Giuseppe Parini, Il giorno, 1801

di mille navi ¶ Popolata mai sempre insuperbisce. ¶ Certo fu

fu che il sol mai sempre uniti ¶ Vedea un

in divini petti ¶ Se mai s'accende ambizion d

Imene ¶ Me non veggan mai più le umane genti

rose; e più che mai ¶ Viva e snella balzar

basti ad acquetarti; e mai ¶ Non obliar sì giusti

fredda cucurbita: e se mai ¶ Pallidetto ei si scorga

misere genti? ¶ Così non mai ti venga estranea cura

A merci che non mai varcàro i monti. ¶ Tu

applausi ¶ E non contesi mai premj e ricchezze. ¶ L

conosci la scola, e mai tua destra ¶ Non abbassossi

te rider giammai; ¶ E mai sempre imperterrito decidi. ¶ Or

papaveri suoi; perchè se mai ¶ Non ben felice amor

Immane. Quanto esser può mai sublime ¶ L'annoda pure

istanti! ¶ Temi il non mai da legge o verga

che ardisca di trovar mai fallo ¶ Nel tuo lavoro

dama ¶ Non fia lecito mai; se già non sorge

Però ti caglia rammentar mai sempre ¶ Qual più cibo

E quanto esser può mai cari all'Amore. ¶ Tu

scienza, ¶ Sia quant'esser mai puote arcana o grande

ad Argo eguale ¶ Vigilava mai sempre; e quasi biscia

più vermiglie rifiorir che mai ¶ Le dall'aura predate

A fortuna simìl, se mai le vaghe ¶ Lor fantasie

duo ventagli. ¶ Così, se mai al secol di Turpino

talami stessi. Ah perchè mai ¶ Vinto da insana ambizione

più costante ¶ Non fu mai damigella o a tesser

di fole ¶ Non ascoltate mai raro promette ¶ A le

chiede a consiglio. ¶ Qual mai del gioco a i

cui s'aduna ¶ Quanto mai per aspetto e per