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esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Matilde Serao, Il romanzo della fanciulla, 1886

concordanze di «quella»

nautoretestoannoconcordanza
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più fresca? o per quella potente virtù osservativa che
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faccia, un’altra voce, quella d’allora, scrivendo: le
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sonno riabbatteva sul lettuccio quella fanciullona robusta, la madre
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non avrebbe mai ritrovato quella bella ora di sonno
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rifugio, per conforto. ¶ Subito, quella penombra sacra, quell’aria
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angoli, aveva colorito piacevolmente quella fine carnagione dorata di
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che si degnasse visitare quella casa del lavoro, una
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ancora a messa, — rispose quella sogghignando nella sua sfacciataggine
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mi hanno dato Salerno, quella linea indiavolata: è sabato
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di dover lavorare con quella noiosa di Serafina Casale
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la voce innanzi a quella serva che la torturava
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un po’ commosse da quella prosa telegrafica incandescente, e
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del gas. Così in quella penombra, poco si poteva
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in quel silenzio, in quella penombra, pianissimamente, Annina Pescara
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ore fredde scendere su quella gioventù: non le sgridava
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andare al San Carlo quella sera: e aveva fatto
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tormenta? ¶ — No, no, — disse quella subito, ma con voce
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direttrice. ¶ — Niente, niente, — borbottò quella fra i singhiozzi, lamentandosi
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sorrise. La sapevano tutte, quella appassionata leggenda dell’innamorato
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fra le macchine, con quella voce cheta cheta che
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lavoro, si firmassero sotto quella carta; che si lasciava
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amici s’interessavano a quella grande questione, parteggiavano chi
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dovere. ¶ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . …Che giornata fu quella di domenica, otto aprile
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vi era stata messa quella che riceveva meglio, la
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velocità quasi irraggiungibile e quella lo aizzava, lo spronava
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otto della sera di quella domenica, le ausiliarie telegrafiche
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avevano mangiato mai tutta quella roba. Ma con Gaetanina
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manderemo per posta. ¶ Sotto quella pioggia continua, in quella
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quella pioggia continua, in quella umidità che impregnava l
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con Maria Morra di quella bella Adelina Markò, che
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più pallide. Una disgrazia, quella della Juliano, che colpiva
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casa veniva subito dopo quella del Re, a Palermo
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sgomenteranno. È così triste quella nostra cappella, e poi
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piacciono gli uomini biondi, quella là detesta la persona
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riunire, massime le incompatibili, quella Maria Gullì-Pausania che
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per le sue arie, quella Elfrida Kapnist delle apparenze
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anche più seria a quella riunione di fanciulle: ognuna
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villeggiavano a Sorrento, in quella fine di maggio. A
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subiva il fascino di quella giovinezza rumorosa. Ogni volta
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nostre. ¶ — Cerco Carlo, — disse quella, aguzzando i freddi occhi
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può sposarti? ¶ — Così, — fece quella, levando le spalle. — Me
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chi sapeva resistere a quella temperatura calda, sotto quelle
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apparsa, idealmente trasfigurata in quella chiarità: poi era saltata
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muliebri, sorpresi, lusingati da quella luce. Da capo il
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biancore di luce, in quella dolcezza di notte, su
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di attenuare quel cremisino: quella sera aveva pensato d
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dopo l’altra, con quella effusione chiassosa che le
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faccia di Giovanella mostrava quella mestizia profonda, quella incurabile
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mostrava quella mestizia profonda, quella incurabile malattia dello spirito
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venuta a salutare Olga: quella piccola bionda, affettuosa e
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calabrese e la salernitana, quella che vive fra Napoli
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Sorrento e Castellamare e quella che vive fra la
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molte donne che erano quella mattina nella chiesa di
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suprema era dipinta su quella faccia. Pace: non serenità
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non osano abbandonarsi a quella emozione: solo, qualche vecchio
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alle labbra il rosario; quella rinunzia di Eva alla
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umane, persone e sentimenti, quella morte volontaria del cuore
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speranza e senza gioia, quella di cui tutti ignoravano
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volontariamente, dalla scena. E quella che più s’inabissava
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una porticina si aprì, quella che comunicava col convento
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si potevano togliere da quella emozione, un silenzio profondo
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silenzio profondo regnava in quella grande chiesa. Alla fine
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il capo, piangevano, su quella monaca. ¶ NELLA LAVA. ¶ Una
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bagno senza lei. ¶ Così quella mattina erano restate in
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molte, darei incomodo, — fece quella, mordendosi le labbra per
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Caterina Borrelli era sempre quella che aveva qualche liretta
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verso la spiaggia, su quella grande zona di arena
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divideva il mare da quella verdezza ombrosa che è
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grande martire dell’amore, quella che pigliava quotidianamente degli
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prima che ella avesse quella disgrazia della gamba e
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pedoni che, mollemente, in quella sera di domenica, se
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quel biancheggiamento di vestiti, quella processione gentile di ombre
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sorridere, a mostrarsi socievole. Quella sera, il vecchio malvagio
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persone si voltavano, in quella penombra a guardare il
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pieni della dolcezza di quella sera. ¶ — Avete visto? avete
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Gesù! quanto è felice quella femmina! ¶ — Sì, ma quanto
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per sposare Carolina. Giusto, quella sera egli si era
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Carbonara, dove abitavano. ¶ Ma quella sera, Carolina aveva afferrato
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Sono tanto carine, specialmente quella coi ricci neri, — disse
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certo contegno serio, riprovando quella mancanza di convenienza; la
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convenienza; la Malagrida, che quella sera si era unita
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mai di girare attorno, quella che arrivava, non trovava
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braccetto, guardavansi intorno con quella meravigliosa potenza visiva di
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acutissimo; e vagavano in quella penombra di alberi tutti
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portandosela a braccetto in quella grande bellezza armonica di
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molle e serena di quella sera: e la tormentata
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malinconici: ¶ Ventiquattr’anni avea quella gentile.... ¶ Annina Casale ascoltava
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poteva discutere ora che quella noiosa musica, sempre la
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chinò il capo a quella parola, destinata a schiacciarla
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settimanali del sabato, in quella casa sporca e nuda
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poichè mai come in quella sera sentiva la sua
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morta. La Malagrida, figliuola, quella sera aveva inaugurato un
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settanta centimetri di giro, quella sera non ne aveva
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nessuno pareva accorgersene di quella miseria, ragazze, giovanotti, venuti
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della madre, invece di quella della figliuola, e la
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povera Enrichetta Brown, che quella sera aveva messo un
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tenendosi accanto la moglie: quella sera spingeva la tenerezza
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Fusinato. ¶ — È per me quella camelia? — chiese sottovoce Enrichetta
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per far divertire tutta quella gioventù si sacrificò, andò
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sfortunato si rodeva per quella ingiustizia del destino. Gaetanino
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tutti i guasti accaduti quella sera, col solo risultato
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casa, si capiva che quella roba era stata impegnata
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vedere la casa zeppa. ¶ Quella sera, per la rottura
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schiaffi Adelina quotidianamente; anche quella sera il figliuolo del
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venire in casa Froio quella sera, egli andava dapertutto
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fortuna, non si ballava quella sera, era quaresima, e
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regali? Era vero che quella destinata agli uomini, conteneva
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agli uomini? Gelsomina Santoro, quella civettona, per non dire
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casa, tutte stupite di quella vacanza; e si incontrarono
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purissimo cielo stellato di quella sera di primavera era
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del pericolo avevano colpito quella famiglia di persone grasse
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mentre si diceva di quella immensa terza lava che
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erano tanto immerse in quella contemplazione, che non badarono
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Caputo ch’era febbricitante quella sera, lo aveva letto
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tutto l’umidiccio di quella mattina piovosa. Le interne
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avevano voglia di cantare, quella mattina: le esterne già
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si seccavano di cantare quella stupida musica e quelle
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più che mai da quella monotonia di canto fermo
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cantare tutte costoro. Ma quella che non cantava mai
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mai, era Giustina Marangio, quella faccetta livida di vecchietta
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livida di vecchietta diciottenne, quella testolina viperea che sapeva
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distinguere la fisionomia di quella figura: si vedeva solo
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gli occhi e vide quella personcina nera. ¶ — Chi volete
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calda, come è sempre quella che sale su con
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devastare quel cranio e quella faccia. Portava un vestito
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Sì, signor professore — fece quella, col suo filo di
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terrore di Radente, di quella faccia di pietra, di
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quegli occhi malvagi, di quella voce acre, nella classe
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sentimentali anche loro, perchè quella parola calda, un po
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un sorriso beffardo, tanto quella brutta, orrenda ragazza, gli
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incarnazione della pedagogia. ¶ Ma quella mattina anche Isabella Diaz
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sacramenti, pian piano, con quella poca voce che aveva
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sul banco. Del resto quella piccola figura scarna, dal
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la mano magra come quella di una donna nella
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udì una voce lieve, quella di sua sorella Lidia
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tre altre, salendo su quella cattedra, piazzandosi sotto quella
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quella cattedra, piazzandosi sotto quella piccola forca di metallo
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colpì le ragazze per quella defezione, per quel tradimento
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sola, appena vedendoci in quella oscurità, un opuscolo religioso
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Onde, quell’apparizione equivalse quella di una duplice testa
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grazia di Dio, — ribattè quella fra gli schianti, — non
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gesti eleganti delle mani. Quella visita fu tutta un
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di ossa sconquassate, da quella testa i cui occhi
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poco vedevano più, da quella mano disfatta, contraffatta, da
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loro volto, si sovrapponeva quella materiale più urgente, del
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la forza per continuare quella vita, un altro anno
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felice, mai più, con quella tetra visione della madre
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e come untuoso, con quella vecchia parrucca rossastra, con
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sottovoce fra loro, mentre quella restava lì tutta imbarazzata
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non potendo reggere a quella immensa fatica. La continua
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le loro case, in quella sera di mezz’agosto
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pinguedine enorme e crescente, quella grossezza loro era così
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Maria se ne burlavano. Quella sera esse erano tutte
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bell’ufficiale in tutta quella luce rossa, come Fausto
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Moscarella, la zitellona preistorica, quella che tutti ricordano zitellona
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non avrebbe sposata che quella. ¶ Ardevano allegramente le girandole
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in cielo dolcemente, in quella mite sera di agosto
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malgrado dell’estasi di quella folla istupidita dai chiarori
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dell’allegrezza di tutta quella gioventù maschile e femminile
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la sola fanciulla in quella stanza, ascoltava. Tutta quella
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quella stanza, ascoltava. Tutta quella maternità che fluiva nelle
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ella beveva quasi, tutta quella dolcezza: e nello spasimo
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e nello spasimo di quella impressione troppo acuta, il
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col nasetto abbozzato, con quella smorfietta della bocca, con
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smorfietta della bocca, con quella molle peluria bionda che
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cuffietta, sulla fronte, con quella delicatezza di ditini irrequieti
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le ombre crepuscolari in quella camera. La puerpera, stanca
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la calza. E in quella calda pace del pomeriggio
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io, Federì, — esclamò, ridendo quella gentile. ¶ — Aspetta di avere
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goccia di sangue, dietro quella carne appassita di creatura
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gomitolo. ¶ — Mimì, — chiamò Federico. ¶ Quella non rispose, scrollando le
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per non ascoltare più quella conversazione. Era una preghiera