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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Alberto Savinio, Tutta la vita, 1945

concordanze di «quel»

nautoretestoannoconcordanza
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sole era notte. Dietro quel modesto edificio la cui
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partito. Gli sembrava che quel nome fosse gridato a
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e infinita, come se quel treno – quel treno che
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come se quel treno – quel treno che non sarebbe
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col tasto del Morse, quel vizio solitario che lo
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tale il segreto di quel capostazione che come un
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dell’universo. E con quel tanto di forza che
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veniva dal fondo di quel viale e forse quegli
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poco di fresco su quel lenzuolo scaldato dal suo
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va di moda», se quel progetto gli fosse andato
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fermato dalla impronunciabilità di quel cognome e tacque. Del
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risparmiargli la difficoltà di quel cognome rispose in fretta
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del morto; come se quel cielo estivo là fuori
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dentro dalle persiane accostate; quel cielo che portava il
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l’infinita distesa di quel mare, sotto quel cielo
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di quel mare, sotto quel cielo di cui la
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Lodovico non dispiaceva neppure quel naso arrossato e gonfio
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arriva al punto «cruciale»: quel punto di cui tre
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di poi ha rievocato quel momento, ha risentito assieme
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la tragica buffoneria di quel momento. Il quadro gli
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che per entrare in quel suo emporio di oggetti
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Didaco cominciò a delinearsi – quel destino che gli valse
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di poi quella terra, quel cielo, quel dio a
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quella terra, quel cielo, quel dio a un assurdo
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alberetto a cono dopo quel giorno in cui a
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che gli stava preparando quel servizio e punirlo della
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non seppe come spiegare quel caso straordinario di catalessi
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aria più pura. In quel mentre il convoglio stava
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non fosse pronunciata in quel tempo se non molto
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annegrato dalle battaglie. ¶ In quel tempo la signorina Fufù
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delle locomotive esercitavano in quel tempo sulla signorina Fufù
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ora che la locomotiva quel «grande» la chiamava «vaporiera
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si arrischiava a toccare quel foglio abbandonato accanto a
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signorina Fufù non «sentì» quel lutto. Nell’atrio dell
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a stento davanti a quel manifesto: ¶ Ben venga Maggio
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s’innamori. ¶ Egualmente però quel manifesto non avrebbe esercitato
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una volta ancora fece quel molle gesto della mano
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traversò la mente che quel signore rigorosamente vestito di
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riuscirà mai a leggere: quel pianoforte che la signorina
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diverse e lontanissime, a quel modo che un europeo
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la mattina, al nutrirsi quel tanto che basta per
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informe. Ma proprio in quel tempo, una sera, mentre
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curvi nell’angoscia. ¶ Da quel giorno il piccolo Nìvulo
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ogni suo atto. Portentoso quel bimbo «abbandonato a se
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da uomo maturo, mostruoso quel bimbo ancora alle pappe
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I giornali intorno a quel tempo avevano scritto che
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di avere un figlio: quel figlio col quale non
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mai scambiato una parola: quel figlio che a loro
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profondo e antichissimo di quel misterioso bambino, un desiderio
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faceva uno strano vedere quel ventenne fresco ancora come
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la mostruosa gioventù di quel corpo disfarsi a vista
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vista d’occhio, videro quel corpo aggrinzirsi, rattrappirsi, dissugarsi
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non ritrovi in me quel fiero portamento che avevano
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ossia un émulo di quel grande uomo che assieme
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mi avrebbe udito in quel deserto? ¶ Del resto la
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commendatori. ¶ La situazione di quel treno affollato, l’ingombro
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proposito bisogna dire che quel pudore che induce il
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acquario e di obitòrio. ¶ Quel treno lanciato a una
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invisibile stazione. E su quel trillo passava come un
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l’ingorgo umano di quel treno dovesse durare per
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e invece trovo vino, quel vino per punizione io
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prende in giro per quel mio vano tentativo, per
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Rutiliano. A chi profittava quel matrimonio? A zio non
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nulla. A Ismene invece quel matrimonio avrebbe assicurato benessere
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lieto, ma proprio in quel giorno Billi partì per
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zio Rutiliano, che in quel giorno fu anche più
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ascoltare i palpiti di quel cuore tenebroso ma profondamente
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armadio è vuoto. ¶ Da quel giorno Ismene non si
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e troppo grande per quel corpo così piccino. Come
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quale minaccia è dietro quel sorriso? Piano piano la
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pugno in mezzo a quel petto molle come una
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uscio che ha dato quel tonfo. Gli pare di
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madre dice che quando «quel discolo» la fa inquietare
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Ecco la spiegazione di quel tonfo... ¶ Forse in questo
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nel canile di Francoforte quel giorno non c’erano
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con la macchia di quel nome che suscitava curiosità
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e disse che tra quel vecchiume non avrebbe mai
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altrimenti non si spiegherebbe quel miracoloso mutamento, e che
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Giusta era la punizione. Quel tentativo di evasione era
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più voci assieme. ¶ A quel suono di voci riunite
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quello scemo scemo con quel capino lustro come un
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lampadario si associa a quel riso, scotendo come l
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trovava a passare in quel momento in istrada, entravano
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per fare attenzione a quel che di più sottile