Carlo Emilio Gadda, L'Adalgisa, 1944

NOTTE DI LUNA ¶ Un’idea

la infinità buia della notte. Gli alti alberi, immersi

alberi, immersi più nella notte, pensavano per primi. E

ai segni lontani della notte. Dei secoli sono germinate

susurro, che forse la notte avrebbe conceduto di prorogare

tutti. Alcuni indugiavano nella notte, le di cui ombre

si può posare nella notte. (Per anni si erano

nell’imminente chiarità della notte, come rocca da guardare

ventura, nel favore della notte. ¶ Che fine sentire, che

accompagna l’alitare della notte: e certo un pensiero

per angoscioso lavoro nella notte, per gioco, per intercambio

ci fantasticavano su tutta notte, su quel capocrònaca; previvevano

le palpebre della vecchia notte assonnata si richiudevano, a

sul lastrico. E la notte, nel disco del suo

i quattordici tavolini da notte, «domandi mì, quatòrdes cifón

la vegghiarono dì e notte all’altare, su cui

Il ragazzo Valeri, quella notte, sarebbe passato di là

lunga e distesa nella notte, lei e la pala

sera: e perfin di notte, nel sonno. Dormiva, la

di cibarie perpetrato a notte fatta o addirittura inoltrata

il cielo stellato della notte. E dopo alcune telefonate

E ronfa pure tutta notte fino a domani mattina

che allo spogliarti, a notte, pianeranno ancora ed ancora

attento. Lavorava fino a notte, per il comune bene

una volta, prima di notte, allo zampillo de’ più

tre e mezzo di notte. Una messa da ròccoli

dal Garbagnati, che la notte famosa del rubalizio, però

cupolina d’un azzurro-notte e dorate stelle sul

stelle sul color della notte, li aveva seguitati fino

ai vertiginosi cammini della notte: dove il cieco consequenziare

andava in giro tutta notte con la lanterna, pieno

lungo i sentieri della notte, aveva seguitato l’indizio

ti spia giorno e notte, per il solo gusto

bianche della camicia da notte.... tenevano il fiato tutti

sognare. ¶ Remigio anzi, una notte, stanco della proiettiva, su