Carlo Bernari, Speranzella, 1949

che sanno lavorare veramente so’ poche. Il rimanente è

ora.» ¶ «Dal professore, lo so.» ¶ «E sapete perché ci

in testa, ora?» ¶ «Mi so’ messa in testa che

sta così: me ne so’ scappata.» ¶ «Ah si!» fu

due ore, non lo so, non lo guardo l

un fiato: «Me ne so’ scappata perché non mi

visto nascete!» ¶ «Si, lo so…» accennò appena come un

delle tre previsioni? ¶ «Non so proprio come fare» disse

ha fatto tornare. Non so che cosa ha che

Come vi chiamate lo so, ditemi ora l’età

dire che non lo so, non ne sono sicura

Che d’è, non so’ soldi quelli?» ¶ Confusa, Elvira

E che ora è?» ¶ «So’ le sette. Che vi

tu, hai sentito che so’ le sette.. Ora comincia

io. Ma, dice, che so, che il comunista ci

disse la madre. «Lo so che ti dispiace. Dispiace

la devo sposare?» ¶ «Non so ma voi mi fate

è inutile, io non so parlare con voi.» ¶ «E

non sai parlare?» ¶ «Che so, mi mettete soggezione. È

soggezione. È poi non so ancora niente, come la

e Togliatti, e chi so’? Ma chi li conosce

li conosce? Da dove so’ usciti? Noi avevamo quel

un intruglio che non so come si possa bere

già curiosa, stralunata, che so’, guardava all’aria e

qui, mio signò, che so’ arrivata.» ¶ «Okei» disse il

storia? Elví, mi senti? So’ Ciccillo.» ¶ A Ciccillo avevano

Incurabili, lo riprese: ¶ «Embè, so’ parole che si dicono

Vado cercando che mi so’ stufato. E questo che

cose in lontananza, che so, se avvenivano alla Torretta

Santissima del Rosario, mi so’ sentita tutt’insieme svenuta

dite Idea… Che ne so io.» ¶ «E perché non

Vuole, dice, che, che so, voi mi dovevate dare

mia una che non so nemmeno chi è?» ¶ «Sissignore

messa soltanto paura, e so solamente che ho dato

da Mastrovincenzo.» ¶ «Già ci so’ passato e mi so

so’ passato e mi so’ messo d’accordo» disse

punto lì, vedete. Non so, mi pareva piano piano

e io pure. Che so, volavo. Stavo sempre davanti

Già, è vero, quanto so’ fesso.» Così disse Michele

io non esistessi. Io so soltanto questo: che ha

pericolo, perché me la so sbrogliare. E poi che

i fessi?» ¶ «I fessi so’ tre: il carabiniere che

perché, parla, io ti so’ amico.» ¶ «Arrivato a un

storia… Centomila lire, che so…» ¶ «Centomila lire?» ¶ «Eh, centomila

Mastro Vincenzo. ¶ «Dice, non so, che sviene, e svenuta

innocentemente. Che hai capito? So che tua madre è

li conosceste voi! Fintantocché so’ Michele e m’arrangio

amara Michele. «Ma io so’ giovane, io faccio parte

di una ganga, non so se mi spiego. Ora

ti dico, io che so’ vecchio.» ¶ «Chi sa» fece

non trovi sonno?» ¶ «Che so, mi pare che ci

servire, a me, che so’ solo, e qua mangio

che, in caso, ora so a chi devo rivolgermi

e i meglio vescovi so’ andati a palazzo reale

nella testa di non so chi, un pezzo grosso

Ah, ah, che fiducia!» ¶ «So quello che dico.» A

è certo Iddio! Queste so’ fesserie… Io ci ho

aver paura, me la so tenere.» ¶ «Mi date seriamente

qua che là, che so che e che so

so che e che so quanto, che tu insomma

di raccomandazioni, signor Me’, so dove metto i piedi

mio aiutatemi, io non so’ capace di capire neppure

rose e fiori. Ma so’ poi veramente Rose e

Padri aiutatemi, io non so mai quello che sto

e la riacciuffò. «Io so’ anche uomo di sposarti

quando lo vuoi sapere so’ anche capace di metterti

mani, che io non so’ sora vostra.» ¶ «Sore molito

preoccupazioni!… Be’, sapete perché so’ venuta? Perché la maestra

E poi appena mi so’ sistemata vi manderò subito

Abdicato. Il re inso-so-somma ha ab-ab

lucido di lacrime. ¶ «Questi so’ i comunisti che l

scongiuro, «cent’anni e so’ pochi.» Poi si guardò

più ingenua: «Ma che, so’ spariti tutti quanti, stamattina

dopo lungo esilio. ¶ «Chi so’ sti carognoni, affacciatevi!» fu

ma Gamillo Porzio. Mi so’ spiegata, a voi? E

mi conoscete, ora? Come, so’ la Pizzicatella! Vado per

da fare?» ¶ «Sempre malattie so’!» esclamò donna Filomena. ¶ «Avete

pasticci?» disse la Cafettèra. ¶ «So assai quello che impastrocchi

re, ora?» ¶ «Non lo so, ma certo qualche guaio

va’… Maestà, Nannina, che so che e che so

so che e che so quanto…» ¶ «Lascia stare il

dire da lei… Io so solo che la devo

in cielo.» ¶ «Che ne so io?» ¶ «Ma dice che

sarà vera, che ne so io?» Il ragazzo non

l’ho sperimentata. Ne so quanto voi. Ma, dicono

notte e giorno. Non so proprio che santo gli

non ne parliamo proprio. So’ signori, e i signori

signori, e i signori so’ sempre capricciosi; vivono più

degli altri. Da Capezzuto, so’ quella tale gente che

E se sono serie so’ pericolose. E uno ci

assistita. Ma quella, che so, vede le cose come

hanno cacciati: conclusione: si so’ saputi difendere! E si

modo di vedere… che so… Un altro carattere!» ¶ «Per

Per me quelli non so o o o no

o o no caratteri. So o o o no

u ui mi poteva so so soffrire a me

ui mi poteva so so soffrire a me! Ma

non sposto, io. Non so o o ono un

ono un ciarlatano.» ¶ «Lo so. Ma che hanno detto

potevano dire, ma che so, imbrogliate. È uscito prima

poi?» ¶ «Niente… Ma che so, mi pareva impressionata. Per

ci sta, già lo so», dice Pascalotto. ¶ «Vacci, che

qua», insiste Ciccillo. ¶ «Lo so, lui mi fa sempre

la testa. ¶ «Che ne so» dice poi. ¶ Dondolando la

finita due volte. Queste so’ state proprie le sue

morti?» domanda Parenti. ¶ «No, so’ vivi! Che domande. E

Allora anch’io vi so trovare dalla cronica migliaia

milanese, ci credete? Non so però se noi ci