto a lui piace, le roda, ¶ Se non puote
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egual, ne’scritti suoi ¶ Le mie baje frammetta, e
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soggiugne: ¶ Ugual creduto a le parole il core, ¶ Più
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grate, se parca man le doni; ¶ Se molte son
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molte son, ci offendono le arguzie. ¶ Per il che
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finchè alcun pregio ¶ A le latine lettere rimanga, ¶ La
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Nè a lui giovaro le onorate insegne, ¶ Da cui
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e fuggitiva ¶ Occasion de le mondane cose. ¶ Perchè dunque
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e a l’are ¶ Le vittime involasti: or con
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pregar deggio? ¶ FAVOLA II. ¶ Le lepri attediatesi di vivere
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CHi non sa sofferir le sue sciagure, ¶ L’altrui
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fracasso al bosco spaventate ¶ Le Lepri un giorno, orsù
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Spaventate al lor giungere le rane, ¶ Si nascondon fra