Vittorio Alfieri, Filippo, 1783

ogni sventura mia ¶ cagion sei tu, benché innocente, sola

m´hai tu? ¶ Isabella ¶ Sei reo tu solo? ¶ Carlo

son io; pensa, chi sei. ¶ L´ira del re

oh ciel! turbato ¶ donde sei tanto? oh! che mai

oh! che mai fia? sei quasi ¶ fuor di te

il mio primo consiglier sei fatta. — ¶ Ma udir da

miei pensier tu sol sei norma. ¶ Tu l´ami

omai ¶ tu, sì, ne sei; né il re temer

t´inganni: testimon mi sei ¶ qui necessario. Hai di

possa. ¶ Filippo ¶ — Giovin tu sei: nel cor, negli atti

immagin vera ¶ in terra sei, che ti pareggia ad

appaio, o sono, arbitro sei ¶ del mio gastigo. Altro

diffidar mal dotta, ¶ ove sei tratta?... Ma, chi vien

affronterò; che padre ¶ tu sei pur sempre; e nel

l´ira... Ah! tu sei padre; ¶ non adirarten, ma

tuo re. ¶ Leonardo ¶ Tu sei di Carlo il padre

in te? Ma, tu sei padre ancora ¶ de´ tuoi

a lor duce tu sei?... tu, padre? — ¶ Di me

età, deh! come giunto ¶ sei di perfidia al più

tua reggia... ¶ Filippo ¶ Il sei, fellon, per mia ¶ sventura

mal ti stan; qual sei, favella: ¶ svela del par

men grande, che non sei tu iniquo? ¶ Se il

fuorché madrigna, ¶ al fin sei tu?... Già il suo

Sospetto al re non sei; puoi, di nascosto, ¶ mezzi

sorte lieta! ¶ Dove or sei tu? nulla da voi

tuo feral destino: ¶ tacciato sei di parricida; il padre

di lasciarmi morire ove sei. ¶ Mi è dura, sì

a vedermi ¶ tremar tu sei; ma, più non tremo

O morte, ¶ tu mi sei gioia; in te... ¶ Filippo