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invenzioni verbali


Vittorio Alfieri, Maria Stuarda, 1788

concordanze di «me»

nautoretestoannoconcordanza
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vostra ¶ (o sia da me concessa, o da voi
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Arrigo, o nemico, a me? Che parli? ¶ Amante e
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suoi. ¶ Maria ¶ Lungi da me ch'il tiene? ¶ S
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non giusti oltraggi a me da Arrigo fatti, ¶ se
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il trono. Ahi lassa me! deh, quante ¶ volte il
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essa tolto ¶ era a me d'ogni ben l
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e falsa ¶ opinion di me, pur mi vedea ¶ di
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a inermi donne, a me davanti, grave ¶ portando io
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vuoi, ¶ ch'io di me stessa immemore non vivo
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prisco alto splendore ¶ per me non torna il mio
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tal grido ¶ spandea di me? stolto, o maligno ei
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desto ¶ emuli sensi. In me la speme è viva
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larga d'aiuto a me non manco ¶ che di
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cosa, ¶ che arreca a me, d'Elisabetta il nome
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con arte nuova. A me consiglia ¶ il ben, perch
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esso. ¶ Maria ¶ Certo in me ricadrebbe una tal fuga
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che il veggia, e me non rea ne stimi
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del mio sposo, a me fia caro. ¶ Ma udiamlo
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pur n'è in me) tutto, o regina, è
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sul capo tuo, se me non odi. ¶ Pessima gente
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guisa, ¶ che come a me tolto lo avrei, se
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amato, ¶ se pur di me, se del mio cor
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dei privati affetti, ¶ di me qual parte non ti
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legge il soffre, ¶ di me, senza alcun limite, signore
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modi ¶ superbi, usati a me dagli insolenti ¶ ministri, o
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so come a nomar me gli abbia, ¶ quei che
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quanti ogni giorno a me si fan; del nome
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essermi dato; ¶ e a me solo vietarsi. — Or, che
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a te per norma ¶ me non addito; che più
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per quanto è in me, destro consiglio e fido
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tutto avrai, quanto in me sta; sol chieggio ¶ da
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è il mio: se me da tanto ¶ io finor
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i detti miei. Misera me! Qual mezzo ¶ più omai
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l'innocenza alberga; ¶ e me non cape scellerata reggia
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vicende, pur troppo; e me non manda ¶ qui Elisabetta
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pur oso (e a me l'impone ¶ Elisabetta, ove
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Arrigo ¶ Ben io, per me, strada a vendetta aprirmi
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altrui, che non a me vergogna. ¶ Ormondo ¶ Ma, non
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niega? E tu, credi me forse in core ¶ ligio
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anco il vedere a me si vieta, ¶ come educarlo
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ben oltre avanzata, a me ritorna, ¶ quanto più 'l
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qual danno? Ove a me nulla giovi, ¶ a tal
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cerca or qui da me costui? ¶ SCENA IV ¶ ARRIGO
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Arrigo ¶ Che vuoi da me? Forse gli usati omaggi
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non debbo offeso, a me ne fia ¶ se non
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se detta vien, qual me l'impone, in guisa
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ei non viene a me... ¶ Botuello ¶ Perfido ei viene
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piange?... Lacci, ¶ tendi a me tu... ¶ Botuello ¶ Signor, te
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ti venne... ¶ Arrigo ¶ A me?... Che dirmi ¶ osi, ribaldo
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vostro infido regno ¶ a me soccorso, alla mia prole
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inganni ¶ teco, or di me colpa tu il credi
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io mai, sol per me stesso? a tanto ¶ Maria
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il fingere abborro; a me non giova; ¶ e, giovasse
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offesi. ¶ Norma imparar da me dovevi almeno, ¶ come un
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comportabil voce. — ¶ Mezzi appo me, più forti assai de
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poter mel toglie: a me nol vieta ¶ altri, ch
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dì, ciò che di me n'avvenne: ¶ pur che
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dirti cosa, ¶ che a me più il dir, che
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stupor nullo è in me: quanto ora avviemmi, ¶ tutto
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parlar di motti ¶ per me oltraggiosi, indi egualmente indegni
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offendo io sempre; e me tu in fatti offendi
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Rispondi, ingrato... Ahi lassa me! — Ma tardo ¶ è il
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fiamma ¶ tu accendi in me: solo un tuo detto
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non men che a me, ti sia? ten farò
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l'oltraggio che a me novello or fai. ¶ E
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sedurre, ¶ e a lusingar, me l'inviasti. Udissi ¶ trama
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ebbe già piena ¶ da me risposta Ormondo. Or sprezzeratti
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posso ¶ vietar delitti: a me ragion ben vieta ¶ le
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Or, mentr'io sottopor me stessa a schietto ¶ e
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II ¶ MARIA ¶ Maria ¶ — Misera me!... Dove son io?... Che
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in tutti ¶ odio di me, più che di sé
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tanto ardir, che a me imputava, ei stesso, ¶ artificio
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sì stolto? ei da me disse ¶ indotto Ormondo a
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trama; e tesi ¶ da me tai lacci: iniquo!... ¶ Botuello
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prorompe sì, che in me diviene ¶ certezza omai ciò
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udir voglio... ¶ Ormondo ¶ A me doleasi Arrigo, ¶ che mal
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Elisabetta, il credo, a me t'invia; ¶ ma più
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intanto saprà, che a me si debbe, ¶ se non
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lassa! ¶ non trovo in me, né forza: il cor
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lo sai, meglio di me: ma al tuo ¶ ottimo
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temuto, orribil giorno!... ¶ Misera me! Contro chi stato è
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so; ma... ¶ Botuello ¶ In me ti affida. ¶ SCENA VII
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insolente plebe? ¶ Lamorre ¶ In me mi affido, ed in
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ministro io sono. A me la vita ¶ toglier tu
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trasfusa... ¶ Maria ¶ ... Ahi lassa me!... Ministro ¶ del ciel, qual
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alti trasporti! or dove ¶ me traeste?... Che dissi?... Ove
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consiglio cangiasti? ¶ Maria ¶ Ahi me infelice!... ¶ Omai... respiro... appena
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feri tuoni usciano! — A me non scese ¶ notte più
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disegnavi: e cura ¶ a me ne desti; ed io
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chi raffrenar potrà? Di me non parlo: ¶ vittima poca
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non meno ¶ che in me potea! Chi sa? spesso
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io sì; ma per me pur non tremo. ¶ Lamorre