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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Lorenzo Viani, Ritorno alla patria, 1930

concordanze di «là»

nautoretestoannoconcordanza
1
1930
travalicato la solitudine, dominato la volontà smisurata. ¶ Proponeva: — Io
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1930
il temporale – lui conosce la mia voce – io gli
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1930
egli vivrà. E dentro la sua anima di pietra
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1930
con ferri freddi come la nostra volontà il colle
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1930
scardineremo, travolgeremo, libereremo. Raggiunta la barca, con lui, i
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1930
di scarabei razzolanti tra la lordura della terra, incapaci
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1930
scagliarne un pugno contro la luce del sole. ¶ La
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1930
la luce del sole. ¶ La potente ossatura del cieco
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1930
potente ossatura del cieco la trivellavano i tarli, l
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1930
cui giaceva un ribelle. La cassa fu sollevata d
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1930
erano protese braccia che la riparavano perchè non si
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1930
cugno delle spalle e la cassa navigò fuori sopra
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1930
il fiume che partiva la città. I portatori sporgevano
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1930
penne maestre si lanciarono, la cassa mareggiò tra varate
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1930
il ritmo della rivolta. La forza stava per ghermire
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1930
forza stava per ghermire la cassa quando il mio
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1930
Nel fiume, nel fiume! — La cassa capolevata, fu varata
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1930
un sobbollito di schiuma. ¶ La taverna, una sera d
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1930
parlatorio di una prigione. La fiammella del lume a
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1930
petrolio era stata abbassata, la lanterna di fuori fu
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1930
avesse spalancato l’uscio. La tenda sventolò come una
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1930
padre magro, scheletrito, teneva la mano tremula sulla maniglia
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1930
Egli disse: — Questa è la Donna, questi i ragazzi
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1930
albero infradiciato dall’uragano. La donna mostrava il viso
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1930
aveva rotti dalla stanchezza, la bocca diacciata chiedeva qualcosa
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1930
da tiro. ¶ — Compagni, vale. ¶ La famiglia si sedette sul
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1930
di una contegnosa austerità. La fronte aperta era di
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1930
da fili neri, sotto la rupe dell’osso frontale
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1930
universo. Io irrompo tra la tenebrosa oscurità di questa
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1930
notte sociale ove urla la tempesta delle idee e
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1930
sonno sul tavolo e la donna guardava atona. ¶ — Che
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1930
guardava atona. ¶ — Che vale la dialettica di Platone, Eraclito
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1930
Dio supremo, astratto, sterile. ¶ La famiglia si cibò di
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1930
degli ontanelli e foravano la boscaglia. I gabbiani squassavano
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1930
loro animo c’era la sua eterna cantilena. ¶ Quando
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1930
l’uomo che aveva la dignità dell’Apostolo. Egli
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1930
uomo si annienta. Più la divinità si fa grande
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1930
nome di Dio è la terribile clava con la
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1930
la terribile clava con la quale gli uomini, diversamente
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1930
diversamente ispirati, hanno abbattuto la libertà, la dignità, la
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1930
hanno abbattuto la libertà, la dignità, la ragione. Ora
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1930
la libertà, la dignità, la ragione. Ora abbiamo la
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1930
la ragione. Ora abbiamo la caduta dell’uomo. ¶ L
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1930
fondo della galera, narrava la vita orrenda delle deportazioni
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1930
imprescindibili diritti della carne, la lusinga brucente dei sensi
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1930
delirio dell’amore per la compagna: l’esser precipitati
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1930
Trema? ¶ — Di freddo! ¶ Dopo la predicazione partirono a piedi
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1930
predicazione partirono a piedi, la donna zoppicante dietro a
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1930
posò una aperta sopra la spalla d’Amedeo. — Ah
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1930
colato, tu ti asconderai la fronte con le mani
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1930
Federigo cadde ciondoloni sopra la sedia. La madre fiutò
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1930
ciondoloni sopra la sedia. La madre fiutò il Tarmito
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1930
fiutò il Tarmito come la belva il pasto prima
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1930
legno e parlavano con la solennità dei patriarchi: — Maledetto
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1930
che cinse di siepi la terra e disse: Questo
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1930
medesimi che avevano martoriato la fronte a Gesù Cristo
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1930
antesignani provenivano dalle città. il seme dell’idea
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1930
s’era schierata sotto la sua bandiera. ¶ Le folle
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1930
apprestavano le armi contro la resurrezione dell’uomo. Sui
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1930
a volo le aquile, la gente che ritornava di
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1930
gente che ritornava di dal mare annunziava l
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1930
avvento della grande idea. ¶ La mitraglia della strada, i
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1930
porge il pane con la forca. ¶ Gli antesignani fecero
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1930
costì dal fiorentino dove la sua parola tumultuaria ed
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1930
le folle all’idea. La sua figura spettrale non
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1930
con passo che aveva la misurazione della fatalità. Egli
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1930
era accorto, non cauto. La sensibilità esasperata dal continuo
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1930
ferro. Nell’incedere aveva la inflessibilità rettilinea del destino
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1930
ma non prudente ché la fronte gelida e petrosa
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1930
degli zigomi c’era la pelle gialla ma nel
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1930
gialla ma nel fondo la piletta era d’osso
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1930
aveva foltissimi e mortuari, la loro asprezza infrolliva la
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1930
la loro asprezza infrolliva la carne dove facevano ribulbo
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1930
carne dove facevano ribulbo. La bocca semiaperta, le labbra
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1930
piombava sugli omeri scarniti. La camicia sempre bianca lucida
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1930
caduto. ¶ Il martirio aureolava la sua testa. La cella
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1930
aureolava la sua testa. La cella dura aveva dato
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1930
il pallore dell’avorio. La trama delle vene v
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1930
mondo era tenebra e la tenebra era popolata di
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1930
di sudore ed ebbe la sensazione che il mondo
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1930
eco di questi spettri, la sua voce prendeva la
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1930
la sua voce prendeva la terribilità delle lamentazioni. Tutto
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1930
tuoni, voltoni uguali con la pesantezza della casamatta. La
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1930
la pesantezza della casamatta. La terra, immane cortile dove
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1930
immenso candelo nero e la gente scorgeva allora sulle
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1930
come scolaticci di cera. ¶ La sera che lo spettro
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1930
spettro parlò al Casone, la gente era stipata nella
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1930
era stipata nella taverna. La testa del cieco abbrividiva
89
1930
erano penzoloni dalle finestre. La gente persa nelle gambe
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1930
gelsi sono avvincati verso la terra e i vetrici
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1930
dalle pietre; alte muraglie la recingono e dentro v
92
1930
spettri son ivi confinati. giacciono i forti dell
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1930
Il cieco invasato narrava la fuga di Bakunine, l
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1930
occhi di carbone, per la Siberia, la Cina e
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1930
carbone, per la Siberia, la Cina e il Giappone
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1930
rivolta. Egli aveva travalicato la solitudine, dominato la volontà
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1930
che teneva campione, rovesciava la sacchetta per il controllo
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1930
anche a me. — Era la padrona della Casa che
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1930
non impregnerai mai. ¶ — Tieni la lingua a te, se
100
1930
vorrebbe per chi ha la lingua lunga. ¶ — O cul
101
1930
aver le corna che la coda. ¶ — A me maiala
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1930
che tirava — o rufola la sacchetta o ti dò
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1930
molo. ¶ — Che scandali! — diceva la padrona della Casa. ¶ — Certo
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1930
Forza. ¶ — Vilone. Ohi! ¶ — Ecco la Sicurezza. — A questa parola
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1930
scheletro si leggeva sotto la tonaca. Il padre portava
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1930
si riaccese e avvampò la casa. ¶ — Abbondanza, dodici. ¶ — Eccoti
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1930
usciva tremolando in tutta la persona e s’avviava
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1930
Buzzone, t’ha piantato la falce sotto. ¶ — A levarticela
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1930
Casone ci correva spesso la bara e gl’incappati
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1930
ritornaron murata murata, e la testa crocchiò come una
111
1930
volevano lasciarla portar via. La moglie sconsolata si doleva
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1930
dagli occhi fatti con la forbice e tutti in
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1930
e gli parve che la gobba fosse diventata di
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1930
mia. — Il testone e la gobba, con la noce
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1930
e la gobba, con la noce del collo strangolata
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1930
strangolata, fecero una clessidra; la testa colava e la
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1930
la testa colava e la gobba gravava sul fil
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1930
di sudore. ¶ Per tutta la notte, nel sonno ottenebrato
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1930
San Severino e se la pose sul petto ansimante
120
1930
via più leggeri che la spola del tessitore e
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1930
venuti meno senza speranza. La mia pelle si schianta
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1930
si riarmò dello scheletro, la pelle si tesò, aderì
123
1930
aderì di nuovo, e la gobba si rassodò come
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1930
in Barberia. ¶ Per tutta la mattina lesse un libro
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1930
che a vederlo sotto la volta del tempio col
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1930
del tempio col saio, la penitenza e lo sguardo
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1930
rimane in perpetuo. Sotto la Croce elevata a ricordo
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1930
a vederla, cerchiata con la corona di spine scintillanti
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1930
le tanaglie, il martello, la sindone, la spugna, la
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1930
il martello, la sindone, la spugna, la lancia, il
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1930
la sindone, la spugna, la lancia, il gallo, la
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1930
la lancia, il gallo, la mano; scrissero: Operai inginocchiati
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1930
pietra ov’era scalpellata la Pietà. ¶ Alla prim’alba
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1930
nel tempio urlando: Pietà. La signora Dina si fe
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1930
della Croce, si gelò la fronte e alzò le
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1930
non aveva esposto nemmeno la minutaglia: — Spregiar la Croce
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1930
nemmeno la minutaglia: — Spregiar la Croce e dileggiar la
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1930
la Croce e dileggiar la morte. ¶ La signora trapuntava
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1930
e dileggiar la morte. ¶ La signora trapuntava il tombolo
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1930
spinse fuori il capo, la cercò con gli occhi
141
1930
sulle lenti e con la bocca ebbra e feroce
142
1930
Dina e le punse la cotenna. Ella dilatati gli
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1930
il tombolo: — Ohimè! — gemè. La gobba gli sembrò diventata
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1930
tra poco è ventibuia! ¶ La sera i Malfatti sembravano
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1930
rilucente e calamitato sotto la gronda del cappello e
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1930
quando li tenevano tra la cenere come i gatti
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1930
come i gatti, sotto la cappa del camino. I
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1930
incantato una serpe. ¶ — Ma la gola non ti secca
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1930
dico che ho ricevuto la grazia dalla Madonna di
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1930
tabacco pareva lo scudo, la testa la voltava qua
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1930
lo scudo, la testa la voltava qua e là
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1930
la voltava qua e , viscida come glie l
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1930
ce ne voglio — disse la padrona di cucina. ¶ — Vieni
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1930
disse impettito lo Zoppo. ¶ La Zoppa sagginata e pitigginosa
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1930
morene. Essa era di che trafficava con stoccafissi
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1930
sitava come una chiavica. La Zoppa camminando non divincolava
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1930
schiantata. Invece un giorno la videro girare con la
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1930
la videro girare con la pancia agli occhi. La
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1930
la pancia agli occhi. La zia la portò subito
160
1930
agli occhi. La zia la portò subito dalla Strega
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1930
subito dalla Strega e la consigliò di passarle al
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1930
sarebbe andato in acqua. La mandarono su pei monti
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1930
eran tutti i componenti la famiglia di un imbianchino
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1930
che pareva Lazzaro dopo la resurrezione. Alla prima donna
165
1930
donna Geltrude dava voce la moglie di lui, una
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1930
occhi non potevano soffrire la luce e s’aombravano
167
1930
più grande si ciccava la lingua, il più piccolo
168
1930
cenci e ossi che la moglie insaccava dentro una
169
1930
venivano meccanicati da tutta la famiglia che si addossava
170
1930
per uno che ha la moglie inferma, — uscivano di
171
1930
di tabacco, si risciacquavano la bocca sul suo conto
172
1930
Gli par d’essere la regina. ¶ — Te ne gioveresti
173
1930
voltare verso il muro. ¶ La padrona, mentre le comari
174
1930
è gente in Sala. ¶ La Sala era ammobiliata di
175
1930
Ci tengo quel quadro perchè la mi’ povera
176
1930
quel quadro là perchè la mi’ povera mamma mi
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1930
diceva sempre: — Specchiati. — Era la stampa dell’età dell
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1930
vecchio centenario che pronunzia la parola: — Amen. Battesimo, cresima
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1930
santo e Amen. ¶ — Maledetta la superbia, si goda ora
180
1930
e nessuno ci transitava. ¶ La padrona, nell’ore bruciate
181
1930
si precipitava giù per la tromba delle scale e
182
1930
in cui si desta la tentazione meridiana, portava un
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1930
un cappello digrassato con la benzina, e s’umettava
184
1930
gilè felpato gli abboccava la gabbia e sventolava l
185
1930
coniglio che gl’impiumacciava la gorgia e la cuticagna
186
1930
impiumacciava la gorgia e la cuticagna, dal pelo delle
187
1930
il tacco, si fregava la nuca, si grattava il
188
1930
nulla! ¶ — Geloso matto. ¶ — Questa la pagherà cara. Se non
189
1930
Un gobbo smanganato con la testa di civettotto ingabbiata
190
1930
Su una seggiolona che la tragittavano sulle trottole, c
191
1930
nella Casa e con la padrona, ci si divagava
192
1930
un tavolo, e tiravano la tombola; alcune ronfavano come
193
1930
aggelate sul viso smunto. La Signora si scioglieva i
194
1930
l’atto di recidersi la gola. Amedeo ora impenetrabile
195
1930
un ciuco. ¶ — Sì! — ruttò la signora Dina colta dal
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1930
gobbo caduto ginocchioni impiastrò la bocca a spengimoccolo sull
197
1930
ricordato anche dal prete la domenica mattina alla messa
198
1930
che avevano i figli. La signora Dina, il gobbo
199
1930
gobbo e Filiberto diacciavano la fronte sul marmo e
200
1930
un nembo. ¶ Quando uscì la messa le madri dei
201
1930
Scurirà il cielo e la terra, e noi non
202
1930
in etisia.... e chi la sconta son le madri
203
1930
madri. Come siam condotte! ¶ La signora Dina da che
204
1930
Pinciana c’era organizzata la Cremazione, squadrava sospettosa Amedeo
205
1930
un tacchino e investiva la madre: — Io son porco
206
1930
porco e pazzo! — e la signora mantrugiava il cotrione
207
1930
dal casone c’era la prigione, un torrione largo
208
1930
il sole al casamento. La prigione era l’orologio
209
1930
romane il tempo perdeva la vertigine e andava lento
210
1930
che diceva eternamente no. La prigione era nuda, sulle
211
1930
acqua diaccia. L’aria la davano di sull’altana
212
1930
campanili, il vuoto dava la vertigine e il capogatto
213
1930
Dalle loro celle esalava la peste della femmina, il
214
1930
salive, l’ultimo se la mangiava. ¶ I detenuti erano
215
1930
delle chiavi. — Pattume, luridume. ¶ La Sicurezza vigilava il Casone
216
1930
Sicurezza vigilava il Casone. La Sicurezza era allogata in
217
1930
fioriva rami di stelle. La cappellina in fondo al
218
1930
ai tappezzieri per sbaruffare la lana. La piletta con
219
1930
per sbaruffare la lana. La piletta con su l
220
1930
dalle cui finestrelle ricevevano la benedizione matutina col canto
221
1930
Celeste trasparivano di sotto la pittura color tonaca di
222
1930
ispregio il Giallone ma la sua faccia era invece
223
1930
passavano sette mura come la benedizione. I baffi erano
224
1930
polputi come funghi morecci. La salda della montura di
225
1930
era uno schietto plantigrado; la gamba drittagna non l
226
1930
cenderone sul marciapiede con la bocca inzuppa di bava
227
1930
viandanti stazionava sui canti, la madre con un figlio
228
1930
gli straccali della vita. ¶ La domenica ci si rappattumava
229
1930
da madre ai ragazzi. La ciurma sortiva in cala
230
1930
accompagnata dal Zoppo con la chitarra: rastrellavano tutto il
231
1930
a che non usciva la messa del mezzogiorno. ¶ Dopo
232
1930
nascosti nel Casone facevano la ripartizione dei soldi accattati
233
1930
una parte e mezzo; la donna una parte, i
234
1930
San Bianco. ¶ — Io — sgorgolava la donna — sento dire da
235
1930
per i boschi. ¶ — Ma la mandragola l’ho meccanicata
236
1930
ti fo legare — sbrodolò la donna. ¶ — Scandalosa e spia
237
1930
a martello gl’infilò la chitarra al collo. Il
238
1930
portato via sanguinante e la Faina che s’era
239
1930
che quella vera me la impallinarono a Lombrici in
240
1930
schianto di polli. E la lasciai invece a Narbona
241
1930
ossa di San Valentino. La madre dopo il pasto
242
1930
l’ira gli annodava la lingua e allora essa
243
1930
sbraitava incollerito il gobbo. ¶ La signora Dina invelenita urlava
244
1930
le scale e trovavano la signora che mantrugiava il
245
1930
capo, l’ha presa la demonia per i capelli
246
1930
demonia per i capelli. ¶ La gente reggeva la signora
247
1930
capelli. ¶ La gente reggeva la signora tutta spampanata negli
248
1930
faccia per quell’innocente — Filiberto era svenuto sopra
249
1930
Filiberto era svenuto sopra la sedia. I casigliani ponevano
250
1930
diventata Proserpina e Satanasso. ¶ La Signora alla parola mare
251
1930
scasso il niffo — e la signora scotrionava Federigo nel
252
1930
il demonio, poveri noi. ¶ La sera a cena il
253
1930
via di te porto la croce io. — E filando
254
1930
stasera, anche stasera.... ¶ II. ¶ La peste della spartana era
255
1930
giorno ci s’intanasse la notte. ¶ I vecchi asserivano
256
1930
fiore di capitello e la balaustrata gialla, come un
257
1930
facevano conturbare i vicinati. La pasticceria era situata nel
258
1930
per intridere il pastone la traevano da una chiavica
259
1930
fu riassommato alla luce la bestia fu trovata strinata
260
1930
in su si dominava la tromba delle scale sconnesse
261
1930
per uno che ha la moglie inferma. ¶ Quando riverberava
262
1930
moglie inferma. ¶ Quando riverberava la luce si vedevano di
263
1930
aveva trovato ricetto anche la Giordano Bruno. Il vessillo
264
1930
il naso, una alzò la cocca della pezzuola che
265
1930
gonfiate le gote soffiò: ¶ — La vita è fuoco. ¶ Le
266
1930
le parole bianche. ¶ — Ecco la maledetta bandiera! — Il Tarmito
267
1930
fedeli sonando a distesa la benedizione, i timorati di
268
1930
spaurite, tutti pareva tenessero la loro anima nelle mani
269
1930
dirotto. Il vento sollevò la tenda di sulla porta
270
1930
di sulla porta e la fè sventolare come un
271
1930
precipitato sulla piazza impietrata. La volta del tempio e
272
1930
il vetturale vestito con la montura che era di
273
1930
occhi tralucevano di sotto la tuba di bandone verniciato
274
1930
della cravatta gli rasentavano la bocca che pareva li
275
1930
pareva un fungo avvinato. La livrea aveva le maniche
276
1930
Casone scese e schioccò la frusta. I cavalli sotto
277
1930
pecore, il teschio dietro la chiudenda beveva l’acqua
278
1930
quello riflesso ondeggiava per la piazza allagata. ¶ Il morto
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ventata gli portò via la pezzuola di sul viso
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fiotto di sangue coagulato. La pezzuola bianca mulinò per
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pezzuola bianca mulinò per la stanza come un uccello
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sparì nel cielo abbrividito. La bandiera nera rattenuta all
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un rovescio di pioggia. ¶ La bandiera nera uscì di
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parve un barcone con la vela nera. Dalle lame
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sciame d’uccelli. ¶ Era la prima bestia che portavano
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Rossa, lo vedevano anche la notte in vetta agli
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sulle bocchette e percotere la mano sulle colonne urlando
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terrore gli aveva aorcato la gola. Filiberto era come
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di qua e di , digrignando: ¶ — Dove sei, o
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lo faceva smaniare. Quando la prurigine gli dava la
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la prurigine gli dava la rósa sopra la cotenna
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dava la rósa sopra la cotenna rincallita anfanando e
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platano fino a strapparsi la giacchetta. ¶ — Si gratta il
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quando si spollina, con la mantellina color San Giuseppe
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monatto sacrilego; quando attizziva la torcia sul selciato pareva
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di latino, sapeva incutere la paura della Divinità. Federigo
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i bruci. Anche sotto la cappa i ragazzi lo
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gatto rosso — diceva ridendo la signora Dina. ¶ Dirimpetto al
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umidore della bocca aveva la dolcezza ambrata del miele
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dolcezza ambrata del miele. La donzelletta sfocata dalla cecità
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del gobbo, appariva con la evanescenza di una chimera
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è alla finestra. ¶ — Dove? ¶ — ! — Il gobbo allungava il
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allungava il collo, alzava la gorgia, scorciava il capo
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i montoni quando annusata la pecora a capo levato
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pecora a capo levato la incalzano, la zuccano e
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capo levato la incalzano, la zuccano e leccano. ¶ — O
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narra, narra!.... ¶ — Ma lui la ghermì di nottetempo e
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ghermì di nottetempo e la portò in vetta a
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i suoi pomi e la godrà... — urlava la demonia
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e la godrà... — urlava la demonia. ¶ — Ma specchiatevi — disse
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gli giungevano ai nodelli, la testa gli calò nel
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polpo. — Specchiatevi! Io quando la scorgo faccio da riccio
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eri stufo della vita. ¶ — La volevi fare tre libbre
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a voi questa non la faceva! — dicevano le donne
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il pazzo e porco. ¶ La sera il gobbo andò
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candore, il profumo e la castità di un giglio
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tutto toni celesti. ¶ Per la sua corporatura esile, non
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dal cui tetto pendeva la corda della campana che
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di battesimo Amedeo, ma la gente gli diceva il
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l’idea dell’Anarchia. La signora Dina lo aveva
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Umiliati, temerario! — Queste parole la signora Dina ripeteva spesso
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salmastra, il vento marino, la resina dei pini, respirati
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volta resterai così! — e la madre con due dita
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Il Tarmito non alzava la testa dal piatto. ¶ La
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la testa dal piatto. ¶ La signora Dina asseriva che
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di croce, mi piglierebbe la tentazione di spengere quel
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Giudei, dò in mattia. ¶ La signora Dina nella disperazione
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e porco — gli urlava la madre avvampata. ¶ — Allora tapinati
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sciangottavano e si mordevano la lingua, la madre sbracciando
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si mordevano la lingua, la madre sbracciando pareva li
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du cattivo augurio! — soffiava la madre. Il Tarmito trafitto
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movenze di un toro. ¶ La madre e i fratelli
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dei rondoni. ¶ — Cosa specula ? — e i tre guardavano
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Dopo poco si riudiva la voce schiappata di Federigo
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impastava ave e gloria, la signora palcheggiava spiritata, il
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superstizioso, allucinato, Filiberto ascetico, la madre accesa dal demone
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I. ¶ La Tradotta rullava nella profonda
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colare macinati sulle rotaie; la volontà intorpidita e il
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s’attortigliava al collo la mantella, sbadigliava, si tirava
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vestimenta negli attorcigliamenti risollevava la peste della trincea. ¶ La
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la peste della trincea. ¶ La guerra era finita. ¶ — È
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dal vagone di coda. ¶ La Tradotta sostava ad ogni
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verso il paese nativo. ¶ La piana di Versilia, oltre
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case ammattate di stolli. La romba della fiumara ovattava
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dell’altro per misurare la profondità del firmamento. Quando
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apparve lontano il paese. ¶ La Torre di pietrami, annerita
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Antonio silurato sull’“Intrepido”! ¶ La campagna s’allargava, il
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paese? ¶ — Sì, fratello! ¶ — Datemi la mano — e l’ardito
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e l’ardito stese la sua che era potata
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allora tu eri sperso per l’Americhe! ¶ — Sì
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tuoi le sai? ¶ — Sì: la mia famiglia è andata
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in perdizione; son tutti ! — e la tradotta rasentava
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son tutti là! — e la tradotta rasentava il cimitero
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gli si presentò davanti la darsena: vele gialle si
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dalla corrente alla marina. La prigione del paese: una
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e aureolato d’oro; la Vergine celeste ritta sul
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merli fioriti di semprevivi; la Torre cantava come un
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alta. ¶ Il soldato traversò la piazza della pescheria: sui
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che guardava il mare, la sua ombra celeste si
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spinse i passi verso la casa che fu dei
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Colossali rami di platani la ombravano di fogliame. ¶ Sul
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aggroppate di nidi. ¶ Sperso , per l’America, egli
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fondo dell’andito scuro. ¶ La voglia di allargare il
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le vele triangolari. Oltre la Gorgona le ciminiere dei
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Dei pipistrelli gli percossero la voltata del teschio... Veliki
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paese s’annientò sotto la grand’Alpe del Carchio
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il volto altero con la frangia dei ricami screziati
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le ciglia nere marcavano la cresta dell’orbita, gli
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gli occhi ardenti infiammavano la bocca sensuale. La signora
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infiammavano la bocca sensuale. La signora Dina era stata
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Oceano col barco e la ciurma mentre faceva vela
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vela per l’Americhe. La signora Dina aspettò tant
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anni prima di alluttarsi. La vedovanza aveva scalpellato d
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volto della signora Dina, la bocca sigillata e l
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occhi folgoravauo più vivi, la bocca sgallava come ceralacca
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folate d’alito caldo. ¶ La signora Dina, come sogliono
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ricami preziosi. Nel pomeriggio la signora Dina, eretta sul
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faceva rimbocco in gola la macuba. Sul viso smunto
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pentagonavano gli occhi incotti. La fronte gli s’era
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s’era impietrita e la bocca, scalciata dai denti
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a giornate sane trafficava la madre. I ragazzi erano
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madre. I ragazzi erano la sua dannazione; quando ne
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torno al chiosco, alzava la testa, il collo la
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la testa, il collo la faceva serpere di qua
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suo paese, nell’opera “La Saffo” e la ragazza
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opera “La Saffo” e la ragazza, così seduta su
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di vegetale, gli rammemorava la prima donna che, dopo
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quello su cui sfiniva la ragazza. ¶ — Cosa dici l
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Cosa dici l’orazione? ¶ La voce, passata dal canale
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tra l’ombra e la luce, la bocca scalciata
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ombra e la luce, la bocca scalciata, sorrideva ambigua
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scalciata, sorrideva ambigua sotto la rupe del naso ingrandita
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rupe del naso ingrandita. ¶ La ragazza lo fissò lungamente
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incuriosita. Il Tarmito con la nuca poggiata sulla spalliera
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sei te? — le chiese la ragazza. ¶ — Perchè? ¶ — Tu eri
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Perchè? ¶ — Tu eri con la ciurma del “Cretic”. ¶ — Sì
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Il Tarmito tacque e la guardò dolcemente. ¶ — Le mie
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sono paesani e conoscono la mia famiglia che è
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fosso. Guardami bene — e la ragazza pose le mani
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Tarmito esclamando: — Come bruci! ¶ La ragazza infatuata, prese a
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proprio paese. Il Tarmito la guardava e l’ascoltava
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attento come chi ascolta la voce in falsetto che
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l’aveva riudito, ma la maschera, era tanto inorridita
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era tanto inorridita sopra la voce, che lo smarriva
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guardo. ¶ — Non mi conosci? ¶ La ragazza con la voce
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conosci? ¶ La ragazza con la voce tremula, con il
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si conduce!... Avvicinati — disse la ragazza con una voce
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sono. — Il Tarmito avvicinò la testa alla bocca della
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s’irrigidì e guardò la fanciulla attonito. ¶ — Mi vedesse
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che essa è morta! — La ragazza parlò al Tarmito
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in punta di piedi. La ragazza aprì un uscio
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fitto e uno rado, la scatola della cipria, lo
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una color lampone con la morte sopra. Sulla comodina
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era sotto un velo, la ragazza l’alzò e
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l’alzò e disse: ¶ — La riconosci? ¶ — Sì. ¶ L’immagine
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Sì. ¶ L’immagine era la madre di lei: un
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Anch’io voglio ritornar , almeno da morta. ¶ — No
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No, stasera no! — disse la ragazza con un tono
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VI. ¶ Il “Cretic” era nel porto, mole ciclopica
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era nascosto il Tarmito. La muraglia d’acciaio affondava
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palpitò nel fondo, sommosse la nave. ¶ — Si muove — disse
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docks, intorno alla nave. La città era sotto una
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che cadevano dalla lanterna, la nave, drizzando la prua
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lanterna, la nave, drizzando la prua tagliente come una
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ancora in coverta. Quando la marra, che aveva arato
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del mare lasciando dietro la nave un solco d
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azzurre palpitavano su tutta la linea della carena. Il
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Il mare aveva sepolto la terra, abissato i monti
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il porto, le navi, la città. La luna, come
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le navi, la città. La luna, come una vela
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Le stelle cadenti scandagliavano la profondità del firmamento. Sopra
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sul silenzio del mare. La volta celeste, raddoppiata, concludeva
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tempo d’attesa e la muraglia d’acciaio brunito
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orizzonte. ¶ Amedeo stazionava verso la parte alta della città
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1930
carena. Alcuni più in davano il fuoco al
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acqua sulla calata, davano la pestilenza dei cantacci dove
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Oltre l’antemurale esplodeva la luce che scalpellava il
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si levassero dall’acqua. ¶ La nave s’ormeggiò ai
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docks. Si presentò con la prua alta e tagliente
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folla convulsa e precipitosa. ¶ La sera scesero a terra
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1930
salpare per altri viaggi. La ciurma fece subito combutta
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1930
risposero i marinai. ¶ Quando la ciurma si fu ben
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pareva che tutti acclamassero la sposa che si faceva
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sonno fumassero una sigaretta. La madre andava loro incontro
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a ogni costo divagare la comitiva. ¶ — Ora è il
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canti. ¶ — Vilona! ¶ — Venite dopo la sfuriata. Lo sapete, hanno
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1930
un altro matrimonio. Di , la suocera cicciosa, era
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1930
altro matrimonio. Di là, la suocera cicciosa, era vestita
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un lume a petrolio. La “Rossa” veniva ogni tanto
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gli occhi di maiolica, la bocca vellutata, i baffi
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1930
sembravano accordellati dalla Versiera, la moglie del Diavolo, vestito
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1930
faccia di levita, con la barba partita in tanti
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1930
in bende bianche, con la gravità delle antiche incisioni
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1930
sulla pietra, qua e maculata di rosoni celesti
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1930
Un nano che avea la voce di un uomo
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1930
colore della creolina che la cavava dal recipiente con
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1930
misura di latta e la serviva entro bicchieri di
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era alcuna che faceva la mezza sulle braccia di
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di un convitato che la rapiva tra gli urli
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gli urli del parentato. ¶ La Rossa e il Verdone
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1930
In quel bastrè capitò la ciurma del “Cretic” a
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il Verdone — andate di ? Badate che tirano di
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fa c’è corsa la lettiga. ¶ La Rossa invelenita
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è corsa la lettiga. ¶ La Rossa invelenita, urlò alla
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1930
come goccie d’argento, la bevanda lattò il selciato
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della morte! ¶ — Ah Toscana?! ¶ — La chitarra! — Una ragazza fresca
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con le mani cicciose la cima delle stanghe: — Largo
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Largo, v’inciccerete dopo. ¶ La Rossa stramazzò per la
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1930
La Rossa stramazzò per la terra e mescè sangue
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damigiana di vino capovolta; la sollevarono, la misero sopra
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1930
vino capovolta; la sollevarono, la misero sopra una sedia
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1930
sopra una sedia e la portarono in sala come
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1930
incimentate. ¶ — Anche voialtre. ¶ Dopo la buriana, nelle due case
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1930
nelle due case ritornò la quiete. La Rossa, trasportata
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1930
case ritornò la quiete. La Rossa, trasportata in una
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1930
percalle, che rimaneva sotto la ventola del lume, metteva
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1930
altissimo, davano alla ragazza la movenza della fantasma e
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1930
fosse colta da stupore. La ragazza si sedette come
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1930
dici l’orazione? Avvicinati! ¶ La ragazza discinta, quando mise
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1930
il Tarmito aveva fatto la comparsa, nel teatrino del
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1930
di rassegnazione, essi andavano sul mare come a
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1930
per tanto tempo che la carena e la chiglia
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1930
che la carena e la chiglia fiorivano alghe verdi
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1930
del mazzuolo. Ognuno sognava la piccola barca, la randa
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1930
sognava la piccola barca, la randa dipinta di giallo
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1930
dipinta di giallo con la croce e il Calvario
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1930
il fogliame, gli uccelli, la casa, i pesci d
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1930
per molte ¶ mandre quando la terra si rinverde: ¶ Aspre
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1930
il brago fa stormir la frasca. ¶ E se la
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1930
la frasca. ¶ E se la scure mai tronca gli
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1930
tronca gli sterpi ¶ suona la selva al sibilar dei
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1930
fratelli, in succinto, è la Maremma. ¶ — Che vita è
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1930
Che vita è mai la nostra! Acqua di mare
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1930
arso in viso con la barba aspra. ¶ — E dove
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1930
Volturno. Noi lo portammo sulla paranza nominata “La
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1930
là sulla paranza nominata “La Madonna del Soccorso”, lo
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1930
della spedizione di Pisacane. La mattina di Pasqua si
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1930
le bocche di Napoli; la barca era già avvenata
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1930
Tutti s’avrebbe avuto la fucilazione dai Borboni. ¶ — Dove
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vicinanze del Volturno. ¶ — Appena ci fucileranno. ¶ — Non sta