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il corpus scripta


esplorazioni verbali


invenzioni verbali


Matilde Serao, Il romanzo della fanciulla, 1886

concordanze di «quelle»

nautoretestoannoconcordanza
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sagacità di osservazione insuperabile: quelle testine bionde che a
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favolosa tenacità di memoria: quelle belle angelette sognanti debbono
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e penetrando dapertutto. Tutte quelle fanciulle, mi son passate
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l’anima di tutte quelle ragazze, il frasario di
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fioriva sulle loro labbra. Quelle già arrivate, chi seduta
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gli ombrellini, i mantelli: quelle più poverine, la colazione
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colazione portata da casa: quelle meno povere, il ricamo
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le facce assonnate di quelle che avevano troppo poco
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le faccie smorte di quelle colpite dal freddo, le
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le faccie scialbe di quelle malaticcie; e da tutte
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voce, con tono solenne quelle parole appassionate. Le ragazze
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ferventi amori sgorgavano da quelle anime giovanili, in quel
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stessa tristezza di tutte quelle fanciulle, riunite a far
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testa e guardava tutte quelle ragazze immobili, chi sonnecchiando
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sentendo la mestizia di quelle lunghe ore fredde scendere
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sarà qui il direttore. ¶ Quelle che facevano l’uncinetto
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un pezzetto di giornale: quelle che leggevano, chiusero i
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troppi i permessi. Tutte quelle che li avevano chiesti
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di una lunghezza interminabile. Quelle che avevano chiesto il
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faceva fremere d’impazienza quelle che volevano andar via
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cinquantacinque. Addosso a tutte quelle fanciulle era piombata la
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non desideravano più niente. Quelle che dovevano ritirarsi a
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boccone e di sdraiarsi: quelle che dovevan andare al
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di ballottaggio: che in quelle due settimane, ma specialmente
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servizio ordinario: che tutte quelle che volessero dare questa
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senza un soldo. Tutte quelle lagnanze sorde che correvano
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flusso di parole, in quelle frasi che venivano ripetute
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ripetute venti volte, in quelle doglianze monotone come un
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Si litigava dapertutto, fra quelle feroci e quelle miti
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fra quelle feroci e quelle miti: fra le ribelli
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pioggie, la colazione di quelle che potevano spendere, non
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un certo dominio su quelle che le dovevano dei
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ma non tacevano: su quelle macchine vi era un
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di orli uscivano da quelle manine pazienti di statuette
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Sì, se volete. Ma quelle bimbe si sgomenteranno. È
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lo assicuro, care amiche, quelle che hanno ancora la
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e così equivoche! E quelle che entravano allora, a
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di ballo, per tutte quelle donne e per tutti
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quella temperatura calda, sotto quelle vôlte basse; talchè era
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ferveva in fondo a quelle tre anime. ¶ Ma uscendo
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s’involava. E subito quelle che amavano e che
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si appartò con tutte quelle che erano state sue
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predica la saviezza, e quelle l’ascoltavano, levandole gli
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l’anima di tutte quelle donne oranti: gli uomini
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la polka strideva: ma quelle ragazze, tutte, erano prese
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suo dito indice. ¶ Tutte quelle ragazze dentro, si lasciavano
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la musica finì: tutte quelle testine, quelle mani frementi
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finì: tutte quelle testine, quelle mani frementi, quei piedini
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dello stabilimento invidiavano, odiavano quelle antipatiche e superbiose Altifreda
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offrire dei partiti rispettabili, quelle ragazze erano troppo ricche
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tanto la mano, scambiando quelle brevi parole sommesse che
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Nella mitezza dell’aria quelle gonne, quelle bianche fantasime
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dell’aria quelle gonne, quelle bianche fantasime avevano qualche
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della Villa, dove tutte quelle persone erano dirette, era
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pettegola, spietata, a tutte quelle che passavano. Giusto le
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pieno di quattrini, che quelle ragazze volevano a forza
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le famiglie più borghesi, quelle che profittavano dell’omnibus
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domenica, sino alle undici; quelle che abitando lontano, debbono
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proposito delle Altifreda, di quelle belle e fiere ragazze
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della parte che rappresenta: quelle feste settimanali del sabato
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ballo, Enrichetta cercò tutte quelle cose: portò prima a
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il fermento attraverso tutte quelle fanciulle, tutti quei giovanetti
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fanciulle, tutti quei giovanetti, quelle mamme, quelle vecchie zie
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quei giovanetti, quelle mamme, quelle vecchie zie, cresceva, cresceva
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pignatta rosso-bruna, di quelle che si cuociono nelle
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mesi per preparare tutte quelle sorprese. E quel pomodoro
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faceva andar in estasi quelle ragazze. Portando in giro
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non era piacevole, con quelle montagne, traboccanti lava da
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prima sillabazione sull’alfabeto; quelle che cantavano, emettevano la
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appunto per questo in quelle teste giovani non era
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rinforzavano le voci di quelle cinquanta neghittose e annoiate
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quella stupida musica e quelle sciocche parole, in quel
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ore di lezioni. Specialmente quelle del terzo corso, le
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calligrafia e lavori donneschi? Quelle cinquanta che non gliene
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vi avevano lasciate. E quelle orme pareva che contemplasse
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ragazze rientrarono nei banchi; quelle che leggevano o scrivevano
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le unghie rosee, come quelle di una donna: vestiva
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lo guardò spalancando dolorosamente quelle miserabili palpebre senza ciglia
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Gesù alla Maddalena. Ma quelle fanciulle, certe specialmente, pareva
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a fargli scorta, eccitava quelle curiosità, eccitava i commenti
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eccitava i commenti di quelle ragazze già grandi, alcune
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immensa mortificazione scendeva su quelle fanciulle: esse provavano una
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le sue lezioni erano quelle che studiavano di più
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rideva dei tormenti di quelle fanciulle: esse la guardavano
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maestra era docile, compativa quelle del terzo corso, sapeva
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fu tutta un’amarezza: quelle che contavano studiare non
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nascosta senza poterla mangiare; quelle che cucivano, perfino le
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un fervorino, ricordando a quelle fanciulle che la loro
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lungo la finzione in quelle anime giovanette, involontariamente, non
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mi domandano le crociate, quelle maledette crociate, quante sono
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tronco di cono; e quelle che ascoltavano, assorte, come
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di De Sanctis: ritornavano quelle già esaminate, l’interesse
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chiassosa. La esaltazione di quelle che ancora dovevano fare
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mentre il calore di quelle che avevano già finito
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tutte le cose, vinceva quelle anime scosse da un
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sentendosi molto male, poichè quelle creaturine l’amavano moltissimo
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più infelice di tutte. Quelle sorelle Astianese avevano, è
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di tenerezza, che tutte quelle persone rivolgevano al cristianello
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magrezza del collo; erano quelle due borse di pelle
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della vecchiaia era in quelle scarpette di marocchino nero