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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Alberto Savinio, Tutta la vita, 1945

concordanze di «lo»

nautoretestoannoconcordanza
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1945
al treno ma non lo guardava, come se tra
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più chiara, e invece lo deformano in una specie
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quella desolata incomprensione che lo riprendeva a ogni arrivo
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di che Lodovico aprì lo sportello e scese in
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e ripartì. Il capostazione lo seguì con lo sguardo
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capostazione lo seguì con lo sguardo fin dove poté
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le soste dei treni lo costringevano a interrompere i
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quel vizio solitario che lo consumava sì e gli
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occasioni mancate. La noia lo divora e per aggrapparsi
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e che via via lo rivestono di vuoto; queste
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la finestra spalancata entra lo squittio di un gruppo
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quella inquietudine che sempre lo riprende a ogni arrivo
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ricorda che una partenza lo aspetta ancora, benché partire
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col resto del mondo, lo si poteva argomentare da
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anche da vivo essa lo aveva amato nel ricordo
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e nel piroscafo che lo riportava in Europa lo
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lo riportava in Europa lo condusse a compimento. ¶ Anche
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mentalmente il suo piano, lo portò a perfezione, e
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lungamente. Veniva da fuori lo stridio irritante delle rondini
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ora questa pure aveva lo smorto, l’esangue di
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maschere, e questo ricordo lo distrasse a tal segno
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intossicata di quelle rive lo vinsero. Perseverò nel lavoro
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quella creatura senza sale lo intenerì. Pensò: «La mia
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verginità vizza e stantia lo stimolava. ¶ In un solo
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sa dirlo? ¶ «Sì...». ¶ «Allora lo dica». ¶ «Non disse quello
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di oscurità nella quale lo aveva rinchiuso quella parola
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di quelle mani che lo respingevano pur senza toccarlo
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arrestava la sua marcia, lo invitava ad avvicinarsi. ¶ Astuzia
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piccolo limbo nel quale lo scherzo e il gioco
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fecondo di incontri sorprendenti, lo ha smussato, lo ha
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sorprendenti, lo ha smussato, lo ha addomesticato in un
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nome di Copernico e lo ha sostituito con quello
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giorno, nel suo salotto, lo invitava ad ammirare un
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pechinese e spasmodicamente se lo strinse al petto, con
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immobili e miti che lo guardavano con innocenti occhi
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delle vicende umane. Qualcuno lo chiamò una volta Padreterno
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lui trovare assistenti che lo secondassero nel suo lavoro
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principii, cambiò nome e lo chiamò Adamo. ¶ Un giorno
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l’assistente detto Adamo, lo avrebbe sostituito degnamente. ¶ Bull
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per carità, non me lo strazi troppo!». ¶ Il signor
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nodose di muscoli, afferrò lo strumento iniettatore fra le
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le mandibole potenti e lo stritolò come una cannuccia
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istanze della contessa che lo voleva ospite per un
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Gelosia? sorpresa? indifferenza? Non lo sappiamo: non lo sapremo
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Non lo sappiamo: non lo sapremo mai. Né sapremo
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nota della locomotiva, con lo scaccianeve a pettine sotto
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scaccianeve a pettine sotto lo scudo del petto, il
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la signorina Fufù non lo ha pensato al finestrino
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il velo e glie lo aveva attorto a ciclone
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ancora, e in ciascuna lo scompartimento della signorina Fufù
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scottasse; tornò a toccarlo, lo trasse piano piano a
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piano piano a sé, lo spiegò: era il «Messaggero
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distintivo di colui che lo porta, e imporre il
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dello zio Bruno Fantapié. ¶ Lo zio Bruno? Questo zio
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e assieme spaventosamente dolce, lo amò di più. C
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ma questo desiderio essa lo manifestò alla prima persona
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signorina confidò a costui lo stesso desiderio poco avanti
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se la signorina non lo vuol tenere...». ¶ «Mi ha
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che la riguardano. Udito lo scopo, la signorina Fufù
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signorina Fufù non se lo fa ripetere due volte
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aperta, sul leggio è lo spartito del Don Giovanni
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dei boscìmani. E Leone, lo abbiamo già detto, non
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tra le braccia; e lo sforzo che gli toccava
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son fatte le donne» lo immergeva in lunghi e
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nome. Ma Leone non lo può capire. Non lo
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lo può capire. Non lo capirà mai. E se
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ha spianato i tratti. Lo ha «neutralizzato». Non appare
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passano vicino, e talvolta lo sfiorano, e talvolta lo
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lo sfiorano, e talvolta lo urtano, i passanti per
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guerra Leone non se lo rappresenta chiaramente, né fa
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uomini a frotte, e lo coinvolgessero nella loro vita
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vegetale che animale, poi lo distese quanto era lungo
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muro ove la mamma lo aveva collocato ritto sulle
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sua madre che trèpida lo aspettava all’altro capo
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volontà di farlo suo. Lo sguardo del piccolo Nìvulo
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coniugi Sapo. Il primo lo avevano avuto trentadue anni
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opera sul piccolo Nìvulo, lo tiene chiuso nella sua
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bambini e che sono lo stato larvale del linguaggio
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singolare il commendatore Sapo lo aveva inventato da sé
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il suo bambino, ossia lo conduce con tanta delicatezza
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mai rivolto uno sguardo. Lo guardavano talvolta con stupore
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di vita senza corpo lo avevano consumato. ¶ Un giorno
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E in verità nessuno lo aveva visto. ¶ Questo «qualcosa
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questo nome egli se lo era inventato da sé
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né delle cose che lo circondano. Eònio si appartò
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figli dei suoi figli lo avevano abbandonato. Diffidavano di
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vent’anni, dal 1880 al 1900, lo portò in giro per
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e la sera, terminato lo spettacolo, gli copriva la
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anche l’impresario che lo portava in giro, spenta
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grande notizia a Eònio. Lo trovarono che dormiva. ¶ Eònio
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E i vecchi che lo circondavano e lo guardavano
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che lo circondavano e lo guardavano dormire, assistettero allora
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i due telamoni che lo sorreggevano ondeggiavano lentamente, come
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me ne posso andare». ¶ Lo stupore rinvigorì la mia
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telamoni. Vuoi che te lo dica? Questa casa non
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Questo mio compagno è lo schiavo perfetto. Rispettiamo la
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rumore grandissimo, che vinceva lo stesso frastuono del convoglio
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un altrettale pudore che lo induca a masticare in
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possibile. L’orribile e lo schifoso attraggono irresistibilmente. Vano
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della ferrea crosta che lo conteneva, dava a pensare
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mi avvedo che dentro lo scompartimento più vicino a
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Solo parlare io non lo udivo, ma era egli
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in faccia? Perché non lo uccido?... Perché non lo
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lo uccido?... Perché non lo uccido?... ¶ L’idea liberatrice
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difficoltà. ¶ Solo parlare non lo sento, ma è egli
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sento che io stesso lo penso? ¶ Viene finalmente il
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mia anima, questo non lo posso sopportare. ¶ Ogni volta
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per punizione io non lo bevo. ¶ Uccidere... ¶ L’idea
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piedi, afferro il termos, lo sbatto con quanta forza
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viaggio per i piedi, lo infilo nel finestrino, lo
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lo infilo nel finestrino, lo spingo fuori a piccoli
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vento della corsa me lo strappa dalle mani e
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dalle mani e se lo porta via. Collaborazione inaspettata
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il quarzo, e abboccoli lo schisto, ¶ e alle rocce
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Bago». ¶ Questo augurio Ismene lo dice ogni mattina appena
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peli sugli occhi e lo sguardo umano. A suo
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il grande paravento e lo apre tra il letto
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i regali. Ismene allora lo baciava in fronte e
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da fare che sposare lo zio Rutiliano. A chi
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peli sugli occhi e lo sguardo umano, e dopo
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non l’indomani. Ismene lo baciò in fronte, come
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para improvvisamente davanti e lo inchioda sul posto. ¶ Diversamente
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di Luigino e poiché lo ha riportato mediante un
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fissità del suo sguardo lo costringe a guardare con
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rombo di vuoto che lo frastorna. Luigino pensa al
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nella mente, ma finalmente lo scarta come di attuazione
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periodo di vuoto assoluto. Lo sguardo di Luigino torna
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che quando sua madre lo punisce, suo padre prende
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paese nel quale nessuno lo conosce e ove sarà
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il cinturino dal polso, lo getta lontano sul pavimento
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l’orologio dal polso, lo gettò a terra, lo
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lo gettò a terra, lo calpestò. Atto disonorevole e
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Giovanni col martello e lo scalpello. Troveranno la camera
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piena di notte. Vede lo spavento sulla faccia di
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di sua madre che lo chiama. Lo chiama per
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madre che lo chiama. Lo chiama per la casa
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per la casa. Poi lo chiama per istrada. Poi
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chiama per istrada. Poi lo chiama per la città
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per la città. Poi lo chiama per la campagna
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sempre più lontano. Vede lo stupore sulla faccia di
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di sua madre. Rivede lo stupore sulla faccia di
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croce scendono giù per lo schienale, traversano il sedile
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estate che i suoi lo precedevano in campagna e
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non c’erano, se lo portò a casa, lo
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lo portò a casa, lo fece accucciare sulla pelle
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non solo colui che lo porta, ma i suoi
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zia sul sedile e lo schienale di una trapuntina
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rimessi a posto: anche lo specchio ovale circondato di
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come soffocato dall’acqua. Lo zio Lodovico si premé
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per un crampo, guardò lo specchio con smisurato stupore
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madre di Dazio uccisa lo specchio non resse e
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in mezzo al salotto. Lo stupore lo regge in
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al salotto. Lo stupore lo regge in piedi, come
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legato. Una logica adamantina lo illucida tutto, intrasparenta il
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silenzio, nel loro sonno. Lo specchio soltanto... Che strano
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voce del sangue?». ¶ Poiché lo specchio è ormai tutto
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ritratto dal cavalletto e lo posa per terra. Gli
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Rosa, la «fedele» Rosa lo ha abbandonato. Disse che
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e castissima, poggiata con lo schienale alla parete e
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per un’ora se lo tenne appoggiato alla guancia
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Il salotto buono non lo si apriva se non
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voce che poco avanti lo ha destato. ¶ Nessuno risponde
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le orecchie, ascolta con lo stomaco, ascolta con le
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nonna: ¶ «Questo io non lo posso dire». ¶ «Perché? perché
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del commendatore ha scosso lo stesso divano. ¶ «Oh non
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propria. Sì, con orgoglio lo dico: la vita della
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il suo slancio e lo mettono in sospetto. Cerca
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stava benissimo, ma Rosci lo portò di peso nella
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togliergli né aggiungergli niente, lo tenne in degenza per
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ne lasciava sfuggire uno. Lo stesso signorino Enrico, sapete
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da collegiale, sua zia lo portava qui in salotto
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qui in salotto e lo faceva sedere su me
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sedere su me, e lo spogliava facendogli tante moine
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e le scarpe con lo scrocchio; e la signora
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persiane del salotto, poi lo ripeté al metropolitano, poi
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ripeté al metropolitano, poi lo ripeté al commissario di
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di pubblica sicurezza, poi lo ripeté al giudice istruttore
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al giudice istruttore, come lo choc avuto alla scoperta
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sono piccolo?... E poi lo dite voi che io
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Credete che io non lo sappia?... È per questo
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il vostro trucco... Io lo so... La vostra serietà
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si vede ma che lo stesso non si può
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impedite di giocare... Io lo so che voi grandi
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che voi chiamate piccoli lo sappiamo... Ma per quanto
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tanti giorni non me lo dice più che domani
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Ma io mi alzerò lo stesso... Non posso più
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più aspettare... Tanto io lo so che aspettare da
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chiamate giochi... Ma voi lo sapete, l’avete capito
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e trasformeranno il mondo, lo rivoluzioneranno, e avete paura
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mi alzerò... non me lo potete impedire – con le
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E anche se me lo impedite, io mi alzerò
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impedite, io mi alzerò lo stesso: mi alzerò quando
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prenderli sul serio... E lo fate apposta a dire
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Ma voi questo non lo sapete e dunque non
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al contrario... Ma non lo sapete e allora non
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da voi... Devo partire... Lo so... Io so dove
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dove andrò... Se ve lo dico mi risponderete di
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di partire, non me lo darete... E poi perché