Alessandro Braccesi, Soneti e Canzone, 1473?

disire ¶ di veder chi me stesso ha da me

me stesso ha da me tolto, ¶ tal che spesso

tal che spesso di me sovente incresce. ¶ 3 ¶ Una petra

van disio, ¶ perché da me ragion tanto si fugge

Chi fa che di me stesso tanto oblio? ¶ Se

non cura, ¶ ma sopra me superbamente impera ¶ et hammi

sì co' belli occhi me stesso a me fura

occhi me stesso a me fura. ¶ Nel rimirar sua

Non so s'io me ne incolpi più le

venti. ¶ Non spiran per me più secondi venti, ¶ ma

fiamma! ¶ O tanto contra me turbati venti, ¶ spegnete per

soave, honesto riso ¶ hanno me stesso sì da me

me stesso sì da me diviso, ¶ ch'io son

acque non già per me, ma vero ardore, ¶ cocenti

ha la spoglia ¶ di me sì presto, si farà

che di questo campo ¶ me con la falce sua

ch'ognora ad lachrimar me stesso invito, ¶ né trovo

che, se pur di me più non si cura

e nocte disio, ¶ da me per questi ogni piacer

mi distrugge ¶ e di me stesso mi mette in

ma ragion sì da me si toglie e fugge

sì fedel servo intero. ¶ Me voi per sorte alcuna

mai ¶ più serventi di me, né più fidati. ¶ Quanti

alma mia diva, ¶ per me voi sète, il cui

feroce sguardo ¶ contra di me simile forze aviva. ¶ Or

si sfascia; ¶ così da me quando la bella vista

qual per seguirvi da me si diparte, ¶ lasciando il

mossa ad pietà di me, non mi trahessi, ¶ contra

mi trahessi, ¶ contra di me sarei crudel, come hanno

Che ti giova di me far tanto stratio ¶ e

del mio male, ¶ di me stesso pietà mi vien

da poi che di me stima ¶ non fa chi

ch'io priego Morte me ne traga fore. ¶ Vostro

ale. ¶ Omè!, quanto di me poco vi cale, ¶ quanto

sommo ardore! ¶ Misero a me, che t'ho io

la mia chiara stella ¶ me che la seguo aver

pianti. ¶ Prenda exemplo da me, s'altri nol crede

rio! ¶ Omè!, quanto ver me esser benigna ¶ la mia

tornato, ¶ perché, misero a me!, son io lassato ¶ sotto

trovasse ¶ alcun altro di me; ma veggio quanto ¶ amor

fato! ¶ Miser, che a me già più non si

ripari, ¶ crudel farie ver me la dextra mano. ¶ 37 ¶ Venendo

lunga impresa. ¶ Misero a me!, troppo m'affligge e

in terra ¶ altri di me, quando d'Amor gli

boschi ¶ più misero di me non vede frondi, ¶ né

in qualunque stagione. ¶ Per me non fie stagion più

mio signore, ¶ Amor contra me più segue l'impresa

piove, ¶ ch'io per me sono un'ombra senza

tempo sarie che di me ti 'ncrescessi. ¶ 47 ¶ Mille e

poco, ¶ per far di me più stratio e lungo

né posso imaginar chi me ne scioglia. ¶ Non mortal

poco ¶ sento multiplicare in me 'l desire. ¶ 52 ¶ Chi cerca

trova, e io non me ne curo, ¶ ma 'l

ma 'l potere a me furo ¶ di ritrovare 'l

pò, ¶ ch'io per me son senza difesa alcuna

sì smarrita, ¶ io per me son senza alcuna speranza

che tuo gratie in me non sien perdute. ¶ Canzona

poi ch'Amor di me prese la spoglia, ¶ dal

forma, ¶ poi che per me quel sì mal nato

ben sei stato per me felice giorno, ¶ poi che

in tedio. ¶ Misero a me! Quante volte soletto, ¶ nella

posseduto. ¶ Altro pensier in me non fu ma' acolto

fallire? ¶ Cercato hai da me tòrre ogni letitia, ¶ e

nascer suol, questa a me dà gran baldanza. ¶ Se

mio dolce signore, ¶ da me tuo gratia fusse dipartita

pregno. ¶ Or che da me tanto timore ha sciolto

opra tolto. ¶ 63 ¶ Misero a me, quel giorno ch'io

pietosa in ver di me la bella luce, ¶ sarie

bella luce, ¶ sarie a me stesso dispietato e truce

dolceza ¶ in veder chi me stesso ha in potere

ha quest'altro in me tutto el valore. ¶ Al

caldo pecto. ¶ Amor, che me li ha facto sì

pietoso in ver di me, felice ancora, ¶ e 'nanzi