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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Federigo Tozzi, Gli egoisti, 1923

concordanze di «lo»

nautoretestoannoconcordanza
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sebbene chiunque di loro lo avrebbe dichiarato il più
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venire una ripugnanza che lo spaventava. Non poteva nè
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una malattia orrenda che lo avrebbe ridotto irriconoscibile. ¶ Tuttavia
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quasi allegro, o, per lo meno, ne aveva la
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i mattoni si sfacessero lo stesso in polvere; e
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di quelli stesse chi lo avrebbe aiutato, portandolo via
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contentezza; che, al solito, lo esaltava; affascinandolo. Quasi era
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quanta forfora mi cade. ¶ — Lo vedo. ¶ — Mettiti a sedere
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soldi finchè non riscuoterò lo stipendio. A trattoria, pago
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non ho voglia! ¶ Dario lo guardò; non sapendo nè
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stessa parte, come se lo facesse volentieri e per
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è bisogno che te lo spieghi io? ¶ — Non ti
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Io mi stanco subito lo stesso. ¶ — Perchè non vuoi
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vuole tanto bene! Tu lo sai. ¶ Ma, ora, a
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perchè il Giachi non lo prendesse per pazzo, finse
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viso quel pallore che lo faceva doventare subito più
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eccitazione nervosa. Quella nervosità lo urtava, e doveva evitare
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che s’era offeso; lo prese per un braccio
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per un braccio e lo fece camminare: ¶ — Devi venire
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potuto adattarsi a fare lo stesso. ¶ Quando fu a
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Il ricordo di Albertina lo attraversò come un brivido
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un brivido diaccio; e lo fece tornare in sè
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Via del Lavatore, su lo spigolo di una casa
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fanfara, anche questa inespressa, lo faceva muovere come se
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senso di malvagità che lo perseguitava. Allora camminò in
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E le rispose: ¶ — Te lo dirò. ¶ Perchè, vicino a
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Di quando in quando, lo guardava di sfuggita; e
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guardava di sfuggita; e lo vedeva assorto per una
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e cercò di pregare lo stesso; finchè non gli
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aveva scritto, ma non lo capiva più. Se non
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vedere tutto ad Albertina, lo avrebbe strappato con una
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con una rabbia, che lo faceva respirare a fatica
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con un rimpianto che lo straziava, con un dolore
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esclamava, perchè stizzisse: «— Ma lo so che mi vuoi
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scusa. ¶ Lasciata Albertina, che lo richiamava sempre per farsi
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delle altre volte, e lo accolse con un sorriso
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venire da te? ¶ — Non lo so nè meno io
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bene: ¶ — Quando? ¶ — Ieri sera. ¶ — Lo vedrò tanto volentieri. ¶ Il
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vennero due solchi. Dario lo guardò fisso: ¶ — Non capisco
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come sei fatto! ¶ — Non lo so nè meno io
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quando la moglie ce lo costringeva. ¶ Dario gli chiese
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sono già infastidito. ¶ — Non lo dire! Starai a Roma
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i campi. ¶ — Sei sempre lo stesso! ¶ — Lo spero. ¶ Allora
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Sei sempre lo stesso! ¶ — Lo spero. ¶ Allora Dario, per
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essere la più inattesa: ¶ — Lo sai che io... ¶ Ma
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occhi, perchè il Carraresi lo guardava sempre più fisso
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rughe sembravano un sorriso: ¶ — Lo so. ¶ Poi, per non
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tossì; e aggiunse, comicamente: ¶ — Lo so che tu ami
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donna che tu ami? Lo sai che io ammetto
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ne voglio andare. ¶ Roma lo attraeva come una voragine
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Dario soltanto quando se lo vide accanto, un poco
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tra sè: ¶ — Io non lo so. ¶ Ormai, non avrebbero
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a Roma. Ma non lo scusò. Avrebbe voluto chiedergli
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ma, dentro di sè, lo approvò. ¶ E si dettero
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giornata intera con Dario. Lo vedeva troppo roso dal
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ch’egli la contraccambiasse, lo vedeva anche più di
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siamo venuti! ¶ — Staremo bene lo stesso. Non mi dire
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per tornare come quando lo aveva conosciuto! Ella attendeva
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anche voluto dirgli quanto lo amava, ma taceva per
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un lungo brivido, che lo accecò; facendogli sembrare di
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tristezza angosciosa. Ma andò lo stesso a trovare il
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non aveva ma che lo allettava! Quella volta, avrebbe
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in un modo che lo turbava; con le gambe
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disse, con voce secca: ¶ — Lo sapevo. ¶ Senza riflettere, Dario
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sul serio: ¶ — Non te lo meriteresti, ma ti sono
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ma ti sono amico lo stesso. ¶ Anche il Carraresi
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n’offese un poco: ¶ — Lo sapevo che non avresti
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per una manica; e lo portò via dai suoi
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tutta la mattina. ¶ Dario lo presentò al Carraresi; invitandolo
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pianto, sperava che durante lo stesso giorno le cose
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ami me. ¶ — Perchè me lo dici come se tu
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che da me non lo sappia. ¶ Ma Albertina lo
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lo sappia. ¶ Ma Albertina lo rimproverò; e tutta la
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tornata in te, me lo dirai. ¶ E siccome Albertina
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tornata in te, me lo dirai. ¶ Doventava furibondo anche
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alberi, i prati erbosi, lo irritavano; sentendo che tra
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fece uno schianto: egli lo guardò. Aveva i rami
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più sicuro ch’ella lo amasse; e n’era
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le paresse di vederlo lo stesso. Poi disse: ¶ — Perchè
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testa giù: e non lo guardava. Non s’era
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lei! A momenti, anzi, lo assaliva la voglia di
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gli occhi della zia lo potessero osservare di continuo
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sempre più forte; quasi lo assordasse. Non vedeva nè
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guardava il cielo, e lo trovava sempre più largo
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vivo, ed egli quasi lo rimpiangeva; perchè, forse, lo
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lo rimpiangeva; perchè, forse, lo avrebbe tolto da ogni
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cambiò d’abitudini. Nessuno lo vide più al caffè
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vorrei. ¶ — Io ti parlerei lo stesso anche a costo
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le conosco poco. ¶ Dario lo guardò come se fosse
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per accondiscendere. ¶ Il Papi lo prese sotto il braccio
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più che il Papi lo guardava quasi per provocarlo
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sempre tanto volentieri, non lo capisse fino in fondo
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forti violenze che poi lo lasciavano come insensato e
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per nessun motivo! ¶ E lo lasciò a se stesso
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più giovane? Sapeva tenerlo lo stesso a distanza. ¶ Ma
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Credette che il silenzio lo volesse tenere lì per
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restava di lui? Niente! Lo sentiva con un raccapriccio
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dette Dario; e non lo dimenticava mai. Le pareva
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ricorda; anche se non lo vede bene. ¶ Avrebbe avuto
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come una forza, che lo piegava ad un’obbedienza
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passarono avanti; fermandosi poi lo stesso come le prime
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casa. ¶ Ad un tratto, lo scosse un colpo di
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gli dava torto e lo disubbidiva. ¶ Camminò più in
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più perchè ella non lo cercasse. Si tolse il
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convento; perchè egli pensasse lo stesso sempre a lei
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con una tristezza che lo avviliva. Non sapeva quel
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improvviso, una gelosia violenta lo prese; e ricordò con
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certe strade di Roma lo avevano lasciato libero. Ogni
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d’animo piuttosto complicati, lo avevano ravveduto. Quantunque Roma
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avevano ravveduto. Quantunque Roma lo avesse quasi sempre corrisposto
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specie di rancore; che lo compensava di tante rinunce
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musicali, che a Pistoia lo avrebbero inorgoglito, dovevano fare
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gli avrebbe mai scritto: lo lasciava, volentieri, alle sue
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scaldano la testa e lo stomaco con una tazza
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A casa della zia lo aspettava invece una certezza