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Domenico di Giovanni, [Sonetti], 1449?

concordanze di «più»

nautoretestoannoconcordanza
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1449
Che ne fur presi più di cento al valico
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1449
Non ci s'impiastra più, perchè in Mugnone ¶ Vi
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1449
in piazza; ¶ E la più gente ci sarebbe pazza
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1449
io ne vidi accender più di mille, ¶ E far
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1449
i Berlingacci ¶ Ritornasse mai più in questi paesi ¶ Morto
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1449
ismemorar le palle. ¶ E più, ch'io sentì dir
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1449
è da diffinir un più bel dubbio, ¶ Che giunte
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1449
E la notturna spera più ritonda ¶ Ogni natura di
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1449
gran Vespajo; ¶ Ch'eran più d'un migliajo, ¶ Che
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le sue castelle, ¶ E più mi manda un cartoccin
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1449
Vuolsi compor di cose più sottili, ¶ Che risolva di
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io non posso patir più di vedelli: ¶ E gli
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O le frittate di più ragion d'uova: ¶ E
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Ecci una cosa, quanto più la smalli ¶ Secondo il
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smalli ¶ Secondo il Magnolin più si fa dura; ¶ E
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in verzura, ¶ Che quanto più dibucci sua figura ¶ Più
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1449
più dibucci sua figura ¶ Più intenerisce, e 'ngrossano i
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Godenzio, ¶ Poi che non più si dice mattutino ¶ Tengasi
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scalzo, e 'n farsettino. ¶ Più dice il Magnolino, ¶ Cappon
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fu de' Dieci ¶ Teneva più degli altri un pien
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Perchè 'l Bisesto fusse più da sezzo; ¶ Ma se
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D'Uccelli, c'hanno più del nuovo pesce, ¶ Sol
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leggi colle mani. ¶ Non più feroci corson gli Africani
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di lampe, ¶ Che lucon più che gli occhi di
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fatto la beffa a più di mille. ¶ Gridando spille
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un che n'avea più, che non ha egli
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E pagogli i denar più che di trotto. ¶ Dice
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la bua: ¶ Non ho più lana, e cenci non
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a berne: ¶ E rasciugaine più d'una ventina, ¶ Mostrando
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mattutino. ¶ XCII ¶ Quand'appariscon più chiare le stelle, ¶ E
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Prato non si fa più gozzi ¶ I zolfanei se
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Inferno Tesifone, ¶ Questa volando più che mai Cicogna ¶ Lussuriosa
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in vita eterna il più felice: ¶ Audivi una vice
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vecchia, ed isdentata ¶ Mette più lattaiuoli, o men di
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gustare all'ingrato Giasone. ¶ Più volte ho lagrimato di
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Cammilla ¶ Tornar verso Aspramonte più che 'n fretta: ¶ Però
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Io non ti dico più; ma tu m'intendi
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verso te, che sia più calda. ¶ Questa ancor, se
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errare a scegliere il più grasso. ¶ Andandosi di passo
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Carnasciale Eugenico, ¶ Quant'eri più amaro, che l'Arsenico
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fate a ser Zombin più scappucciate. ¶ CXXVI ¶ A Mezza
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cuore: ¶ Ed io: Non più romore, ¶ Che non ci
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dirti i mie' versi più coperti ¶ Mangio sol carne
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occhi aperti ¶ Cercando del più tenero boccone: ¶ Levandomi il
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non se ne dà più per un quattrino. ¶ Cavoli
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è in Milano; ¶ Nè più superbia hanno i Franciosi
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Franciosi in vano, ¶ Nè più sentenze in Dante non
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non s'intese; ¶ Nè più Pedanti stanno per le
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1449
a una fiera, ¶ Nè più quartucci d'acqua in
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miracoli di cera: ¶ Nè più denti si guasta un
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un calzolajo, ¶ Nè in più occhi è sparsa una
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poco, ¶ E non giuoco più oggi con Cristiano. ¶ Non
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gli occhi fissi, ¶ Nè più, nè men, come s
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Onde il compagno prese più ardire; ¶ Messer, dicendo, voi
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E che sia ver, più parte n'è tornati
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E questi altri studianti più moderni, ¶ Si vorrebbon mandar
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non chiusi stanotte occhi: ¶ Più volte dièmmi quell'Anguilla
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lana; ¶ Non mi dà più mattana; ¶ Erbolajo è, non
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coronato: ¶ E poi pel più antico Bajardino, ¶ Facciasi in
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di ruggine. ¶ Scipito è più, che pastinaca, o bietola
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e Portico, ¶ Che son più tener, quanto più le
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son più tener, quanto più le scortico. ¶ CLXIV ¶ A
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fu fatta per la più pregiata ¶ Donzella de' Guasconi
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tien, che Vico sia più saggio, ¶ Che quei, che
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Non facciam covelle, ¶ Son più di te, ser Giovanni
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le mascelle. ¶ E dopo più novelle ¶ Disse, va vendi
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belle mura: ¶ E quanto più cercava sua misura ¶ Sì
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misura ¶ Sì gli parea più chiaro, che Cristallo, ¶ E
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sì diceva, egli è più bello stallo, ¶ Ch'al
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E calci, e pugna più d'un centinajo; ¶ E
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1449
E trenta sculacciate, e più al danajo; ¶ Pensa se
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mi vide il cul più ner, che mora, ¶ Livido
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Tirossi dentro, e rise più d'un'ora, ¶ Veggendomi
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piangea le date ¶ Busse: più per vergogna, che per
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per doglia, ¶ Sicchè mai più non vagheggiai di voglia
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1449
Ch'io non ho più che dar, nè che
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1449
mio mellone: ¶ Non cercar più; ch'io dico Moccolone
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hai con teco libbre più d'ottanta ¶ Secondo che
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sì il pennecchio, ¶ Che più li gioverebbe poi il
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ne vorrebbe ogn'ora più di venti. ¶ CLXXXIX ¶ BURCHIELLO
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DEL MCCCCXXXIII. ¶ Non posso più che l'ira non
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vino, ¶ Tal ch'è più secco, e voto ch
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Spugnoso, e rosso assai più ch'un rubino, ¶ E
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1449
che 'l Ciel dalla più degna cima ¶ In me
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e non lo por più in cima, ¶ Nè 'n
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in cima, ¶ Nè 'n più alto seggio di quel
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1449
di sua virtute: ¶ E più l'animo mio forte
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te; deh non aver più il capo li; ¶ Saratti
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al letto, ¶ Non vegliar più al vento alla finestra
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1449
è detto, ¶ Che sei più giallo, che fior di
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di Ginestra; ¶ Non ir più uccellando alla forestra, ¶ Ritrati
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1449
ognor rinfresco; ¶ Or con più spade, zugo, addosso t
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t'esco; ¶ Non hai più giuoco; e sò faresti
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1449
in rima, ¶ Convienti esser più grasso d'Aggiettivi, ¶ Di
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cui son mecco: ¶ Ma più là non portava il
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un'altro strido, ¶ Per più saper da te, per
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Per Dio ti prego più non vi balocchi, ¶ E
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mangiare, ¶ Quì si consuman più minuti assai, ¶ Che 'l
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colori, ¶ Dipinte a razzi più, e men rilievo; ¶ Molti
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con la Varca: ¶ Se più voglio se scarca, ¶ A
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mercatanti da Fiorenza, ¶ Mai più faccio allo Papa riverienza
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non c'è cosa più strana ¶ Sotto 'l Ciel
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come sedei; ¶ Che mai più non mi riduco, ¶ Sì
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Che stitico non sia più oggi che jeri. ¶ Che
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e 'l giubberello ¶ Han più buchi ch'un vaglio
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stento, o godo: ¶ A più che cento bocche i
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Sonetto. ¶ Messer Tortoso quanto più ripenso ¶ Nel vostro ragionar
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ripenso ¶ Nel vostro ragionar più veggo i fatti; ¶ Gli
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i taciti pensier fussin più retti, ¶ Darien conforto a
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sono eletti ¶ Vostri intelletti più profondi, e ampj, ¶ Che
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Le radici già mai più nate in terra: ¶ O
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darò del macco ¶ Che più l'O di Giotto
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E da quì innanzi più non gli rispondo, ¶ Per
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i baccelli ¶ Non posson più durar, perchè il salsume
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andar dietro alla traccia, ¶ Più speziarìa recando, e scardamomo
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morte se commisse; ¶ E più volte mi disse, ¶ Misericordia
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nell'alba Tesifone ¶ Risplender più che stella matutana ¶ Cacciando
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Non vi fidate mai più de' lumbrichi, ¶ Che furon
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al male, ¶ Però che più si stima chi più
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più si stima chi più erra. ¶ Niente meno non
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Che dormendo hanno errato più persone, ¶ Benchè in ver
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tempo è pupilla, ¶ Le più volte si trova ghiotta
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non fu mai levriero ¶ Più di me presto a
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queste cose fa nè più nè meno, ¶ E usciratti
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megliorato del polmone. ¶ Ancor più oltre vuò che tu
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Sotto 'l ditello del più grosso dito ¶ Della man
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una scura. ¶ Ma di più dire il mastro venne
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Sole, ¶ Sicchè di star più non gli parve gioco
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E disparì senza far più parole, ¶ Ed io rimasi
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l tradimento tiensi un più sapere, ¶ Così inganna l
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un l'altro a più potere, ¶ E chi fa
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si ragiona, ¶ Qual sia più verde, ovver degna Corona
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Che la dirizzi per più lieta via. ¶ CCLXX ¶ La
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poi che fu ridutto ¶ Più che l'arme la
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la terra impregna ¶ In più doppio dò frutto senza
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del Sol non son più belli, ¶ E vidi fila
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il degno affetto ¶ Fusse più in noi, che 'n
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fa il gran fuoco più affinire. ¶ Destati omai, il
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car Marito in fondo; ¶ Più sento che costor maggior
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maggiore, e grave pondo; ¶ Più di lagrime abondo ¶ Se
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e vin mordente, ¶ E più non dimorar con moltitudine
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sentenza; ¶ Qual arte è più d'onor, o meno
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sopra tutto quel, che più si vale ¶ È il
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Amico mio, non durar più fatica, ¶ Che di trent
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Perciò nessun mi chieggia più in prestanza, ¶ Acciò che
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senza scuole ¶ Nessuno impari più alle mie spese, ¶ Che
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cose intrigate tosto spacci: ¶ Più ami onor che empirsi
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che empirsi il borsello, ¶ Più creda al ver, che
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chi riso gli facci, ¶ Più in lui sia grazia
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ti s'avviene; ¶ Ma più si maraviglia ogni persona
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stu portassi il capo più scoperto ¶ Ti sarebbe pelato
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sotto ortica, ¶ Che sarìa più suo pregio, che l
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Cosa non forse mai più vista a Roma, ¶ E
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alle tele, ¶ Non sarò più crudele, ¶ Che glie ne
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ricordo il censo ¶ Già più tempo per me intralasciato
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Quì non bisogna or più banchi d'Ebrei ¶ Che
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e sconoscente, ¶ Che quanto più fai lor onore e
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farlo franco. ¶ E per più mia consolazione strana ¶ Ad
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gli sciocchi, ¶ Non potrà più cantar, che fra' balocchi
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vinto, ¶ Che 'n vita più no 'l posso sostenere
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stesse del pari, ¶ Arei più caro il morir, che
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e grugni, ¶ E per più gelosia ti fè de
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Che Dio in cento più merto ne rende ¶ A
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la mattina ¶ Tu fussi più rubesto a tener l
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Tinto di zento, o più di quel pantan, ¶ Li
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vede ben, ch'io più mi rodo, ¶ Dice chiam
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altri dilevero ¶ Da lor, più che dagli altri di
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Può dir, che ha più virtù che la bettonico
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Che non puoi peder più, non che cacare, ¶ E