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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950

concordanze di «quella»

nautoretestoannoconcordanza
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io stesso, se di quella riva fossi stato padrone
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morti. ¶ Meno male che quella sera voltando le spalle
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sua casa è sempre quella e sotto il sole
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avrei voluto portarmela in quella campagna, tra i meli
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dei ciglioni, rovesciarla su quella terra, dare un senso
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cosa faceva. Raccontò che quella stessa notte, per farla
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disse lui, – se potessi. ¶ Quella notte, prima di scendere
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rospi e dei grilli. Quella notte, se anche Nora
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America di finire con quella strada, con quelle città
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voce, in distanza, come quella dei grilli. Mi scappò
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un po’ meno fantastico, quella faccia da gatto era
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il sacco. ¶ Ma Nuto quella sera non vuotò il
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stalla c’era sempre quella spalliera di uva passera
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venivo; Valino non cambiò quella faccia scura, disse soltanto
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là. Voglio farti vedere quella tina che perde. ¶ Poi
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solo ero tornato su quella strada e pensavo alla
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avere l’età di quella donna. ¶ Calmato il cane
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volte tardava. ¶ Delle due quella che aveva legato il
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Valino. Era la cognata, quella che adesso dormiva con
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i denti radi e quella crosta sotto l’occhio
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l’occhio ci spaziava, quella campagna era ben minuscola
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delle case – palazzine, come quella del Nido sulla collina
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Valino. – Aspettavo Nuto per quella tina. Non viene? ¶ Allora
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avrebbe mai chiesto se quella guerra era servita a
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la parete di tufo, quella di fronte al nostro
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toccato qualcosa, un destino – quella sua idea che le
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ragazzo… ¶ Era un’idea. Quella macchia di canne e
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non finivano mai, perché quella voce rabbiosa lo chiamava
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quando gli raccontai di quella storia dei falò nelle
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che superstizione è soltanto quella che fa del male
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di essere ancora in quella vigna della Mora, sotto
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poteva fare? – ma in quella casa succedevano cose nere
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miseria, la rabbia di quella vita senza sfogo. ¶ Avevo
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sentii subito l’odore – quella punta di vinacce, di
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moriva tra le mani. Quella vita e quella gente
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mani. Quella vita e quella gente a cui ero
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di fare puntate su quella strada del sud. Era
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paesi vuol dire nessuno. ¶ Quella sera mi s’impannò
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spariva. ¶ Nelle tane di quella pianura sapevo che correvano
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si fa da ragazzi. Quella corrente veniva dal nord
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una conca – alla stazione 37 quella sera non ci arrivavano
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non ero piú di quella casa, non ero piú
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anguilla fu l’Emilia. Quella sera mangiammo ch’era
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studiato o viaggiato. Salvo quella volta dell’Africa, non
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dell’anno prima perduta. ¶ Quella scala che conduceva di
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buse. Tutto mancava in quella casa. Non mangiavano pane
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in Gaminella per guardare quella tina. Non voleva saperne
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fuori la cognata, Rosina, quella che aveva anche i
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stalla – la capra e quella riva dei noccioli. Io
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a Nuto, – vuoi vedere quella tina? ¶ Io sapevo dov
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Soltanto la finestretta era quella e le mosche che
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buttava sangue. – Portate via quella bambina, – aveva gridato il
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muro del portico. E quella notte c’era Nuto
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l’età entrava in quella casa di Villanova e
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detto di Silvia: «Per quella lí. Dorme senza la
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Devo comprarmi delle scarpe. ¶ Quella sera fui felice e
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stesso padre, magari con quella gamba – adesso che sapevo
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un pezzo si aspettava quella festa: Canelli era sempre
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Gaminella. Nuto rovistava in quella cassa – c’era un
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le rive – capivo che quella musica non era la
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accorsi che per me quella gente era tutta bastarda
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sotto i viali, ma quella gente erano armeni, messicani
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tenni, non volli – con quella mamma e con me
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chi. Eppure mi piaceva quella donna, mi piaceva come
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ho pensato, – disse, con quella voce rauca. – Non serve
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sul banco. Ebbene, in quella vendemmia, nei giorni che
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Emilia diceva che in quella casa la meno incagnita
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minuta e bianca di quella che il cantoniere buttava
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scaldavano e ridevano. ¶ Da quella volta della gita a
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l’altro giorno o quella volta in Acqui che
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nel letame, ma da quella sera non passarono piú
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tutte le porte, in quella sala, c’erano delle
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non aver guardato meglio quella sala ch’era piú
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e venni giú per quella strada adagio, in mezzo
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era impossibile immaginarsela su quella motocicletta o in una
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non si sprecasse con quella mezza cartuccia, con uno
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la stessa – era Silvia. ¶ Quella vendemmia fu per la
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quanto, della Mora, di quella vita di noialtri, che
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campagne come i cani. Quella finestra sulle colline oltre
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ci facevano le merende. Quella volta ci fecero cena
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sposa. ¶ Io andavo soldato quella primavera e non m
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Possibile che abbia fatto quella fine… ¶ Mi fermai a
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passava a Canelli per quella strada dietro il cinema
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Acqui – non fosse stata quella compagnia. Nuto cercava di
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Nuto senza sorridere, con quella bocca delicata e sfacciata
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perdere la ragione: se quella vita non finiva subito
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appena mi vedono. Sono quella della Casa del fascio
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fosse difesa con lui quella notte del rastrellamento. – Sarà