Egisto Roggero, I racconti della quiete, 1896

me e con le sue lunghe mani magre e

e più silenziosa alle sue miniature. E ripigliò calma

ancora la tinta delle sue vecchie mura. ¶ Quel mattino

di buon umore alle sue parole, qualche lampo di

di tutti, perchè le sue specialità di cucina, un

ideale qualsiasi, fuori delle sue tavole trigonometriche. ¶ * ¶ * * ¶ Oh, io

di aprile tutte le sue rare trasparenze azzurrine. ¶ Ad

calcoli sbagliati e le sue nebulose... Delfina era mia

mia mano tra le sue, così parlò: ¶ — Ragazzo mio

ritrovava idee differenti dalle sue; altro modo di pensare

mi strinse fra le sue braccia poderose e mi

mente, forse anche alle sue memorie: poichè ei sostò

vecchio taceva commosso: le sue vecchie membra tremavano tutte

volle il bacio dalle sue vecchie labbra tremanti poi

imparato in città, nelle sue belle sale del Conservatorio

se ne volava alle sue belle sale del Conservatorio

suoi bei salotti, alle sue amiche.... chi sa? ai

polvere minutissima. Quindi le sue mani industriose trasformavano la

come le accudiva le sue care piante! Di tutte

mezzo a tutte queste sue care carabattole un bel

caffè; a decifrare le sue vecchie cartaccie, a pestare

suoi piselli e le sue povere zucche. Lessi nel

ricordai di tutte le sue care carabattole, ingombranti le

care carabattole, ingombranti le sue già quattro stanzuccie, della

giornata, il dominio delle sue mura merlate al povero

in una di coteste sue gite egli ebbe occasione

giovane scudiero: e le sue storie di armi e

di ferro e le sue castellane bionde (eran sempre

eran sempre bionde le sue castellane!) che dall’alto

la bianca Nimphea nelle sue membra purissime di marmo

larghe foglie delle ninfèe sue sorelle, che metton intorno

stagno gli manda le sue iridiscenze perlate, egli chiude

sonno di marmo. Le sue ciglia fremon di piacere

suoi cavoli ed alle sue insalate. Quando seppe lo

al tumoletto affidato alle sue cure, che non ne

rosellina bianca con le sue manine e mi disse