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Giacomo Leopardi, Canti, 1837

concordanze di «mi»

nautoretestoannoconcordanza
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1837
natia, ¶ La vita che mi desti ecco ti rendo
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1837
vostro sangue. Ecco io mi prostro, ¶ O benedetti, al
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madre ¶ Porto quel che mi lice, ¶ E mesco all
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mio sangue, e tu mi svena. ¶ O generosa, ancora
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e care ¶ Mentre ignote mi fur l'erinni e
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sì torvo ¶ Il ciel mi fosse e di fortuna
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D'implacato desio furor mi strinse, ¶ Vivi felice, se
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aprissi. ¶ Ahi come mal mi governasti, amore! ¶ Perché seco
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di lamento ¶ Al cor mi discendea tanto diletto? ¶ Dimmi
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Moti per l'ossa mi serpeano, oh come ¶ Mille
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non più tosto io mi sentia ¶ Della vampa d
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altro il cielo, ahi, mi togliea. ¶ Quante volte plebea
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orecchio, e un gel mi prese, ¶ E il core
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E poi che finalmente mi discese ¶ La cara voce
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intese; ¶ Orbo rimaso allor, mi rannicchiai ¶ Palpitando nel letto
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dicea, che il cor mi tocchi? ¶ Amarissima allor la
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Locommisi nel petto, e mi serrava ¶ Ad ogni voce
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lunga doglia il sen mi ricercava, ¶ Com'è quando
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fui, ¶ E tanto amor mi tolse un altro amore
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Per li fuggiti dì mi stimolava ¶ Tuttora il sen
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Steso nell'aria aprica ¶ Mi fere il Sol che
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L'INFINITO ¶ Sempre caro mi fu quest'ermo colle
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quiete ¶ Io nel pensier mi fingo; ove per poco
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voce ¶ Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, ¶ E
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antica natura onnipossente, ¶ Che mi fece all'affanno. A
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te la speme ¶ Nego, mi disse, anche la speme
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chieggo ¶ Quanto a viver mi resti, e qui per
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e qui per terra ¶ Mi getto, e grido, e
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povero ostello; ¶ E fieramente mi si stringe il core
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a poco, ¶ Già similmente mi stringeva il core. ¶ XIV
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O graziosa luna, io mi rammento ¶ Che, or volge
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tremulo dal pianto ¶ Che mi sorgea sul ciglio, alle
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diletta luna. E pur mi giova ¶ La ricordanza, e
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in pianto. ¶ Morta non mi parea, ma trista, e
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destra, e sospirando, ¶ Vivi, mi disse, e ricordanza alcuna
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deh quanto ¶ Di te mi dolse e duol: né
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dolse e duol: né mi credea ¶ Che risaper tu
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colei. Son morta, e mi vedesti ¶ L'ultima volta
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diss'io, che tu mi schianti ¶ Con questi detti
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celar, ti prego, e mi soccorra ¶ La rimembranza or
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per l'amore ¶ Che mi strugge, esclamai; per lo
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fato ¶ La fe che mi giurasti. Allor d'angoscia
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le pupille, ¶ Dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi
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Ella negli occhi ¶ Pur mi restava, e nell'incerto
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Del Sol vederla io mi credeva ancora. ¶ XVI ¶ LA
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capanna mia ¶ Dolcemente picchiando, mi risveglia; ¶ E sorgo, e
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Benché scarsa pietà pur mi dimostra ¶ Natura in questi
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Sedendo immoto; e già mi par che sciolte ¶ Giaccian
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Nel fior degli anni. Mi sovvien del tempo ¶ Che
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sovvien del tempo ¶ Che mi scendesti in seno. Era
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sempre ¶ Parto da te. Mi si divide il core
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sogno, o cosa ¶ Incredibil mi par. Deh quanto, Elvira
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destino omai, né più mi dolgo ¶ Ch'aprii le
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All'una il ciel mi guida ¶ In sul fior
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nell'altro, assai ¶ Fortunato mi tengo. Ah, se una
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il core ¶ Ombra diva mi scuoti, ¶ O ne' campi
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questo arido suolo ¶ Io mi pensai. Ma non è
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anni ¶ L'amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
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Ed io seggo e mi lagno ¶ Del giovanile error
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te pensando, ¶ A palpitar mi sveglio. E potess'io
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infino all'ora estrema ¶ Mi fieno, a ricordar, bramate
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Commoverammi il cor; quando mi fia ¶ Ogni beltate o
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o non intesi, ¶ Non mi dorrò, che già del
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usati palpiti, ¶ L'amor mi venne meno, ¶ E irrigidito
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far lamento ¶ Valor non mi restò. ¶ Giacqui: insensato, attonito
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giorno, ¶ Il cor non mi ferì: ¶ Non all'autunno
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grave, immemore ¶ Quiete or mi ridesta? ¶ Che virtù nova
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mira, ¶ Tutto un dolor mi spira, ¶ Tutto un piacer
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spira, ¶ Tutto un piacer mi dà. ¶ Meco ritorna a
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favella il mar. ¶ Chi mi ridona il piangere ¶ Dopo
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vedrò mai più. ¶ Proprii mi diede i palpiti, ¶ Natura
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mio ¶ Solo da te mi vien. ¶ Mancano, il sento
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spietato ¶ Chi lo spirar mi dà. ¶ XXI ¶ A SILVIA
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cotanta speme, ¶ Un affetto mi preme ¶ Acerbo e sconsolato
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immensi, ¶ Che dolci sogni mi spirò la vista ¶ Di
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varcare un giorno ¶ Io mi pensava, arcani mondi, arcana
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morte avrei cangiato. ¶ Né mi diceva il cor che
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non già, che non mi tiene ¶ Maggior di sé
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tale estima ¶ Ch'io mi tenga in cor mio
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divengo: ¶ Qui di pietà mi spoglio e di virtudi
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E sprezzator degli uomini mi rendo, ¶ Per la greggia
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Era conforto ¶ Questo suon, mi rimembra, alle mie notti
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mio stato mortal, poco mi toglie ¶ La fortuna, ben
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mia; quando la terra ¶ Mi fia straniera valle, e
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quell'imago ancora ¶ Sospirar mi farà, farammi acerbo ¶ L
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più volte, e lungamente ¶ Mi sedetti colà su la
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Ahi Nerina! In cor mi regna ¶ L'antico amor
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ed uno spron quasi mi punge ¶ Sì che, sedendo
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né di ciò sol mi lagno. ¶ Se tu parlar
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celeste che da te mi viene! ¶ Come da' nudi
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Timor di morte non mi strinse il petto. ¶ Oggi
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strinse il petto. ¶ Oggi mi pare un gioco ¶ Quella
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divenir non vede; ¶ Maggior mi sento. A scherno ¶ Ho
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nostre pene ¶ Vincer non mi paresse un tanto bene
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in perpetuo signor dato mi sei. ¶ Altri gentili inganni
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estremo, ¶ Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento
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gran tempo; e sì mi piacque ¶ Sua celeste beltà
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che vita instilla; ¶ Emendar, mi cred'io, non può
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saranno, ¶ Dottore, emendator, lascia, mi disse, ¶ I propri affetti
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questo mal, che teco ¶ Mi fia comune, assai finor
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fia comune, assai finor mi rido. ¶ Libertà vai sognando
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Là dov'io nacqui, mi divise il vento. ¶ Esso
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alla campagna, ¶ Dalla valle mi porta alla montagna. ¶ Seco
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L'una di quelle mi pigliò per mano; ¶ E
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tutto quel giorno ¶ La mi condusse intorno ¶ A veder
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Di questa notte, che mi torna a mente ¶ In
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Distaccasi la luna; e mi parea ¶ Che quanto nel