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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Matilde Serao, Il romanzo della fanciulla, 1886

concordanze di «quel»

nautoretestoannoconcordanza
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pel dispiacere, pensando a quel buon tempo di sonno
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di servizio nel pomeriggio, quel giorno non aveva obbligo
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non chiedeva nulla: in quel torpore fisico, non provava
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interesse di tutte era quel foglio di carta che
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che le destinava, per quel giorno, a una speciale
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che doveva lavorarvi, in quel giorno, per sette ore
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seconda sorella. — Io con quel vecchione del corrispondente non
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che pareva dormissero, in quel riposo festivo pomeridiano, una
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qualche cosa, per interrompere quel noioso silenzio, per far
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lenti sul naso con quel moto istintivo dei miopi
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il suo amore in quel giorno di festa familiare
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De Notaris. ¶ — Questo è quel tale che si sdilinquisce
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quelle anime giovanili, in quel giorno di festa, che
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avete finito di copiare quel registro che vi ho
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monacale, l’impressione di quel telegramma amoroso. Ma ella
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pericoloso. Difatti anche in quel silenzio, in quella penombra
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ogni giorno parlava con quel corrispondente calabrese, che le
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si seccavano egualmente, e quel parlare con un ignoto
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attecchiva, si tacque. In quel momento dalla piazza della
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ti voglio bene. In quel piccolo caffè non vi
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fieri d’inquisitore, con quel suo ronzare fra le
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non voleva risposta, con quel suo abbrancare improvviso del
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il direttore, di chiedergli quel benedetto permesso. Erano le
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si erano consumate in quel desiderio e adesso, esaurite
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depressi si sollevavano in quel flusso di parole, in
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ora della firma, sotto quel grande foglio bianco, avvenne
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con la capitale. A quel filo, macchina Morse, si
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tutte svelte, tutte intelligenti, quel giorno: quell’ambiente, quell
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lamentandosi dolcemente, che in quel cioccolatte vi era del
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con Torre Annunziata. ¶ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . …In quel giorno, il dodici novembre
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l’isolamento assoluto. In quel giorno, tutte le altre
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ci si divertiva a quel giuoco, di prender una
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subitamente diventate pallide a quel lutto, senza curarsi più
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passo virile, portando anche quel giorno la sua giacchetta
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alla eredità. Quando metti quel cappellino, Giulia, fa una
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delle sorelline Sannicandro, in quel grande lavorìo per l
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che nessuna osasse interrompere quel silenzio. Tecla aveva approntato
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sotto l’incubo di quel cappellino viennese. ¶ Olga raccontava
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E quell’attività quotidiana, quel doversi occupare continuamente di
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tutte felici, poichè in quel giorno sarebbero andate alla
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se smetti di cucire quel tuo grosso pezzo di
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ballare. ¶ Questo, detto con quel grande languore sentimentale che
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il focolare domestico, sentiva quel fluire di tenerezza, che
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in cuor suo, ammirava quel giovanotto che si era
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lusingando la vanità di quel cretinello: e parlavano poco
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di Eva. E in quel biancore di luce, in
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dolcezza di notte, su quel mare profumato, nel cuore
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che cercava di attenuare quel cremisino: quella sera aveva
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rabbiosa, s’inteneriva, guardando quel piccolo essere, senza protezione
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indifferenti stavano a vedere; quel matrimonio aveva turbata tutta
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di Eva alla vita, quel distacco da tutte le
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aveva la misura di quel sacrifizio, ella compiangeva la
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gioia: questa immobilità di quel volto che tutti avevan
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Elvira Brown si crucciava, quel vecchio sospettoso, rabbioso, cattivo
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la gelosia malvagia di quel vecchione dalla parrucca rossastra
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cortesi tanto! Ma in quel momento Elvira Brown che
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giovanile pel ballo, a quel formicolìo fisico e morale
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povera cantante, ridotta a quel mestiere, mentre, forse, avrebbe
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degli sguardi femminili. ¶ Proprio, quel secondo viale, porta il
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occupati, continuava a sfilare quel biancheggiamento di vestiti, quella
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la faccia arcigna di quel vecchione. Si erano seduti
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ma quanto è schifoso quel vecchio! — osservò Carluccio Finoia
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lo guardò ferocemente: da quel momento, per tutta la
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ammogliare, era seccata di quel ritardo: si tirava dietro
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lieve e fine di quel giardino accanto al mare
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col suo sorriso. ¶ Tutto quel boschetto era pieno di
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sua intenzione, facendogli subire quel rigoroso esame in cui
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orfana dell’ufficiale, in quel grande caravanserraglio che è
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di convincerlo a suonare quel waltzer, solo quello, pochi
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ebbe un intuito di quel dramma intimo, arrivò sino
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verde dalla bile. In quel momento si vide che
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a gridare contro tutto quel chiasso notturno, come aveva
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alle donne? Federico Pietraroia, quel lezioso, quell’imbecille, che
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tutte quelle sorprese. E quel pomodoro, sul bastone che
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che per circostanze eccezionali, quel giorno la scuola si
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zoppina, vi era ricevimento, quel mercoledì; essendo l’onomastico
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si fermava mai, in quel pomeriggio, annunciando sempre nuove
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grandiosità del fenomeno, tutto quel fuoco che si ripercuoteva
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Resina, la Costa compativa quel povero don Giuseppe Froio
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po’ di luce a quel budello umido di corridoio
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le interne accasciate da quel grande convento di Gesuiti
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quelle sciocche parole, in quel corridoio buio, senza accompagnamento
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spazzare il corridoio da quel fango e borbottava con
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fango e borbottava con quel suo fare di buona
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malattia aveva dovuto devastare quel cranio e quella faccia
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Giustina Marangio sghignazzò a quel nome, malignamente: la Diaz
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dell’educazione. Infastidito da quel mormorio monotono e cretino
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non potendo seguirlo in quel vagabondaggio fiorito, sentendo di
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a poco a poco quel fiume di eloquenza vinceva
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libro. Ma fu peggio: quel racconto delle vergini, che
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guardava, tutto insospettito con quel suo viso antipatico, cercava
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afferrare qualche cosa in quel mormorio di risate che
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di chiarire alle compagne quel congegno difficile e delicato
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gli occhi fissi su quel fatale rotoletto di carta
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fondo esse amavano molto quel direttore niente espansivo, ma
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per quella defezione, per quel tradimento: lo stesso direttore
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senza sbagliare mai, descrisse quel sistema di ottone e
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più piccoli pezzi di quel meccanismo. ¶ Alla fine quando
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le esterne passeggiavano in quel corridoio-budello. ¶ In tutto
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Vincentis era molto arcigna quel giorno. Con la primavera
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ne avevano molta paura quel giorno: la lunga e
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il pizzo aveva più quel moto nervoso. Quando chiamò
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alunne, esterrefatte, videro alzarsi quel vecchietto tutto contorto dall
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seconda parte. ¶ E da quel cumulo di ossa sconquassate
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mano disfatta, contraffatta, da quel cervello tanto lucido che
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dominante, per cui in quel giorno chiamate in scuola
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cuore; ognuna pensava a quel lungo sacrificio di tre
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abbiamo mai studiato. Oh, quel Radente! Ma perchè non
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è meno difficile di quel che pare, — esclamò allegramente
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ore, era venuta a quel nome di mamma: e
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falsa supposizione, a risolvere quel problema di regola di
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vecchia parrucca rossastra, con quel cuffiotto di merletto di
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meschina, più ripugnante in quel contrasto. Ora Casale era
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pensavano più a ripassare quel tale brano ancora oscuro
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più imparato niente. Sapevano quel che sapevano, sarà quel
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quel che sapevano, sarà quel che sarà, una specie
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di sua sorella, con quel giovinotto che ella adorava
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che la togliessero da quel tormento: ma in tutto
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si è pentita di quel suicidio, ha invocato le
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moderatore. Ogni tanto, in quel chiarore, un fagotto si
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Fausto o Mefistofele. A quel chiarore si vide bene
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le sembrava scorgere in quel gruppo tutta una visione
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più si rifletteva, in quel distacco egoistico e supremo
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schiudeva ogni tanto, con quel moto adorabile degli uccelletti
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al letto, e in quel vuoto, Grazia Santangelo si
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si strinse attorno a quel ditino. ¶ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . …Cadevano le ombre
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ma quello che invecchiava quel volto, senza rimedio, non
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vita, largo sui fianchi, quel taglio tutto fantastico ma
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del pomeriggio estiva, in quel silenzio di provincia dormiente
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due giovanetti, lo udiva quel giorno, come da due