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Domenico di Giovanni, [Sonetti], 1449?

concordanze di «quel»

nautoretestoannoconcordanza
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muovi, ¶ E tristo a quel, che rimanesse il sezzo
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mettevan l'ale. ¶ Ma quel colpo mortale ¶ Che diè
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far mille minuzzoli ¶ Da quel di Ganimede abbandonati, ¶ Che
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Ma che rigoglio è quel d'una guastada, ¶ Ch
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Empolesi ebbon cagione, ¶ Che quel che danno le civaje
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io non so uguanno quel ch'io m'abbia
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migliajo, ¶ Che domandavan pur quel che quell'era, ¶ E
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seme ¶ Di ramerin di quel da far frittelle, ¶ Che
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fiorir de' baccelli, e quel de' ceci? ¶ Deh come
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piè nella calcina; ¶ O quel dì preso avessi medicina
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e none, ¶ Vanno in quel mezzo imbasciatrici a' venti
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galla in guazzeroni. ¶ Di quel tuo Braccio Sforza, o
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Ma fa che 'n quel dì punto non ti
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pensa ben, l'uccel, quel che figura, ¶ E su
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concistoro, ¶ E dica Bartolaccio quel che vuole: ¶ Che il
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oppositamente s'assimilia ¶ Siccome quel, che convertì Tessaglia: ¶ Per
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del Gruogo, ¶ Che seminò quel traditor di Giuda; ¶ Dove
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anno. ¶ E questo è quel, che la Fortuna reca
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se gli è ver, quel ch'altri spesso dice
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Notajo dell'Arno, e quel d'Ombrone ¶ Per un
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m'intenda? ¶ Ma per quel, ch'io comprenda ¶ I
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festa, ¶ Le cimici a quel suon fecion richiesta, ¶ E
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buon bocconi: ¶ Fan come quel, che si castrò i
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L'ignuda fava di quel gran baccello. ¶ Non vidi
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per fuggir ozio in quel viaggio, ¶ Sempre parlò col
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Notajo del malefizio: ¶ E quel palagio è pien di
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Assessore ¶ Risusciteran tutti a quel romore, ¶ In un tin
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suoi panni. ¶ Mandami Pagol quel degli Alamanni, ¶ Che 'l
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e Popol miserere mei. ¶ Quel pio Signor ch'impera
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che alla fossa cieca: ¶ Quel che 'n Chiesa lo
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se tu vuoi giuocare? ¶ Quel disse no: quell'altro
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un poco, poco ¶ Disse quel capestruzzo: apri la mano
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apri la mano, ¶ E quel moccicca, or vè s
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sei macchie addosso? ¶ E quel Dottor divenne tutto rosso
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lor la via. ¶ Ora quel che si sia, ¶ Per
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mai baciar non volle quel de gli Agli. ¶ E
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grosso se gli vende quel del vin, ¶ Perzò che
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co i bastoni; ¶ Talor quel Dipintor, co' suoi prigioni
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fu mai riscosso, ¶ Quando quel calzolajo, il me' ch
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Che sarà vero alfin quel ch'io ti scrivo
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fonte di Parnaso: ¶ Ma quel Burchiel, che Crotina ha
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le some, ¶ Dico a quel pan; teco fusse or
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Sonetto ebreo, ¶ E anche quel de' fichi castagnuoli; ¶ E
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de' fichi castagnuoli; ¶ E quel de' Saturnin co i
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Pancaciuoli; ¶ E non men quel di Piramo, o d
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buchi, ¶ Che poi in quel tempo, non si può
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arriccia, ¶ Fatti pagar di quel che l'han tenuto
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Miccia, ¶ Che figlierà con quel ch'è or cresciuto
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Prete da Gabbia, ¶ Mandar quel per conforto a un
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più alto seggio di quel, ch'e' si sia
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bello impiccat'eri in quel Padule? ¶ Tal, quando balli
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stecco: ¶ Amor, se di quel parli, è vanitate, ¶ Giovenil
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che pesti quoja; ¶ Con quel suo soggettin, che m
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cedere: ¶ Che fa di quel che pute in ogni
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s'io trovo ¶ Di quel, che forse non vorrei
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Dolere, e consolar di quel ch'io sento: ¶ E
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Tanta pora hai in quel vospico, e scala, ¶ E
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che un cuoco, ¶ Per quel che ci riportan i
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Se non passan tostamente quel duomo, ¶ Veggo un gran
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la goletta piena, ¶ E quel migliaccio sia fatto di
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doventar giocondo, ¶ E pianger quel, che di virtù si
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visse, ¶ Or tornaremo a quel, che prima fui. ¶ Beata
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Che questo fosse per quel nuovo augurio, ¶ Che Eolo
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le mani. ¶ Onde per quel rimedio iscandelezzo ¶ È nato
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senza le dotte. ¶ Mostrommi quel cogli occhi di duo
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avea in man di quel fantino, ¶ E il suo
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chi fotte. ¶ Vorrei saper quel che ne vuol ragione
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CCLXI ¶ Chi non può quel che vuol, quel che
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può quel che vuol, quel che può voglia, ¶ Che
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che può voglia, ¶ Che quel che non si può
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da tenere, ¶ Che da quel che non può il
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puote, ¶ Spesso par dolce quel che torna amaro, ¶ Piansi
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torna amaro, ¶ Piansi già quel ch'io volli poi
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caro, ¶ Vogli sempre poter quel che tu debbi. ¶ CCLXII
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Per Dio vogli pensar quel che tu fai, ¶ Che
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vò per ischivar vergogna. ¶ Quel che Boezio chiuso alla
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E mai ci nocque quel che poco puote. ¶ Ma
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degne parte ¶ Date da quel, che noi fulmina, e
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E l'Uom'è quel, che dignità comparte. ¶ Perchè
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a un simile riducere, ¶ Quel frutto che non può
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sia quelli, ¶ Che vedessi quel Brio, che non s
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stimol che ti afferra. ¶ Quel massimo Signor che in
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clemenza, ¶ E sopra tutto quel, che più si vale
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mio capo fantastico, ¶ Di quel che tutto 'l dì
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grasso, e sano, ¶ Quanto quel detto è posto con
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pazzo, ¶ Che lasci dar quel tuo vin di Casale
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pace, ¶ E tu farai quel che alle Donne piace
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ben tel dico, ¶ Che quel ti caricò ben di
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e fatto una frittata. ¶ Quel tra Lerice è il
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Dimmi Maestro, quale è quel ferucolo, ¶ Che denti porta
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trovate, ¶ Tu de' pensar quel che si fa di
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distrutto ¶ Dagli Amicozzi di quel viso rosso. ¶ Se poi
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oggi è costrutto ¶ Di quel, che fè già 'l
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zento, o più di quel pantan, ¶ Li tratti a
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portinar de' Frati; ¶ E quel, che porta rosato mantello
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ancor sugnaccio. ¶ Ma di quel capo torrò le cervella
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Celare ora non puoi quel ch'io ti scrivo
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succhio del mellone in quel paese ¶ Giammai vedresti tal