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Giovan Battista Marino, La sampogna, 1620

concordanze di «me»

nautoretestoannoconcordanza
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1620
d'Idilli, già da me composti in su 'l
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età, ma tenuti da me suppressi infino a quest
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mi accorgo esser a me avvenuto appunto quello istesso
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morsi della tignuola. ¶ Rassomiglio me stesso alla testugine, animal
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per fine di questa me le inchino. ¶ Di Parigi
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più sviscerato servidore di me; della qual verità ella
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testimonianza ch'egli a me ne fece. ¶ Onde l
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insieme due lettere a me carissime, l'una vostra
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fa doppiamente vergognar di me stesso. ¶ Forse il fate
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mia opinione) io per me timo migliori et più
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voi dicesse mal di me, allora non potrei fare
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quel che avete di me una volta scritto. ¶ Più
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fatta onorata menzione di me, che non mi tribulo
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vivi conceduto eccetto a me, che se fussi stato
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quando costoro mormorassero di me, avrei ben giusta cagione
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Sirena nol nego, anzi me ne vanto. ¶ Ma coloro
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come eglino hanno contrafatto me. ¶ Così fanno appunto alcune
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poemetto favoloso già da me disteso in sonetti et
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osservato prima che da me et poi seguito da
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è fora». ¶ Io per me ne rimango quieto, se
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si sforzano di discreditar me, rovesciando in me il
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discreditar me, rovesciando in me il medesimo fallo. ¶ Se
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cose (come dissi) da me accresciute et arricchite di
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male o bene esseguita, me ne riporto al parere
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di chi più di me sa, purché legga con
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commesso qualche povero furtarello, me ne accuso et me
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me ne accuso et me ne scuso insieme, poiché
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n'è più di me dovizioso. ¶ Assicurinsi nondimeno cotesti
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com'eglino hanno a me fatto; onde si possono
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alla fine hanno da me imparato) d'esser divenuti
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le spalle, di deprimer me et avantaggiar se stessi
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come voi meglio di me sapete) hanno a pronunciarsi
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ha giamai più di me sofferti i latrati di
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è venuta pietà di me stesso. ¶ Lascio la carta
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a chi vive, a me non fia vietata ¶ ch
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froda ¶ rendersi dunque a me la sposa mia? ¶ dunque
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Furie? ¶ Or tu senza me lasso, ¶ dannata là ne
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tu tornasti pur da me divisa ¶ al sempiterno carcere
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pietoso affetto. ¶ Conviensi a me, ch'aborro ogni diletto
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ecco, io t'offro me stesso, ¶ e volentier torrei
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concetto e parto. ¶ Quel me, quel me tu vedi
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parto. ¶ Quel me, quel me tu vedi, ¶ o cara
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la cangiata figura. ¶ Felice me, s'al'infelice caccia
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involato mi fossi! ¶ Felice me, se dela dea di
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in tal guisa di me chiese novelle: ¶ "Dite, ditemi
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Riposo ahi troppo ¶ per me duro e crudele, ¶ perché
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diurna, ¶ la vista a me concessa ¶ proibivano al sol
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mamme si nasconde. ¶ In me malsaggio e stolto ¶ umidi
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pur fuggendo, meco ¶ di me mi meraviglio, ¶ e di
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e tanto solo ¶ di me stesso mi resta ¶ che
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rabbia insana ¶ arrotan contro me de' morsi ingordi ¶ l
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ultimo fato, ¶ e tra me scilinguando ¶ sommormorava flebili e
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sentito. ¶ Deh, s'a me non è tolto ¶ il
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Fero, fero destino ¶ a me concede, a voi ¶ nega
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ne la crudeltate, ¶ e me viè più infelice ¶ ne
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in ora ¶ tornate in me più fieri. ¶ Mai con
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amiche ¶ ciò che di me vedesti. ¶ E se i
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mia morte, ¶ madre, in me la memoria, in te
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neghi, ¶ tanto ch'a me nol renda. ¶ Se fu
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mio ¶ sen va da me lontano, ¶ abbia al suo
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essere infedele. ¶ Felice, oh me felice, ¶ se mai l
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consorte, ¶ lo qual da me per l'onde ¶ sì
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la vita. ¶ Ahi, per me non si trova ¶ dunque
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poss'io ¶ togliendo a me la vita, ¶ a te
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asciutto il fondo. ¶ A me l'uno, e l
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socero avrai Saturno, e me consorte. ¶ Ala tua lieta
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Pasife infame ¶ rinovando in me stessa ¶ l'essempio immondo
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que' dolci inganni, ¶ onde me stesso ancora ¶ (non che
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frutti; ¶ se mai per me, se mai ¶ per opra
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dai fati scarsi a me sola si toglie. ¶ Per
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pietose udiste, ¶ piacciavi a me le dolorose note ¶ oggi
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ti cheggio insieme. ¶ Lasso me, ch'io son fatto
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queste macchie folte ¶ da me forse t'ascondi, ¶ non
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apparire, ¶ languisce al dipartire. ¶ Me lodano operando, ¶ salutano cantando
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sospirar mi fai, per me respiri. ¶ Da me quegli
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per me respiri. ¶ Da me quegli occhi avari, ¶ che
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luce. ¶ L'aquila in me s'affisa, ¶ io ne
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tua bellezza. ¶ Clizia a me si rivolge, ¶ io solo
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cui fertil vigor da me non piova. ¶ Io da
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Amor l'incendio ¶ in me tutto s'accumuli, ¶ ond
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tu sia prodiga ¶ a me dele tue grazie, ¶ sol
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ch'uccidemi. ¶ Mostrati a me propizio, ¶ sostegno amato et
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in se medesimo. ¶ Di me dunque non ridere ¶ né
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avanzi tristezza, ¶ più che me stessa io t'amo
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ch'assai più di me avesti ¶ sollecito il pensiero
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pianto. ¶ No, no, non me l'uccise ¶ l'animale
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è spenta, ¶ traditore a me stesso, ¶ che di cor
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fida, ¶ sii più di me leale, ¶ con vendetta mortale
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quando ¶ uccider ti volesti, ¶ me nel medesmo punto ¶ ancor
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non devevi giamai ¶ senza me poi morire. ¶ Se fosti
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lasciò custode. ¶ Deposito a me caro ¶ sovr'ogni altra
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per Dio, ¶ porgilo a me, sol tanto ¶ che di
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vergate righe ¶ io per me non saprei. ¶ Tu, che
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peregrina penna ¶ meglio di me l'esperienza e l
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concesso ¶ in effetto a me stesso ¶ quel diletto goder
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a quel che in me si vede, ¶ supplir candido
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girando, ¶ influenze benigne in me piovete? ¶ Io dico a
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se sì chiari a me vi rappresenta ¶ il cristallo
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foco; ¶ lasso, e di me medesmo ¶ fatto rival geloso
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non sostengo ¶ per compagno me stesso. ¶ Ite, dunque, e
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ch'è solo. ¶ A me basta che 'l petto
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chiuda, ¶ ch'io per me più non curo ¶ in
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altrui, ¶ perché fuggi da me, s'ei da te
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anzi se' tu che me non ben intendi: ¶ di
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sua posta: ¶ io, per me, mi diletto ¶ più del
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de' suoi doni a me fu scarsa, ¶ il nascer
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le corna, ¶ io per me non torrei questi né
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tanta infelice ¶ gente, da me spietatamente uccisa? ¶ Laurino ¶ Un
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essangue ¶ vedrai, s'a me ti volgi, a cui
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SELVAGGlA ¶ Se fede a me non presti, ¶ prendi lo
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non togli? ¶ Laurino ¶ Oh me felice apieno, ¶ se pur
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per amarti ¶ ne disamo me stesso; onde son degno
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indi l'ardore ¶ in me (come, non so) divenne
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voglio. ¶ Selvaggia ¶ Troppo per me presumi. ¶ Non mi cur
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l tuo trastullo. ¶ Ami me per te stesso, ¶ anzi
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fuorché te stesso, in me non ami. ¶ Or se
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ch'esser puoi senza me, vivo e beato. ¶ Laurino
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alma amorosa. ¶ Quindi io, me stesso amando ¶ et amando
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mia vita, e tu me stesso sei. ¶ Selvaggia ¶ Quando
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sei. ¶ Selvaggia ¶ Quando da me gradito ¶ fusse l'amore
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al tribunal d'Amor me ne richiamo. ¶ Ma se
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non più, quanto in me verde ¶ fia la beltà
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sia ¶ maggior che in me non è, questa bellezza
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Quel che tu da me brami, in Ciel non
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langue? ¶ Laurino ¶ Io per me più felice ¶ stimo del
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giamai o più da me dovuto, o più a
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ore vi fa di me stesso? ¶ Qual fuoco più
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di quello, che in me acceso inestinguibilmente arde? ¶ Qual
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V ¶ Deh, volgi a me da que' felici colli
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volto il sole a me non giri? ¶ se fra
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augelletti il canto. ¶ A me, lasso, convien non d
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per cercar te perdo me stesso. ¶ Sola per le
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notte e giorno per me ti chiama e prega
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sì per tempo a me recida ¶ d'amor la
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diedi a te, tra me stesso dicendo: ¶ «Così mi
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ombroso; ¶ e parlava in me stesso: «Or voi gioite
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altera. ¶ XXXIII ¶ Tu da me fuggi, e 'l tempo
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imago; ¶ e già per me di Tebro arsero e
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agguagliarti in beltà, per me di mille ¶ piaghe trafitta
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miei dogliosi accenti, ¶ da me non lunge, e per
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non vuol che di me stesso io dica. ¶ Pur
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ricco assai più di me d'abiti alteri, ¶ e
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da' pastor, tu da me fuggi; ¶ tu col nemico
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serenissimo signore, essere a me avvenuto a punto quello
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al decimo anno. Rassomiglio me stesso alla testugine, animal
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fa doppiamente vergognar di me stesso, se ben certo
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le celesti rote. ¶ A me tanto non lice, e
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spesso. ¶ 76 ¶ E se à me de' suoi doni il
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fasto ¶ che serbi contra me, depor ti piaccia, ¶ dono