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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Federigo Tozzi, Tre croci, 1920

concordanze di «lo»

nautoretestoannoconcordanza
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1920
mettersi a correre, prendendo lo slancio; e tornò a
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o l'altro fratello, lo guardò e chiese con
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Dove vuoi che sia? Lo sai che a quest
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alla bocca, quasi sorpreso, lo guardò: ¶ — Con te non
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doventata un'abitudine; che lo preoccupava piuttosto per la
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la cambiale aperta su lo scrittoio; si grattò vicino
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mise in tasca. Niccolò lo guardava, imprecando e bestemmiando
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sputando i pezzetti sotto lo scrittoio; allungando le gambe
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meno. Tutti quelli che lo conoscevano, non si rivolgevano
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vita, sempre a sedere! ¶ — Lo so! Me la invidia
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un vino che, se lo bevesse lei, resterebbe stupito
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Più di me? Ah, lo credo! Lei non ha
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doventò serio. ¶ — Non me lo vuol dire? ¶ — Anzi! A
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rispondeva a pena se lo salutavano, tirava via come
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bottega, un'altra volta, lo prendo a calci nei
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cosa di male? Non lo posso né vedere né
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tenere un commesso, se lo faceva sempre chiudere e
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padre, perché io te lo debba dire? Te lo
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lo debba dire? Te lo domando mai io a
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Che soddisfazione mi dài! ¶ — Lo so. Quando dico una
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credete, per me è lo stesso. ¶ Giulio aprì il
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parlava più e non lo guardava né meno, come
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né meno, come se lo avesse irritato. Giulio gli
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di più. ¶ — A me lo dici? ¶ — A chi devo
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come il mio pollice. ¶ — Lo so: sarà eguale alla
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bestia... un rospo! ¶ Giulio lo guardò con tenerezza; ma
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non voleva amicizie e lo rimproverava tutte le volte
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sentito ascoltando il Nisard, lo fece soffrire. Gli pareva
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restò soprapensiero. Il Nisard lo guardava in viso, come
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come se avesse capito lo scherzo; e gli domandò
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a casa; perché non lo avrebbero aspettato; e sapeva
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fuor di Porta Camollia, lo salutò frettolosamente. ¶ Dopo cinque
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Lasciatemi: sto bene so lo, a parlare con me
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facesse cenno che non lo prendesse sul serio, allungò
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si volse con veemenza: ¶ — Lo vende? ¶ — È quello che
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niente: non mi fido. ¶ — Lo so che tu mi
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al prete che se lo ficchi in gola! Non
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Se capita nella libreria, lo prendo a pedate. Diglielo
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impepato. ¶ — Sei tu che lo vuoi così! ¶ — Stasera, c
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puoi andare: nessuno te lo proibisce. Non è la
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il lesso io non lo potrei né meno mettere
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allora rideva anche con lo stomaco, sussultando: ¶ — Questa è
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nel banco dov'era lo scaffale dei libri. ¶ — Oh
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del suo marmo? Sarebbe lo stesso che importasse a
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fa tutti i giorni. Lo dicono! ¶ — E a lui
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dormo, lui può lavorare lo stesso; mentre io mi
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cattivo; e seguitò: ¶ — Me lo dite per offendermi; ma
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vero, Vittorio? Se me lo ripetono un'altra volta
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contro di me. ¶ Giulio lo guardò meravigliato e rispose
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Non è vero! ¶ — Tu lo scusi sempre, ma è
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dare mica retta! Non lo vuoi posare? Me ne
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anche tu che non lo sai prendere! ¶ — Io vorrei
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E perché? ¶ — Il perché lo so io! Non mi
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ma Niccolò gli tagliò lo stesso le parole, tremando
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Basta! Basta! Basta! Se lo dico io che non
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Allora anche Giulio, che lo guardava, in piedi, da
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di lacrime bollenti; che lo accecavano. ¶ E non ebbero
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la notte... ma quando lo sentimmo piangere... mia moglie
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che Giulio si distraesse, lo costringeva sempre a guardarlo
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fatto una magnifica passeggiata. Lo domandi a suo fratello
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domandi a suo fratello. ¶ — Lo credo; se me lo
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Lo credo; se me lo dice lei! ¶ — Ma ne
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pensare ad altro; perché lo pigliava una specie d
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male a portare sempre lo stesso vestito blu; lustro
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È inutile che ve lo ridica, mi pare: se
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incassi fosse poco, me lo dovete avvertire. Badate che
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per la mente! ¶ Giulio lo avrebbe supplicato di smettere
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della porta; sempre con lo stesso stato d'animo
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si può mai parlare! Lo scusi, perché né meno
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ridere e gli disse: ¶ — Lo sa come io sono
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vado da me, perché lo voglio scegliere. Suderò come
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c'è caso che lo compri qualche trattore o
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buonumore, e tu me lo vuoi guastare. ¶ — Non fare
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vestire in pace. Te lo chiedo per favore. ¶ Ella
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Giulio non ancora, perché lo avrebbe ridetto al marito
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tuo marito? Perché non lo domandi a lui? Perché
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domandi a lui? Perché lo domandi a me? Questo
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rivolgi a me? ¶ — Ma lo saprò lo stesso. ¶ — Le
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me? ¶ — Ma lo saprò lo stesso. ¶ — Le donne riescono
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fette! Bisognerà che ce lo stenda da me. Meno
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cognato, ma ora glie lo farei scontare. ¶ — Con la
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interessi. ¶ — O chi glie lo avrà messo in mente
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che non sa niente! ¶ — Lo spero. ¶ A mezzogiorno, Niccolò
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sei il più sboccato, lo sapevo. Ma le sudicerie
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ridere. Le due nipoti lo guardavano con una ammirazione
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e, prendendogli la testa, lo baciò. Egli si strofinò
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io, che faresti tu? ¶ — Lo sai: glielo direi io
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si discostò: ¶ — Perché me lo dici qui? ¶ — È peccato
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Da sé non te lo può dire. ¶ — Fate sempre
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sempre le moine! ¶ — Te lo dirà Chiarina da sé
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ella, la sera stessa, lo fece sapere a Giulio
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senza saper perché, vedendo lo zio Giulio più serio
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tanto affezionato, e non lo metto in dubbio, a
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da sistemarsi bene? ¶ — Giulio, lo sai! Io di queste
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essere arrivato troppo tardi! Lo avrei conosciuto volentieri. ¶ — Pare
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me. ¶ — Ora, guarderemo se lo troviamo! ¶ — Non ho nessuna
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Chiarina, gli disse Giulio. ¶ — Lo sapevo. E perciò me
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lei è contento? ¶ Niccolò lo ragguardò in viso, ridendo
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era tranquillo, ma dileggiante lo stesso. Si calcò il
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miserabili. ¶ Giulio, pensieroso, rispose: ¶ — Lo so! Ma bada se
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il consenso di.... ¶ — Oh, lo sapranno tutti! Si figuri
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me ne incarichi io? Lo faccio con vero piacere
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la governante dei figlioli... Lo sai chi è quel
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Che ti dicevo, Giulio? Lo vedi che è vero
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non ci si sbaglia! Lo vedi che io so
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che mi pare. ¶ Giulio lo difese: ¶ — Ha ragione. ¶ — Mi
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giovine, per il fidanzamento. ¶ — Lo sai anche tu? ¶ — Se
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anche tu? ¶ — Se non lo so io? Non è
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i fratelli, minacciando che lo avrebbero mandato fuori di
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nella strada, gli disse: ¶ — Lo sapevo che quel menno
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Niccolò è tanto allegro! Lo giudico anche simpatico! ¶ — Quando
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l'ordine io... Io, lo so, ho finito con
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di portarglielo, e non lo salutò né meno; quantunque
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salta in testa? ¶ Enrico lo guardò con risentimento e
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risentimento e gli rispose: ¶ — Lo vedremo chi di noi
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mani di tutto: te lo fischio davanti a testimoni
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della mia arrabbiatura? Se lo dici, a me ormai
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faccia la cortesia lei: lo porti fuori di bottega
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zitto; ma, poi, disse: ¶ — Lo vede come mi trattano
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Né Giulio né Niccolò lo ascoltavano: Niccolò guardava per
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giurato che non ce lo avrebbero più visto, domandò
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che gli era dietro, lo aprì a una pagina
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costretto a pregarlo che lo lasciasse fare. Quando si
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e trovo il compratore. Lo porto qua con me
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della sedia, legandoli con lo spago. ¶ Niccolò andò a
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ridendo: ¶ — Viene questa sera. ¶ Lo zio le fece una
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d'animo, all'improvviso, lo continuò finché non fu
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parendogli più tranquillo. Perciò, lo guardò, aspettando che tenesse
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anche voi dovete fare lo stesso. ¶ Ma Niccolò non
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mia. Nondimeno, mi prendo lo stesso la colpa: e
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sentiva come morire, desiderando lo stesso di sacrificarsi senza
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Firenze; e perché non lo dissuadessero, aveva evitato di
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lei. Per me, è lo stesso. ¶ Nell'aria c
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sarebbe compromesso; o, per lo meno, gli avrebbe suggerito
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motivo perché tu me lo domandi? ¶ — Volevo sapere quel
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venuto al mondo stamattina? ¶ — Lo so. Ma te l
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regolare nel caso che lo incontrassi io. ¶ — Tu farai
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delirio senza scampo. Chi lo avrebbe trattenuto perché non
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contro il muro? Chi lo poteva tenere, nella strada
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uomo può cambiarsi! È lo stesso di una malattia
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Ma il perché non lo trovava; e, a forza
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migliore dell'altra; che lo approvarono. "Avrei poco giudizio
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per vedere se nessuno lo notava. Desiderava che lo
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lo notava. Desiderava che lo giudicassero pieno di boria
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di Monteriggioni: così, se lo avessero cercato, non lo
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lo avessero cercato, non lo avrebbero trovato in casa
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a dietro; poi fece lo stesso altre due volte
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di buon umore. Niccolò lo aggredì: ¶ — Che vuoi? Non
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brio... e pretende che lo si tratti da persona
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nome mio che non lo volevo offendere sul serio
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a canticchiare sguaiataggini. Giulio lo ascoltava; ma ad un
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le mani mentre ella lo accarezzava; ma, dopo un
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sé. La moglie non lo fece escire; ed egli
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denunciata. Pareva che già lo sapesse anche tutta Siena
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testa fra le mani, lo baciava e lo chiamava
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mani, lo baciava e lo chiamava per nome. Enrico
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morto s'infuriava; e lo sollevò di peso, accomodandolo
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essere Modesta! Io non lo so assistere! ¶ Giulio, aprendo
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invece, insensibile; e questo lo deludeva. Non c'era
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ormai era: nessuno glie lo avrebbe potuto dire con
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vivo, vedrò. ¶ — E io lo stesso. ¶ Escirono insieme, come
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del marito e non lo voleva più lasciare; singhiozzando
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con il loro peso lo fecero perfino traballare. Giulio
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avrebbe desiderato che non lo lasciassero più. Ma disse
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senso di dolcezza che lo affascinava. Poi, rimpianse di
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togliere la vita, sarebbe lo stesso io trovassi gusto
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Come mi dispiace! ¶ Giulio lo guardò con il viso
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ma vi si attacca lo stesso. Sentiva che poteva
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evitare che il Nisard lo mettesse al punto di
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tutte le altre volte, lo portò a guardare Siena
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viso l'effetto, e lo riportò via subito perché
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ora, da sé? ¶ — Chi lo sa? Oggi siamo vivi
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che avevo non glie lo so spiegare, ma cercherò
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staccava il suo sogno, lo teneva discosto, senza riescire
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era intorno, mi faceva lo stesso effetto. Io non
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attaccata quella tavola; e lo dimenticò subito. ¶ Ma Giulio
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del gasse, prendendo fuoco, lo fece tremare di spavento
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a quelle pareti. Loro lo avevano fatto mentire e
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tratto, sentì bussare: Niccolò, lo chiamava. Doveva rispondere? Non
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le parlava, perché non lo tentasse. Ma non osava
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Laterino. Enrico e Niccolò lo accompagnarono, dietro la lettiga
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affrettò il passo e lo lasciò a dietro. Andò
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il bisogno che te lo suggerissi io! ¶ Enrico, senza
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sua miseria. La gotta lo perseguitava e s'era
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tutto quello che avevo. Lo divorerei vivo con il
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non era difficile che lo invitassero a mangiare; ed
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dolori alla testa che lo lasciavano sbigottito. Contro di
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E, lì, a letto, lo assalivano mille tristezze, che
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assalivano mille tristezze, che lo abbattevano. ¶ — Modesta, che pensi
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poi, si destavano e lo ascoltavano con terrore. Egli
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Gli pareva sempre che lo avessero chiuso nella libreria
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volessero lasciarlo più. E lo costringevano a dondolare Giulio
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Anche gli pareva che lo facessero camminare nudo, con
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strade solitarie; e se lo incontravano i ragazzi che
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sgabello, scuotendosi: ¶ — O non lo sapete che mi potete
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alla stazione, io non lo tirerò mai; perché non
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Ma il guardiano non lo voleva far passare; credendo
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suo casotto di legno, lo spiava per capire quel
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poco, tutta dritta; poi lo raggiungeva. Gli metteva nella
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tutto; perch'ella non lo vedesse. ¶ La donna proseguiva
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c'era caso che lo colpissero su la testa
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i primi di febbraio lo presero all'Ospizio di
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la saliva alla bocca. ¶ Lo misero in un camerone
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e nessuno vuoto. Quando lo fecero lavare e gli
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era dei meno vecchi, lo mandarono nell'orto a
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occhi da terra; e lo guardarono, senza rispondergli. Allora