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Giovan Battista Marino, La strage degli innocenti, 1632

concordanze di «se»

nautoretestoannoconcordanza
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il suo regno e se stesso aborre e sdegna
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tante faville; ¶ volge fra gli oracoli e gli
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ch’a morte a se stesso mortali ¶ già le
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de la coda, onde se stesso attorse, ¶ la cima
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morse. ¶ Così freme fra ; ma d’altra parte
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al taglio ubidiente ancor se stesso, ¶ del gran legislator
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volo non passa; ¶ e se quindi il mio stuol
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d’alme? ¶ che ’n con modo indissolubil prenda
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a turbarmi? ¶ Ah non se’ tu la creatura bella
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primier volger la mente ¶ se con l’amara e
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nemico fiaccar troppo insolente. ¶ Se l’Inferno si lagna
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il Ciel non goda, ¶ se la forza non val
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che può, come potrei ¶ se non curo fattor curar
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superbir dei tu, ché se la sopra ¶ al Monarca
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de l’abisso impero. ¶ Se valer potrà nulla industria
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stelle e gli elementi ¶ se non gliel ricoprissero i
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et armi grida. ¶ Come se largamente pascolo accresce ¶ d
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erano espressi. ¶ Avevano in di Marianne orditi ¶ gl
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fa talor il mar se Borea il fiede ¶ tra
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e chiuso, ¶ o qual se carche d’odorate prede
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a consigliarti io veggio: ¶ se da te fia discorde
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troppo è spiacente. ¶ E se ’n ogni alma ancor
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sterpata mòra? ¶ Chi sa se nato è già fra
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e ti difenda allora, ¶ se germogliante a la stagione
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dèi che porti guerra ¶ se per dar pace al
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antico pronostico del regno: ¶ se vano e’ fia, perché
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gli uomini e Dio. ¶ Se ne le stelle è
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poi scolpito e scritto, ¶ se fermo è in Ciel
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dispietato editto, ¶ premi, furia se sai, minaccia irato: ¶ viverà
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verga; ¶ ch’al fin se l’una invecchia e
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ha di temenza, ¶ non se, non dopo ’l fatto
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di tradirti ardisca. ¶ E se di tanti pur solo
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uomini che sanno, ¶ ché, se severo e formidabil sei
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vece sua comandi. ¶ Or se da lui favoreggiato Erode
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leggi e non crudeli. ¶ Se certo è pur che
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val pensoso e mesto, ¶ se l’arbitrio hai del
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allor ch’orribilmente ¶ rota se stessa al suon del
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e, quasi fiume in medesmo avolto ¶ ch’entro
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colpa a pena indegna? ¶ Se piegar di costei non
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l’acque immortali. ¶ Deh, se nulla in te può
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le fugitive rote, ¶ e se ’l preso flagel depor
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santo; ¶ paion di sol se ’l sol, che dal
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ne’ suoi propri rai se stesso cela. ¶ Da sé
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se stesso cela. ¶ Da solo compreso, in sé
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sé solo compreso, in s’asconde, ¶ tutto e
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tutto e parte a se stesso, e centro e
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tutto abbraccia e pur sol contiene, ¶ sommo bel
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rigido teco esser potrei ¶ se tu mio parto, anzi
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s’adorni, ¶ Vo’ che se cruda man tronca et
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ventilando i vanni in raccolta ¶ lungo il solco
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giamai, né bela agnello, ¶ se non ch’a piè
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reca in braccio e se lo stringe al petto
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mondo. ¶ «Deh, perdona» dicea «se d’ostro o d
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di rozze mani industri. ¶ Se mal aggiata qui fede
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altra desta. ¶ Qual di se stesso e genitore e
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e v’inchino, e se le luci ¶ stupide alzar
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augei notturni infame schiera, ¶ se rosseggiar ne l’Oriente
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quest’arte ¶ procacciando a se stesso alcun sostegno, ¶ a
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pietade ¶ l’usata via se ciò veder ti dole
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almeno i chiari rai ¶ se sospirar, se lacrimar non
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chiari rai ¶ se sospirar, se lacrimar non sai? ¶ Le
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piaga. ¶ Qual giovenca talor se da pesante ¶ maglio o
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né sente altro dolor se non ch’egli abbia
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sanno. ¶ Né meno a ch’a i figli
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vederne ancor mi serbo ¶ se gli altrui giusti pianti
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pianti odono i Cieli, ¶ se ’l gran Rettor de
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madre il prende e se l’accoglie al petto
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lui mal si potea ¶ se non forse però ch
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man gli tolse, ¶ fra se stessa dicendo: – Ah non
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questa destra», e qui se stessa uccise. ¶ Eran qui
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mascalzon s’offerse ¶ che, se non ch’egli altrove
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altrove i lumi volse, ¶ se non ch’ella d
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parto. ¶ L’un rotando gìa fra quelle squadre
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scese ¶ dov’ei mirò, se ben non scese in
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frapostosi a caso in la prese, ¶ non aspettata
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non la mia man, se vai furando i colpi
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scolpita; ¶ di bianco marmo se non quanto i figli
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in voi vegg’io. ¶ Se’ tu colui ch’io
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e l’anime bennate, ¶ se la bella innocenza in
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festeggia e gode, ¶ tra lodando i colpi intento
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tranquillo era lo stagno, ¶ se non quanto il crespava
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ancor rimase. ¶ Malecche a chiamò; tra’ più felloni
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unqua non ebbe, ¶ né se gli Antropofàgi e i
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avria, credo, il Terror se corpo avesse. ¶ Oltre il
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squadron d’armati, e se nascosto e chiuso ¶ trovi
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accuso; ¶ per altro no, se non perch’io vorrei
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de’ suoi furori infra se stesso ¶ lasciar depone Erode
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villanel sospira, ¶ tal dopo lasciando ovunque avisa ¶ esser
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lamenti. ¶ Non altrimenti che se prese et arse ¶ l
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v’unisce in morte. ¶ Se somiglianti il ciel sì
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ritienla a freno ¶ pietà se non materna umana almeno
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veggendo in tante guise, ¶ medesma aborrì la crudeltate
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sangue nuotar viscere sparte. ¶ Se ciò ch’allor fec
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catene, armi e perigli ¶ se flagellata in vive fiamme
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e ’l ferro, ardi se sai, ¶ uccidi pur: morir
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mi fia gran sorte. ¶ Se spaventarmi vuoi più che
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chiusa ¶ con voce pueril se stesso accusa. ¶ Rise Malecche
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vive Amor mantiene. ¶ Ma se lo strazio altrui tanto
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entrambo priva ¶ resti, e se morto è l’un
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vita? ¶ No no, che se di morte orrido gelo
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quanto era il miglior se ’l dì ch’apristi
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quanto era il miglior se quando uscisti ¶ a trar
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Ma questo sen, di medesmo avaro, ¶ troppo a
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che darti non dovea, se già sì caro ¶ gli
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Pietate il punse e se ne trasse il pianto
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appesa aurea guaina, ¶ ferì se stessa, e cadde in
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deggio, ¶ padre e re, se non fui, m’appello
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vento, al gelo. ¶ E se pietoso il Ciel l
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resti intero un fil se l’altro è rotto
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schiera accolte, ¶ fatto di medesme un cerchio grande