Matilde Serao, Lettere d'una viaggiatrice, 1908

appare con tutte le sue antiche seduzioni: ma a

pare di rompere le sue catene: con impetuosa gioia

altra creatura; e le sue ferite si rimarginano: e

moderna di Roma, nelle sue strane mescolanze col passato

Trinità, che ha le sue ore di tenerezza, di

e più inafferrabili, nelle sue manifestazioni più aristocratiche, sempre

anni, il mondo, nelle sue parti più singolarmente attraenti

nel suono armonioso delle sue campane, nel passo cauto

nel passo cauto delle sue beghine, nei riflessi argentei

tristezza soffocante, con le sue vie bruciate dal sole

fastidio morale, con le sue case dalle finestre sbarrate

finestre sbarrate, con le sue poche carrozze da nolo

vuoti, e le ultime sue trattorie infettate dalle mosche

suo lavoro e delle sue ricchezze, nella saviezza e

e nella felicità delle sue leggi, ammirata, persino, nella

di giungere oltre le sue porte antiche, se non

se ha colpito, nelle sue ore di iracondia ingiusta

sempre tenuto tutte le sue promesse, da un nome

per un istante, nelle sue linee delicate: un istante

innanzi a voi, nelle sue parvenze nobili e semplici

diversamente bella, per le sue decorazioni, per i suoi

la luna bagni di sue bianchezze il ponte di

umano tenta, con le sue profonde e oscure lusinghe

solo la realtà in sue robuste forme terrene, tutti

viso umano tutte le sue espressioni, ritorna a chiedere

che ha lasciato le sue tracce, un nome, una

più bello oltre le sue montagne, simili, in verità

cupo e tetro, in sue note estreme: o brillante

tutta quanta, con le sue solitudini, coi suoi deserti

bestemmia, in tutte le sue cento lingue, non eccettuata

i grandi alberi delle sue ampie, aerate, chiarissime vie

invano, in fondo alle sue strade ricche, di splendidi

magazzini, in fondo alle sue avenues, azzureggiano intensamente il

si va fondendo, le sue varie crescenti emozioni si

emozione identica, ma le sue mani corrette si levano

hanno conosciuta, altrove, nelle sue grandi peregrinazioni, all’estero

che sua canzone, le sue mani si mettevano a

tre, egli cantava le sue più belle romanze, quelle

arte, ma se le sue mani trascorrono via, sui

ridonasse il canto delle sue vecchie cose, di quelle

verdeggia Montecarlo con le sue sontuose bianche terrazze, che

complesso, così attraente nelle sue mille forme, così affascinante

forme, così affascinante nelle sue forme belle, così curioso

belle, così curioso nelle sue forme grottesce, così divertente

grottesce, così divertente nelle sue forme orribili. La vecchia

più perfetto incognito, nelle sue dimore in paesi lontani

o che raddoppia le sue spese, tanto per non

immagino, per una delle sue venti succursali di Saint

boulevard, in una delle sue ore più popolose? Eppure

enormi boulevards, una delle sue enormi avenues, le quali

di mezzo, con le sue quattro barelle, dietro il

esposizione che sembra, nelle sue forme ed è, una

vero bosco, con le sue lontananze mirabili, con le

lontananze mirabili, con le sue freschezze consolanti, coi suoi

vero bosco, con le sue grandi strade, che pare

altri orizzonti, con le sue vie secondarie ove spariscono

gli alberi, con le sue mille viuzze ove si

grandi laghi, con le sue spianate erbose, con i

intatta, sia incolume, nelle sue espressioni collettive: se un

di arrivo, con le sue valige, mentre il fischio

che vi prende nelle sue braccia gelide, che rende

nevi invernali, con le sue logge di legno lungo

montagna è gelido: le sue vie sono scabre ed

sia solamente grossolana nelle sue marce forzate, nel suo

montagna, in tutte le sue umili e superbe forme

i neri speroni delle sue fortificazioni, per garentire la

nevi alpine, innanzi alle sue negre torri cadenti!... * ¶ Ma

in cui sentì le sue forze mancare e chiese

montagna s’infiammi nelle sue nevi eterne, o quella

degli Abruzzi, seguito dalle sue fedeli guide alpine e

in cui sentì le sue forze mancare e chiese