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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Vittorio Alfieri, Bruto secondo, 1789

concordanze di «me»

nautoretestoannoconcordanza
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a tanti ¶ minor, tacer me faccia uso di legge
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parlo; e spetta a me: non parla ¶ chi orgogliose
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l'amo ¶ più che me stesso: e Roma, il
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prova novella ho di me dato; e, dove ¶ me
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me dato; e, dove ¶ me signor d'ogni cosa
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breve, ei giunge. ¶ Cassio ¶ Me qui seguir volean molti
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Io, quant'è in me, presto a giovar di
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forza per lui, per me sta il vero: ¶ se
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o ch'egli a me... ¶ Cimbro ¶ Certo, ebbe ¶ da
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brevi, forti, romani; a me di laude ¶ e biasmo
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che vuol Roma da me. Nol sono; ¶ ed ogni
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ravvedersi strada. ¶ Io per me deggio, o dispregiar me
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me deggio, o dispregiar me stesso, ¶ o lui stimar
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vedi, o Cassio con me sempre io 'l reco
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io conto, che di me sia degno: ¶ e Bruto
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nemico, di tanto a me più sempre ¶ piacque il
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più resta, il da me fatto io stimo ¶ un
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Parto irresistibil forza. ¶ Vivo me, Roma rimanersi vinta? ¶ Ah
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Antonio dunque? ¶ Cesare ¶ — Di me parte ¶ sei tu nelle
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forse ¶ ei quanto a me. Ma il dì fia
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stato sia sempre a me nemico, a Bruto ¶ non
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venirne invito ¶ ti fea. — Me sol, senza littori, e
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ove pur tale ei me non sdegni. ¶ Qui non
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prova ¶ qual sia ver me il tuo stato. Uccider
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invido fossi, udresti ¶ or me pregarti ad annullar la
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mia? ¶ Conosco il ver; me non lusingo: in Roma
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secondo: e, se a me sol pensassi, ¶ tolto il
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a forza dei, da me convinto. A Roma ¶ tu
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e allora che a me ti chiami ¶ minore, io
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te nel seno. — A me sei caro, il credi
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ch'ei sia, dopo me. Lascia, ch'io aggiunga
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fea. Secura ¶ posare in me più non può Roma
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sei tu: meglio di me, puoi grandi ¶ far tu
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questo tuo favellare. A me non puote ¶ in guisa
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Cesare ¶ ... Ma tu, per me quai senti ¶ moti entro
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io voglio: ¶ e a me tu il dei... Sacro
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Sacro, infrangibil nodo ¶ a me ti allaccia. ¶ Bruto ¶ A
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Cesare ¶ Se forse ¶ a me nol credi, alla tua
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e un figlio in me ritroverai. La vita ¶ dammi
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servo infami ¶ sensi! — A me, no, non fosti, né
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era pietà più espressa ¶ me trucidar, tu, di tua
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nome ¶ Bruto; ed a me, sublime madre è Roma
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III ¶ CESARE ¶ Cesare ¶ Oh me infelice!... E fia pur
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solo ¶ figliuol mio da me vinto or non si
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lui, più che in me stesso, ¶ credo, e mi
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e dolor smisurato ¶ per me; stupor per voi, misto
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chi 'l crederia?... ¶ Misero me!... Finor tenuto io m
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squarciano a gara ¶ di me figlio di Cesare e
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appariva ¶ di debolezza in me; ma, lunge io appena
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or da più giorni, ¶ me turbato raccoglie. Anzi ch
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parli, ¶ dice ella a me: «Bruto, gran cose in
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il lembo, e a me discuopre ¶ larga orribile piaga
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e per sempre, a me stesso. ¶ Cimbro ¶ Romani siamo
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tuo parlar strappa a me pure il pianto. ¶ Cassio
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ch'io nol son, me grande ¶ e forte fai
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più ch'io per me nol fora. — ¶ Cassio, ecco
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in voi; posate in me: null'altro ¶ chieggo da
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aspettiate il cenno ¶ da me soltanto. ¶ Cassio ¶ Ah! dei
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veggio? ¶ Antonio! ¶ Bruto ¶ A me Cesare or certo il
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Cassio, di Giunia a me germana è sposo; ¶ del
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Roma; ¶ le sue per me vere paterne mire; ¶ ch
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vuote ad arte a me tu dai, ¶ parole son
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diedi. ¶ Antonio ¶ Se a me credesse, e all'utile
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voi: ¶ v'affiderete in me? ¶ Cassio ¶ Tu a noi
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il terrore. ¶ Cesare ¶ A me novelli ¶ non son di
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svelava io stesso. A me gran forza ¶ fean l
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di farvi, assai di me più degno ¶ lui, dopo
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più degno ¶ lui, dopo me, trascelgo: a lui la
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credon, no. — Cesare a me sua possa ¶ cede, o
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che ai preghi ¶ di me suo figlio, il suo
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figlio, e come a me minore, ¶ tacerti dei. — Cesare
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Roma ¶ quasi un altro me stesso: alle assegnate ¶ provincie
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non vuol esser libero, me uccida. — ¶ Ma, chi uccidermi
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mire inique ¶ tutte a me quindi ei discoprire ardiva