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Dante Alighieri, Divina Commedia, 1321

concordanze di «mia»

nautoretestoannoconcordanza
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1321
mi guidi, ¶ guarda la mia virtù s'ell' è
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mi fec' io di mia virtude stanca, ¶ e tanto
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sua mano a la mia puose ¶ con lieto volto
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tira fuor de la mia mente, ¶ sì che non
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Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche. ¶ Colui
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miei primi e a mia parte, ¶ sì che per
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che qui ha 'nviluppata mia sentenza. ¶ El par che
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porta». ¶ Allor, come di mia colpa compunto, ¶ dissi: «Or
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ch'avea detto la mia scorta; ¶ e tra 'l
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veduto pur con la mia rima, ¶ non averebbe in
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riede, ¶ conforti la memoria mia, che giace ¶ ancor del
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dolenti. ¶ Presemi allor la mia scorta per mano, ¶ e
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e poi rigiugnerò la mia masnada, ¶ che va piangendo
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avanti che l'età mia fosse piena. ¶ Pur ier
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convien che ne la mia lingua si scerna. ¶ Ciò
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sia manifesto, ¶ pur che mia coscïenza non mi garra
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cotto, ¶ vinse paura la mia buona voglia ¶ che di
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tieni!», ¶ che fu la mia, quando vidi ch'i
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raggiunsi con la scorta mia; ¶ poscia con pochi passi
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l buon maestro, sanza mia dimanda, ¶ mi disse: «Guarda
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scoglio, sì che la mia scorta ¶ mi disse: «Ancor
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mai odi ¶ originar la mia terra altrimenti, ¶ la verità
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certi e prendon sì mia fede, ¶ che li altri
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solo a ciò la mia mente rifiede». ¶ Allor mi
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l canta ¶ l'alta mia tragedìa in alcun loco
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altro parlando ¶ che la mia comedìa cantar non cura
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la pegola era la mia 'ntesa, ¶ per veder de
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regno di Navarra nato. ¶ Mia madre a servo d
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quand' io procuro a' mia maggior trestizia». ¶ Alichin non
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terra ¶ latina ond' io mia colpa tutta reco, ¶ dimmi
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S'i' credesse che mia risposta fosse ¶ a persona
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in quella parte ¶ di mia etade ove ciascun dovrebbe
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e allor fu la mia vista più viva ¶ giù
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sì che la faccia mia ben ti risponda: ¶ sì
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esser ti puote», ¶ fu mia risposta, «se dimandi fama
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cioè come la morte mia fu cruda, ¶ udirai, e
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cui prieghi ¶ de la mia compagnia costui sovvenni. ¶ Ma
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consolare alquanto ¶ l'anima mia, che, con la sua
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atto dismaga, ¶ la mente mia, che prima era ristretta
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tu riedi, ¶ vadi a mia bella figlia, genitrice ¶ de
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lieto, ¶ revelando a la mia buona Costanza ¶ come m
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caddi, e rimase la mia carne sola. ¶ Io dirò
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mi nieghi, ¶ o luce mia, espresso in alcun testo
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elli a me: «La mia scrittura è piana; ¶ e
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che parteggiando viene. ¶ Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
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E come fu la mia risposta udita, ¶ Sordello ed
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onde, ¶ dì a Giovanna mia che per me chiami
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com' io innalzo ¶ la mia matera, e però con
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sasso ¶ che la cervice mia superba doma, ¶ onde portar
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e però non attese mia dimanda, ¶ ma disse: «Parla
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assai che di ventura mia. ¶ E perché tu non
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lo stremo ¶ de la mia vita; e ancor non
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è sospesa ¶ l'anima mia del tormento di sotto
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di livore sparso. ¶ Di mia semente cotal paglia mieto
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che a fuggir la mia vista fu ratta. ¶ «Che
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rende. ¶ E se la mia ragion non ti disfama
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diserra. ¶ Quando l'anima mia tornò di fori ¶ a
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sofferse; ¶ onde la scorta mia saputa e fida ¶ mi
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diletta, ¶ ne l'imagine mia apparve l'orma; ¶ e
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e qui fu la mia mente sì ristretta ¶ dentro
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si feo, ¶ surse in mia visïone una fanciulla ¶ piangendo
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rimosse; ¶ e fece la mia voglia tanto pronta ¶ di
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figura vela, ¶ così la mia virtù quivi mancava. ¶ «Questo
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più lati. ¶ 'O virtù mia, perché sì ti dilegue
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attento guardava ¶ ne la mia vista s'io parea
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Seguendo lui, portava la mia fronte ¶ come colui che
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terra guati?», ¶ la guida mia incominciò a dirmi, ¶ poco
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l'altre some. ¶ La mia conversïone, omè!, fu tarda
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lui: «Per vostra dignitate ¶ mia coscïenza dritto mi rimorse
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sapere, ¶ se la memoria mia in ciò non erra
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ch'è tua e mia serocchia, ¶ venendo sù, non
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quanto 'l potrà menar mia scola. ¶ Ma dimmi, se
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speranza ¶ si fece la mia sete men digiuna. ¶ Quei
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affezion mi fé palese, ¶ mia benvoglienza inverso te fu
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fosse ch'io drizzai mia cura, ¶ quand' io intesi
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favilla tutta mi raccese ¶ mia conoscenza a la cangiata
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i martìri ¶ la Nella mia con suo pianger dirotto
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più diletta ¶ la vedovella mia, che molto amai, ¶ quanto
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sì mi riguarda». ¶ «La mia sorella, che tra bella
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ti farà piacere ¶ la mia città, come ch'om
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diventò vermiglio; ¶ così, la mia durezza fatta solla, ¶ mi
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qui m'addorno; ¶ ma mia suora Rachel mai non
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e rendea me la mia sinistra costa, ¶ s'io
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Quand' io da la mia riva ebbi tal posta
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eran maggiori ¶ che la mia vista; e, quanto a
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Virgilio a cui per mia salute die'mi; ¶ né
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sue vie; ¶ onde la mia risposta è con più
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la soglia fui ¶ di mia seconda etade e mutai
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esser congiunta». ¶ Era la mia virtù tanto confusa, ¶ che
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contraria parte ¶ mover dovieti mia carne sepolta. ¶ Mai non
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ti fallio ¶ per la mia morte, qual cosa mortale
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argomento. ¶ E come la mia faccia si distese, ¶ posarsi
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e lieta ¶ l'anima mia gustava di quel cibo
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viso ¶ ver' la sinistra mia da quelle dee, ¶ perch
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laide colpe, ¶ la donna mia la volse in tanta
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cotal disse: ¶ «O navicella mia, com' mal se' carca
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intero suono ¶ incominciai: «Madonna, mia bisogna ¶ voi conoscete, e
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E forse che la mia narrazion buia, ¶ qual Temi
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Ma perché tanto sovra mia veduta ¶ vostra parola disïata
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come può seguitar la mia parola; ¶ e veggi vostra
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regno santo ¶ ne la mia mente potei far tesoro
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infuso ¶ ne l'imagine mia, il mio si fece
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quella ¶ cui non potea mia cura essere ascosa, ¶ volta
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per vedersi, ¶ che di mia confession non mi sovvenne
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si sa qual poi mia vita fusi. ¶ E quest
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si mostra ¶ da la mia destra parte e che
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cosa grave. ¶ La vista mia, che tanto lei seguio
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non è l'affezion mia tanto profonda, ¶ che basti
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così divini, ¶ che, vinta, mia virtute diè le reni
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regno. ¶ Quivi la donna mia vid' io sì lieta
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io che pur da mia natura ¶ trasmutabile son per
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cangiando, in su la mia pervenne. ¶ Cesare fui e
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prima s'appunta ¶ la mia risposta; ma sua condizione
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dille' dicea, 'a la mia donna ¶ che mi diseta
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assai fede ¶ la donna mia ch'i' vidi far
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fuoro offerti ¶ a la mia donna reverenti, ed essa
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siete?» fue ¶ la voce mia di grande affetto impressa
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che non sarebbe. ¶ La mia letizia mi ti tien
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indulgo ¶ la cagion di mia sorte, e non mi
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sé torce tutta la mia cura ¶ quella materia ond
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li occhi suoi ridenti ¶ mia mente unita in più
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che lo stral di mia intenzion percuote; ¶ e se
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o dentro: ¶ ne la mia mente fé sùbito caso
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vidimi translato ¶ sol con mia donna in più alta
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Qui vince la memoria mia lo 'ngegno; ¶ ché quella
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dolci vinci. ¶ Forse la mia parola par troppo osa
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poscia rivolsi a la mia donna il viso, ¶ e
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lo fondo ¶ de la mia gloria e del mio
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disio, ¶ a che la mia risposta è già decreta
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nome sazio». ¶ «O fronda mia in che io compiacemmi
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mio frate ed Eliseo; ¶ mia donna venne a me
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d'allegrezza ¶ la mente mia, che di sé fa
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spezza. ¶ Ditemi dunque, cara mia primizia, ¶ quai fuor li
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al parto in che mia madre, ch'è or
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mutato sito. ¶ Per che mia donna «Manda fuor la
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mesca». ¶ «O cara piota mia che sì t'insusi
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dette mi fuor di mia vita futura ¶ parole gravi
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per che la voglia mia saria contenta ¶ d'intender
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volle ¶ Beatrice, fu la mia voglia confessa. ¶ Né per
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li occhi de la mia donna mi levaro, ¶ e
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l duca Gottifredi la mia vista ¶ per quella croce
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in terra lasciai la mia memoria ¶ sì fatta, che
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lucendo, cominciaron canti ¶ da mia memoria labili e caduci
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per farmi chiara la mia corta vista, ¶ data mi
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al volto ¶ de la mia donna, e l'animo
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fessi: ¶ ché la bellezza mia, che per le scale
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grato ¶ ubidire a la mia celeste scorta, ¶ contrapesando l
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che nol seguiva la mia luce. ¶ Vidi anche per
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E io incominciai: «La mia mercede ¶ non mi fa
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ch'a la vista mia, quant' ella è chiara
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di stupore, a la mia guida ¶ mi volsi, come
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far di sé la mia voglia contenta. ¶ Poi dentro
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così m'ha dilatata mia fidanza, ¶ come 'l sol
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piedi, e la regola mia ¶ rimasa è per danno
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sì sua virtù la mia natura vinse; ¶ né mai
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si potesse a la mia ala. ¶ S'io torni
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ora sospira ¶ l'anima mia, per acquistar virtute ¶ al
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nasca; ¶ così la donna mïa stava eretta ¶ e attenta
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s'atterra, ¶ la mente mia così, tra quelle dape
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parca. ¶ «Perché la faccia mia sì t'innamora, ¶ che
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tanto divo, ¶ che la mia fantasia nol mi ridice
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vivo. ¶ «O santa suora mia che sì ne prieghe
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foco benedetto ¶ a la mia donna dirizzò lo spiro
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vicari suoi; ¶ e la mia donna, piena di letizia
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elli ha la fede mia? ¶ Tu mi stillasti, con
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la rota; ¶ e la mia donna in lor tenea
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officio eletto». ¶ La donna mia così; né però piùe
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accorsi ¶ dove volea menar mia professione. ¶ Però ricominciai: «Tutti
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a Dio, ¶ a la mia caritate son concorsi: ¶ ché
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lo cielo, e la mia donna ¶ dicea con li
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tra noi. ¶ E la mia donna: «Dentro da quei
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mi parli: tu vedi mia voglia, ¶ e per udirti
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l'universo; per che mia ebbrezza ¶ intrava per l
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che donnea ¶ con la mia donna sempre, di ridure
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quella che 'mparadisa la mia mente, ¶ come in lo
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suo metro; ¶ così la mia memoria si ricorda ¶ ch
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s'invera. ¶ La donna mia, che mi vedëa in
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sodo!». ¶ Così la donna mia; poi disse: «Piglia ¶ quel
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mi provide ¶ la donna mia del suo risponder chiaro
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pensier dubi ¶ ne la mia mente, disse: «I cerchi
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dolce riso ¶ la mente mia da me medesmo scema
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che quel de la mia tuba, che deduce ¶ l
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sormontar di sopr' a mia virtute; ¶ e di novella
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estreme foglie! ¶ La vista mia ne l'ampio e
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rïaccesa ¶ per domandar la mia donna di cose ¶ di
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di che la mente mia era sospesa. ¶ Uno intendëa
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lì da Beatrice la mia vista; ¶ ma nulla mi
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donna in cui la mia speranza vige, ¶ e che
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che soffristi per la mia salute ¶ in inferno lasciar
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sì che l'anima mia, che fatt' hai sana
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ei volea: ¶ ché la mia vista, venendo sincera, ¶ e
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ché quasi tutta cessa ¶ mia visïone, e ancor mi
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concetti mortali, a la mia mente ¶ ripresta un poco
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e fa la lingua mia tanto possente, ¶ ch'una
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per tornare alquanto a mia memoria ¶ e per sonare
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Argo. ¶ Così la mente mia, tutta sospesa, ¶ mirava fissa
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Omai sarà più corta mia favella, ¶ pur a quel
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se non che la mia mente fu percossa ¶ da