Domenico Starnone, Fare scene, 2010

due spettacoli di seguito, quello delle quattro e quello

quello delle quattro e quello delle sei. ¶ Mi piaceva

che si confondeva con quello del cibo sulle fornacelle

cibo sulle fornacelle e quello delle giovani donne piegate

lampadina magica, ma in quello di venditore di cose

braccio che ruota – e quello è l’elica e

ha ricominciato a correre. Quello che c’era sullo

un tempo altrettanto ipnotico, quello del racconto orale e

sette-otto anni, tutto quello che capitava, dalle istruzioni

Scusate, chi è iss?» ¶ «Quello che tiene il cappello

là». ¶ «Ah». ¶ «Sì». ¶ «Sicuro? Quello col cappello?» ¶ «Sì». ¶ «E

stesso. ¶ «Sì, iss’è quello col cappello. Sì, éss

dell’eventualità che in quello stesso giorno avessi già

gli intervalli. Detestavo sia quello tra il primo e

il secondo tempo, sia quello tra la fine di

e l’inizio di quello seguente. Non tolleravo che

i loro corpi, prendevo quello che mi pareva più

fare. ¶ James Stewart, invece, quello sì. Da lui, e

di squaw e non quello della prima moglie di

uno sfinimento uguale a quello che provavo tutte le

delle ossa – simile a quello che avevo provato quando

Weissmuller, né quando aveva quello muscoloso di Lex Barker

se la facesse con quello stronzo di Vittorio Gassman

per vedere nella testa quello che ti può succedere

e altri appunti – tutto quello che c’è in

del tessuto mescolato con quello dei colori a olio

era in bilico tra quello operaio e quello del

tra quello operaio e quello del piccolo commercio, ma

più luminoso lo attendeva, quello dell’artista. ¶ Mia madre

in un ambiente come quello che qui sto cercando

ferroviere e passare a quello del promettente pittore in

di stipendio, sarebbe rimasto quello che era e basta

strappandoli da me, da quello che ero in quanto

più a sentirli per quello che erano. ¶ Il risultato

proprio il suo e quello sguardo che non è

esattamente come rideva, in quello stesso momento, sulla passerella

i luoghi di casa, quello che si vedeva dalla

aspetta, ti riprendo dopo, quello subito si buttava davanti

sconforto non diverso da quello che provavo al ritorno

anche così non era quello che speravo. I film

con la voce, tutto quello che avevo assimilato leggendo

Athos, Uncas, Pierre e quello stronzo di Anatolij Kuragin

Stavo attento a tutto quello che faceva e che

fare i personaggi, su quello che si dicevano, su

il profilo buono e quello cattivo, ma la loro

l’esito fantastico, né quello realistico della vicenda. E

riuscivo più a vedere quello che mi era successo

farai?» ¶ «Nello, io faccio quello che giova ai miei

riesce a chiudere». ¶ Trasecolai. ¶ «Quello di Raggalli l’hai

regista e contava solo quello che aveva immaginato lui

se davvero si girava quello che aveva immaginato lui

corpaccione è incompatibile con quello di Marlene Dietrich?» ¶ «No

teste sciacque, nemmeno leggete quello che firmate». ¶ Lanciai un

se l’era fatta: quello non era un film

denaro buono e lì quello cattivo?» ¶ Io aggiunsi pensosamente

il danaro privato che quello pubblico». ¶ Le sfuggì proprio

a noi stessi per quello che eravamo: due babbei

tranne naturalmente che scoparti, quello mi è proprio impossibile

disposto a fare anche quello, Susi, a me è

ci aveva convinti: dandoci quello che volevamo senza che

puntuti tipo: perché a quello, che è un cretino

e viveva solo per quello, tra entusiasmi e disperazione

il copione, che con quello ce ne fai due

possibile; se ne frega, quello lì, di fare un

Mastandrea l’abbiamo perso: quello stronzo di Nello non

lo sai che con quello che ha girato, io

e all’occorrenza fa quello che è necessario. ¶ Mangiammo

straccia: tagliate, aggiungete, fate quello che vi pare costringendo

sei anni prima che quello appena ultimato – e mi

fotogenico di Raggalli e quello bellissimo di Clorinda Sanchez

io le dicevo tutto quello che mi passava per

a fare film (5) e quello che invece le era

fine a un’esistenza, quello sì che è un

privato si coniuga con quello pubblico. Conclusione? Boh. Non

disgusta farlo. E anzi quello che ho scritto fin