Giacomo Leopardi, Canti, 1837

Che fosti donna, or sei povera ancella. ¶ Chi di

non ti sdegni, ¶ Mutato sei da quel che fosti

avello, ¶ Se d'angoscia sei vago, o miserando ¶ Esemplo

ruina; ¶ Tu sì placida sei? Tu la nascente ¶ Lavinia

divo cielo, e bella ¶ Sei tu, rorida terra. Ahi

il dolor mio. ¶ Ma sei tu per lasciarmi un

e che t'avvenne? ¶ Sei tu quella di prima

detti il cor. Dunque sei morta, ¶ O mia diletta

eterne idee ¶ L'una sei tu, cui di sensibil

Ahi come, ¶ Come passata sei, ¶ Cara compagna dell'età

forse ¶ Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita

pensier sei tu? Dove sei gita, ¶ Che qui sola

raggio, ¶ È deserta. Ove sei, che più non odo

ti posi. ¶ Ancor non sei tu paga ¶ Di riandare

prendi a schivo, ancor sei vaga ¶ Di mirar queste

Ma tu mortal non sei, ¶ E forse del mio

peregrina, ¶ Che sì pensosa sei, tu forse intendi, ¶ Questo

già dir; ma fortunata sei. ¶ Ed io godo ancor

s'abbella il vero ¶ Sei tu, dolce pensiero; ¶ Sogno

i leggiadri errori, ¶ Divina sei; perché sì viva e

perpetuo signor dato mi sei. ¶ Altri gentili inganni ¶ Soleami

Con desiderio intenso, ¶ Morte, sei tu dall'affannoso amante

puoi. Narra che sola ¶ Sei del tuo sesso a

atto, ¶ Ma pur mesta sei tu. Grata la via

tuo soggiorno. ¶ Forse beata sei; ma pur chi mira

sotterra ¶ Polve e scheletro sei. Su l'ossa e

or fango ¶ Ed ossa sei: la vista ¶ Vituperosa e

Se polve ed ombra sei, tant'alto senti? ¶ Se