Vittorio Alfieri, Merope, 1782

l´amava troppo: non lo vedrò mai più!» e

mie circostanze passi per lo più i miei giorni

Eraclidi nato, a lui lo scettro ¶ abbandonar non ben

anch´esser padre. ¶ Ben lo vedi tu stessa; a

tuo signore al talamo lo sguardo ¶ innalzar tu, che

sguardo ¶ innalzar tu, che lo svenasti? Il ferro, ¶ quel

te stessa omai: ben lo puoi far tu vinta

avea pugnale, ¶ ma cor; lo aspetto di piè fermo

chi sa fin dove lo spingeano! — Ah figlio!... ¶ troppa

tu visto ¶ fra noi lo avessi!... Quasi in cor

le lunghe veglie. ¶ Or lo vegg´io mendico andarsen

avvilito... Oimè misera!... Or lo veggio ¶ di mar fremente

ma pur sono ognor lo stesso. ¶ ognor nemico a

voglio ¶ entro quel cor lo stile... Atroce core, ¶ che

udiva; eppur nell´onde lo scagliava, ¶ forse ancor semivivo

figlio... ¶ ch´io vendicar lo veggia, e poi mi

ch´egli sia. ¶ intrepido lo aspetto. Emmi sollievo ¶ solo

lasciarti errai. ¶ Polidoro ¶ ... Per lo gran pianto... ¶ parlar... quasi

tu forse ucciso hai lo stranier, che in riva

qual venne; e tale ¶ lo scopre a voi menzogna

avventa a Polifonte, e lo atterra d´un colpo

al mio dire. Io lo sottrassi, io stesso; ¶ io